capitolo 4

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La cena questa sera risulta a base di chiacchiere e risate. Immancabile anche l'ottimo cibo servitoci dai camerieri dell'hotel.
Siamo tutti seduti intorno ad un tavolo lungo molti metri e sembriamo una grande famiglia.

Mio padre è a capo tavola e conversa con Vialli. Loro due si conoscono da quarant'anni e, da quando Gianluca è diventato capo delegazione della nazionale azzurra, si trovano assieme alla guida di una squadra che desidera prendersi la propria rivincita.

Io sono tra Federico Chiesa e quello che tutti conoscono come Jorginho. Il calciatore di origini brasiliane è una piacevole compagnia e mi sta intrattenendo da una trentina di minuti. I suoi discorsi spaziano tra molteplici argomenti e il suo percorso nel mondo calcistico mi affascina. È una persona dal cuore d'oro e uno dei pilastri fondamentali del team italiano.

Al contrario il ragazzo alla mia sinistra ha la mente altrove e perso tra i suoi pensieri termina in fretta il pasto. Almeno per oggi l'ex numero 25 della fiorentina desidera stare da solo. Con educazione chiede il permesso di poter allontanarsi dalla sala pranzo e la richiesta viene approvata. La motivazione del suo comportamento resta incerta.

Ricevo un colpo sulla gamba destra e trattengo un grido causato dal dolore. Cerco di capire chi sia stato e il mio sguardo si incrocia con Nicolò Barella. Lui fa un cenno con la testa come per dirmi di seguirlo, poi va verso l'esterno dell'edificio.

Attendo qualche istante, mi scuso con Jorge per aver interrotto il dialogo e decido di seguire il centrocampista dell'Inter.

Abbandono la sala e per seguire il percorso di Nicolò finisco in un ampio giardino all'aperto. L'aria fredda che si respira mi rinfresca e mi rilassa. Sto osservando il verde quando colui che mi aveva fatto venir qui mi vede e inizia a lamentarsi "Ce ne hai messo di tempo!".

"Non esagerare, ho solo aspettato un poco per non generare sospetti sul nostro rapporto" prendo subito le mie difese, lo faccio di continuo e in ogni situazione. È una di quelle mie abitudini poco sane.

"E come mai non volevi generare sospetti?" chiede lui per provocarmi.

"Forse per non farti passare l'intero europeo accanto a me in panchina?" chissà che strane idee si era fatto.

"Giusto... Tutto sommato non mi sarebbe dispiaciuto".

"Sei proprio cretino" dico alzando gli occhi al cielo nonostante le sue parole mi avessero fatto sorridere "Perché siamo qui?".

"Volevo passare del tempo con te, sai... per fare amicizia"

"Amicizia dici?" ironizzo.

"Si, anche perché sono sposato e ho tre figlie".
Nel sentire le sue parole resto pietrificata per la figuraccia appena fatta. Sgrano gli occhi e le guance si infiammano. Lui scoppia a ridere.

"Perdonami... Non lo sapevo..." balbetto, sono completamente in preda alla vergogna.

"Tranquilla" continua a ridere e io lo guardo male "Ok, la smetto scusa", "Comunque mi ispiri simpatia e ci tengo a stringere i rapporti con te".

Sento dei rumori tra i cespugli. Nicolò mi vede agitata e cerca di capire cosa mi abbia turbato. Avverte pure lui il rumore. È buio ed il giardino non è tanto illuminato, non si riesce a distinguere nettamente ciò che ci circonda.

"CHI C'È LÌ?" grida Barella in direzione del rumore.

BUH!

Risate.

"Certo che voi due vi spaventate davvero facilmente! Viviana, il capo ti stava cercando e sono venuto a chiamarti" è Federico a pronunciare queste parole. Lo ringrazio e rientro all'interno della struttura per poter parlare con mio padre.

Noto il ct della nazionale italiana che sta per entrare nell'ascensore. Lo chiamo ad alta voce per attirare la sua attenzione e per fortuna mi sente. Lui si avvicina a me ed io a lui.
"Mi hanno detto che mi volevi parlare, cosa c'è?" è la prima domanda che pongo.

"Chi te lo ha detto? In verità non ho nulla da comunicarti, ricordati solo di non fare casini e di non andare a dormire tardi" si raccomanda il mister azzurro dopo avermi confuso a causa della prima rivelazione.

Rispondo alla sua domanda per potergli fare la mia: "Me lo ha riferito il ragazzo silenzioso che era seduto accanto a me a cena..."

"Ti riferisci a Chiesa? Non so perché abbia pensato che volessi vederti.
Adesso vado in camera, buonanotte tesoro" 

Dopo avergli auguro la buonanotte anche io, torno dagli altri per passare altro tempo in maniera divertente.
Non sorrido spesso ma devo essere sincera: la squadra mi permette di essere me stessa e i ragazzi mi fanno sentire accettata; molti non conoscendomi mi trattano ugualmente come una sorella minore.

"Sto morendo di sonno, gli occhi mi si chiudono autonomamente" si lamenta il 18 della nazionale: è visibilmente stanco e le sue parole me ne danno conferma.

Io e il calciatore che porta il numero 14 sulla maglia azzurra gli facciamo cenno che ci stiamo per ritirare in camera anche noi.
Andiamo tutti e tre verso le scale per bruciare un po' di calorie dopo la cena a dir poco abbondante. Pessina ci raggiunge accompagnato da Belotti.

Saliamo con fatica fino al terzo piano. Probabilmente sarebbe stato meglio prendere l'ascensore dato che il cibo sullo stomaco non è affatto un invito a fare movimento.

I giocatori dell'Atalanta e del Torino si fermano qualche stanza prima di noi e il primo dei due mi da la buonanotte mentre gli altri ci lanciano occhiate incuriosite e bisbigliano tra loro.

"Allora ci si vede domani sera, giusto?" mi chiede Matteo. Faccio cenno affermativo con la testa, dopodiché raggiungo in tutta fretta la mia camera e mi butto nel letto singolo che Nicolò e Federico mi avevano gentilmente lasciato.

Senza perdere altro tempo cedo la mia mente al mondo dei sogni, uno spazio parallelo in cui passo circa 8 ore di ogni mia giornata.

bella come quel goal || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now