39. Nathan: Essere rimproverato

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La sua pelle era morbida sotto le mie labbra, le mie dita, il mio corpo. Essere così vicino a lei sembrava un sogno o un allucinazione.
Mi sentii per la prima volta in vita mia fuori di testa, ma allo stesso tempo, mancava qualcosa.

Lo percepivo nella mia pelle e nelle mie viscere. Percepivo che era lontana, assente, persa.
Nonostante avessi i suoi gemiti a portata d'orecchio, le sue unghie conficcate nella schiena e le sue gambe ad avvolgermi, non sentivo la sua presenza.

E questo mi faceva arrabbiare.

Arrabbiare come non sono mai stato arrabbiato.

Ero così arrabbiato che non ci pensai nemmeno ad essere gentile o pensare ai suoi bisogni o difficoltà.

Volevo possederla e far in modo che appartenesse completamente a me anche a costo di farle male.

Era assurdo provare estasi e godimento contemporaneamente angustia e collera mentre facevo sesso con la persona che amavo.

E quando iniziò a piangere durante il rapporto mi sentii come se mi avesse conficcato una lama nel petto.

Temetti di averle fatto troppo male, di aver esagerato nel riversare su di lei la mia frustrazione e rabbia che stavo covando. Soprattutto su quel suo corpo puro fino a poco prima.

E mi misi di nuovo quelle restrizioni, quelle che mi portavo dietro sempre e mi legavano, trattenevano e frenavano in qualsiasi passo della mia vita.

Non respiravo mentre la baciavo, non ragionavo mentre mi muovevo seguendo quell'istinto violento che categorizzava gli esseri umani come animali e riuscivo nemmeno a dirle che la amavo.

Non mi avrebbe comunque ascoltato.

Ed era calda tra le mie braccia, sempre più bollente come se desiderasse scioglierci completamente.

Mormoravo il suo nome al suo orecchio, sperando che rispondesse con il mio. Ma era troppo distante perché mi potesse sentire. Non mi ascoltava, era come se stesse sparendo.
Come se volesse sparire mentre era tra le mie braccia.

Come il mare si ritira, per poi rilasciare e sbattere le onde contro le coste erodendole fino a farle sparire. Un moto impossibile da fermare.

Ci fu solo quel momento in cui la sentii più vicina, quando perse completamente la testa, si lasciò andare, il suo fragile corpo che tremava e la voce soffocata sulla mia spalla con i denti conficcati nelle mie carni.

Un momento che mi fece perdere la testa anche a me, incapace di trattenermi per la gioia di averla finalmente avuta.

Mi accarezzò il viso prima di perdere conoscenza e mi sorrise, con i suoi capelli biondi sparsi come a creare raggi di sole attorno al suo dolce volto.

«Nathan»

Mmm, non ricordo che mi avesse chiamato per nome.

«Nathan?»

L'unico vantaggio di avere la memoria perfetta è ricordare questi momenti...

«Nathan!» esclamò la donna seduta davanti a me.

Spalancai gli occhi e le sorrisi come se niente fosse.

«Sì, Mrs. Gordon?»

Lei sospirò, come se fosse abituata al mio atteggiamento e non ci sarebbe più cascata.

«Potresti anche fingere di tenerci. Sei una persona intelligente e sai che se non porti risultati, i nostri incontri non possono far altro che aumentare.» mi disse la mia psicologa.

Elements: RimastaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora