16. Ary: Davvero, è tutto a posto

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Una cosa l'avevo capita da quell'esperienza.
Eloise e Rose non mi piacevano più.
Anzi. Le ragazze non mi piacevano più.
Compresi che non era nel mio DNA stare con loro e parlare con loro. Sostenere conversazioni del genere era più difficile che saltare da un tetto all'altro di qualche grattacielo Newyorkese.
Forse ero io la strana? Perché non andavo d'accordo come con le altre ragazze?
Perché invece di parlare di sentimenti non potevamo parlare di tutte le prese mortali che si possono fare ad una persona alta il doppio di te? Quello sì che è interessante. Oppure come evitare in modo figo una macchina in corsa che arriva a cento chilometri orari. Tutta questione di fisica e anche un pizzico di trigonometria.
Andiamo! Essere adolescenti con superpoteri addestrati come spie dell'intelligence che conoscevano cinquecento tecniche di strangolamento, doveva pure avere altri argomenti! Perché si eccitavano per un paio di sandali e bisognava fare a gara a chi baciasse meglio?
Mentre tornavamo indietro con le nostre spese, rimasi in disparte e non partecipai alle conversazioni.
Era insolito per una chiacchierona come me che non riusciva mai a starsene zitta. Perciò attirai l'attenzione di Nick.
«Sicura che vada tutto bene?» chiese senza guardarmi, in modo da non attirare l'attenzione degli altri su di noi.
Era così dolce a preoccuparsi per me che mi sentii in colpa.
«Davvero, è tutto a posto» sorrisi guardandolo.
Nick mi restituì il sorriso e come al solito mi mancò un battito.
Il sorriso di Nick era dolce e gentile. Non c'erano dubbi su quanto fosse ogni volta vero e sincero, anche perché lui non era tipo da sorridere spesso.
«Sai che mi puoi chiedere di accorciarti il tempo con l'Element» disse.
«No! Non farlo, non lo sopporterei.» mi affrettai a rispondere. Sarebbe stato ancora più umiliante per me.
Nick iniziò a dire qualcosa, non riuscii veramente a comprendere il contesto. Quando iniziò a parlarmi, con il busto avvicinato a me e il volto leggermente chino, non ci capii più nulla.
Lui voleva solo evitare che gli altri ci sentissero, siccome parlavamo della B.L.C., almeno credo, ma io vedevo solo le sue labbra muoversi e il discorso delle ragazze ritornò ad ossessionarmi.
Non avevo idea di come sarebbe stata la sensazione di poter sfiorare le sue labbra con le mie, già il pensiero mi faceva rabbrividire tutta, in senso buono. Immaginarmi a dare un bacio con tanto di lingua, alla Eloise per intenderci, era fuori dalla mia portata. Mi imbarazzava troppo e mi faceva venire voglia di squittire con toni troppo acuti persino per le mie corde vocali.
No, non potevo assolutamente baciare Nick senza sapere nemmeno come si faceva. Non potevo fargli credere di essere inesperta come una bambina. Ero abbastanza certa che mi considerasse già tale.
«Okay?» chiese lui.
Colta alla sprovvista da quella improvvisa domanda replicai semplicemente annuendo. Non avevo sentito un accidente di quel che mi aveva detto. Come al solito.
Il treno si fermò di nuovo e a quella fermata salirono molte persone.
Un'anziana signora faticava a passare dal corridoio. Aveva due sacchetti della spesa e un bastone da passeggio che invece di garantirle più equilibrio le stava ostruendo la strada.
Mi alzai e le dissi di prendere il mio posto. Avevo rinunciato di star accanto a Nick, ma il sorriso che la vecchietta mi dedicò e il suo timido grazie mi fecero sentire meglio.
Mi piaceva essere utile.
Purtroppo era difficile stare in piedi, con tutte quelle persone e più ne salivano, più mi allontanavano dalla mia vecchia postazione.
Mi ritrovai così ad affacciarmi sui sedili dove era seduto il Rubinetto e un altro ragazzo al finestrino con il cappuccio e gli auricolari.
Il Rubinetto mi guardò appena ma poi continuò a curiosare sul suo telefono.
Ero scomoda in piedi e avevo lasciato il telefono e gli auricolari nello zainetto che teneva Nick, così il mio occhio cadde sullo schermo di quello del Rubinetto.
Lui stava scorrendo su alcuni messaggi e ne eliminava molti senza nemmeno leggerli, poi altri li leggeva e rispondeva. Non sapevo con quale criterio rispondesse o meno, ma sembrava abbastanza sicuro di ciò che faceva. Il treno stava per fermarsi e il ragazzo al finestrino si alzò, preparandosi a scendere.
Il Rubinetto si alzò per lasciarlo passare e così cercai di fare anche io, ma c'era ben poco spazio per muovermi.
Abituato alla calca di persone, cappuccio si fece largo a forza e mi diede un colpo con lo zaino da farmi perdere l'equilibrio in avanti.
Misi le mani davanti per evitare di finire troppo addosso al Rubinetto.
Una mano scivolò in basso e l'altra trovò appiglio sulla sua faccia.
Lui emise un verso strozzato per la sorpresa.
Stavo per ridere o chiedergli scusa ironicamente, quando mi accorsi di dov'era finita la mia mano sinistra.
Le ritirai entrambe di scatto, come scottata, e mi rimisi dritta arrossendo, mentre lui portò le sue sul cavallo dei pantaloni.
Oddio, me lo ero immaginata o era morbido?
Il Rubinetto teneva la testa china appoggiata contro il sedile anteriore.
«Scusa, non ho schiacciato niente, vero? Cioè, non ti ho fatto male, spero» balbettai imbarazzata senza sapere se potevo toccargli la spalla per assicurarmi che stesse bene.
Forse era la prima volta che mi scusavo con il Rubinetto in vita mia.
«Tutto okay lì?» chiese un signore accanto a me incuriosito.
«Emh, sì. Tutto okay.» risposi al posto del Rubinetto.
«Sto bene.» rispose anche lui senza accennare ad alzare la testa.
«Fa davvero così male? Non mi sembra di esserci salita sopra con tutto il mio peso.» continuai bisbigliando e chinandomi appena.
«Non fa più male, va tutto bene. Senti, puoi allontanarti da me?» chiese piuttosto bruscamente alzando appena la testa.
Mi offesi, e se fosse stata un'altra situazione gli avrei risposto per le rime. Ma essendo effettivamente colpa mia (e del tizio con il cappuccio), decisi di voltarmi e dargli le spalle, non riuscendo a passare tra la gente.

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