43. Ary: Non stai meglio

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Non potei cercare Nathan tutto il giorno perché venni chiamata da James.

Mi disse che la mia richiesta di incontrare Sophie era finalmente stata accettata.

Per questo misi da parte l'ansia di trovare immediatamente Nathan.

Mi misero in una stanza per le conferenze e mi lasciarono sola con il grande schermo.

Il bel volto di Sophie comparve di lì a poco e appena vidi il suo sorriso sentii il peso sul petto alleggerirsi.

«Non stai meglio! Sei come un budino al latte, Sof» dissi con un tono lamentoso.

Sophie ci mise un po' ad arrivarci perché rise a scoppio ritardato.

«Bel modo per dire che sono pallida»

«Sto bene, tranquilla.» aggiunse.
«Max si è personalmente preso il disturbo di visitarmi, sai? Anche Tessa sta benone...»

«Mi spiace» le dissi interrompendola. Dovevo farlo, perché sapevo che tutto quello che stava dicendo lo stava facendo solo per farmi sentire meglio.

«Non credo che Nathan l'abbia fatto apposta, qualsiasi cosa abbia fatto... Solo che certe volte sembra insensibile, ma non lo fa per crudeltà...» esitai. Non sentivo giusto giustificare Nathan, ma nel periodo in cui era stato messo in detenzione avevo sentito solo accuse.

Nemmeno Eloise e Rose si erano prese il disturbo di difenderlo e sentivo come se fosse un mio dovere.

Vidi un sorriso accennato sul volto da bambola di porcellana di Sophie.

«Ary, la mia mente è un mosaico di vetri rotti. Ogni scheggia di vetro ha un'immagine e una storia e sembra che non si potranno mai ricollegare tra loro.
Ho un'idea generale del quadro intero, ma rimane comunque frammentato.
Max dice che è tutto così delicato che è meglio non toccare nulla.
Può essere aggiustato? Forse.
Può essere polverizzato? Anche.»
Sophie parava lentamente e chiaramente.

«Però, questa cosa che ti ho detto... Max non la sapeva, né James, né Joanne. Hanno avuto paura di toccarmi da così tanto tempo, trattandomi come un vaso di porcellana, che... Persino io avevo paura di me stessa e per me stessa.
Quel che voglio dire è che non incolpo Nathan. Non ti devi preoccupare.»

Non dissi niente alla sua spiegazione.

«E no, non mi ricordo di te.» aggiunse.

Oh...
Ci rimasi male.

Non potevo non ammettere che avevo sperato di essere in quel suo mosaico spezzato. Che tenesse a me abbastanza da rimanere indelebile nel suo inconscio.

«Mi spiace, Ary... Non posso spiegarti più di così. Ho voluto parlati perché so che eri preoccupata. Sei parte della mia famiglia, Ary...» si zittì ad un tratto, come se avesse perso la coda di un altro filo di pensieri.

«Comunque sia, ritornerò presto, quindi non ti preoccupare troppo. Sono un po' in pensiero per James, però. Credo che l'abbia presa un po' troppo seriamente...» commentò toccandosi una guancia.

«E mi spiace per Nathan... Credo che se la siano presi tutti con lui ingiustamente. Non ti preoccupare, non penso che il tuo ragazzo sia cattivo. È molto intelligente! Mi ha battuto 23 volte su 49 partite a scacchi! Cosa che neanche James riusciva!» rise divertita.

Sophie andò avanti a parlare a lungo e quando chiese di me fui io a parlare a lungo. Le dissi tutto: di come ero stata scaricata da Nick, anche di come avevo trattato Nathan e anche di quando l'avevo lasciato.

Sophie mi ascoltò con pazienza e alla fine della conversazione mi sentivo più leggera.

Per questo ero ancora più impaziente di parlare seriamente con Nathan.

Elements: RimastaWhere stories live. Discover now