capitolo 37

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Lo stadio di Wembley aveva accolto per la partita conclusiva degli europei del 2020 le due squadre finaliste: Italia ed Inghilterra.
La grande cerimonia di apertura aveva tolto il fiato a tutti coloro che l'avevano ammirata sia dal vivo sia da casa tramite lo schermo della tv.

I fuochi d'artificio avevano illuminato lo stadio inglese assieme ai giochi di luce. La musica e le coreografie avevano sparso serenità e allegria.
La voglia di vincere era stata tanta, forse troppa da entrambe le parti; questa notte si sarebbe realizzato il sogno di una intera nazione: la propria squadra sul tetto d'Europa.

I nazionali avevano fatto come ogni di routine il loro glorioso ingresso in campo, erano stati cantati gli inni e la partita aveva avuto inizio.
Al secondo minuto era stato segnato un primo gol dalla squadra avversaria. Il pallone calciato da Shaw aveva superato Gigio ed era finito in porta, l'Inghilterra era andata in vantaggio.

Gli azzurri non si erano però persi d'animo e lo strepitoso Leonardo Bonucci aveva pareggiato con un gol dopo un calcio d'angolo al sessantasettesimo. Quando tutto era parso ormai perduto erano cambiate le sorti della partita, i piatti sulla bilancia si trovavano nuovamente alla stesso altezza.

La tensione era rimasta alle stelle da quel minuto sino al termine del secondo tempo supplementare. Ogni sguardo era fisso sulla palla, che ruotava incessantemente da un estremo all'altro del campo e passava fra i piedi di un calciatore azzurro o di uno di Southgate.

Il vincitore sarebbe stato stabilito ai rigori. Mio padre aveva studiato con cura i calciatori azzurri, le loro abilità, il loro temperamento.
Infine aveva scelto Berardi, Belotti, Bonucci, Bernardeschi e Frello, che aveva mandato a segno il tiro decisivo di Italia-Spagna.

I minuti prima del verdetto erano stati infernali, sembrava che si fossero trasformati in ore. I calciatori che non erano riusciti a far goal avrebbero vissuto giorni terribili soprattutto se il team fosse stato sconfitto a causa loro. La sequenza si stava per concludere, l'ultimo tiro toccava a Saka.

Il giovanissimo centrocampista dell'Arsenal attendeva solamente il fischio dell'arbitro che avrebbe dato il via alla sua azione. Se il pallone fosse finito in porta si sarebbe dovuto rifare tutto da capo, mentre se Gigio avesse miracolosamente parato il tiro la nazionale italiana sarebbe diventata campione d'europa.

Il calciatore inglese aspetta pochi secondi, respira, prende una breve rincorsa, calcia la palla con forza. Il portiere italiano osserva i movimenti del giocatore, intuisce la direzione del tiro, respira, manda il pallone al di fuori della rete. Gianluigi Donnarumma ha parato il rigore di Bukayo, l'Italia ha vinto l'europeo.

"ABBIAMO VINTO AMORE MIO!" grida Chiesa, poi tra le lacrime mi prende in braccio e mi bacia appassionatamente. Gli azzurri saltano, gioiscono, cantano, si abbracciano e nel frattempo lo stadio di Londra si tinge con i colori del nostro tricolore e di azzurro, proprio come il cielo sopra la metropoli inglese.

"Andate a prendere le medaglie e i complimenti che vi spettano" li incita il mister dopo aver dato un commovente abbraccio al caro amico e collega Gianluca Vialli.

Stretta di mano, medaglia d'oro al collo e bacio alla coppa d'argento. Gigio viene eletto miglior giocatore del torneo. I ragazzi raggiungono il capo azzurro per la foto di rito, in cui Giorgione solleva il trofeo e gli altri alzano le braccia.

L'indomani mattina quella stessa fotografia sarebbe stata sulle prime pagine di tutti i giornali. 'Italia campione d'Europa: inglesi ko ai rigori' si leggeva sulla copertina di TuttoSport, uno dei quotidiani sportivi.

La notte era volata in un baleno. Le emozioni che avevamo provato erano state uniche e vedere ogni città o paese della penisola in festa aveva ripagato a pieno gli sforzi compiuti per incassare questo traguardo.

"Ragazzi, ascoltate. Posso chiedervi qualche secondo di attenzione? So benissimo che state ancora realizzando quello che è successo ieri sera ma volevo farvi vedere la sorpresa che ho preparato per voi" richiamo i calciatori sperando di non passare inosservata.

Siamo seduti nella sala da pranzo, ci sono i calciatori della nazionale, il commissario tecnico e lo staff della squadra. I tavoli non sono imbanditi ma morbide tovaglie bianche ricoprono la superficie del legno. Sono stata proprio io a far riunire tutti in questa stanza.

Il caos di colpo si arresta quando l'allenatore fa sentire la sua voce, "Viviana deve parlarvi, voltatevi verso di lei e interessatevi a quello che ha da dirvi perché vi anticipo che riguarda solo ed esclusivamente voi". Ai toni di voce alti del coach viene sempre dato ascolto.

Comincio con la presentazione del mio progetto: "Sono diverse settimane che alloggio nell'hotel di Coverciano eppure nessuno di voi mi ha mai chiesto come mai fossi venuta qui. Probabilmente molti ritenevano che avessi dei vantaggi essendo il mio cognome Mancini, invece altri non si saranno posti domande.

Devo confessare che il vostro comportamento ha reso più semplice per me svolgere varie attività passando inosservata, quindi ora posso mostrarvi la vera ragione della mia presenza."
Poche parole sarebbero state sufficienti, volevo che ad attirare l'interesse generale fosse ciò a cui avevo lavorato per un mese intero.

Indico il telo bianco che era stato gentilmente  montato dalla direzione dell'albergo ed aziono il proiettore sistemato alle mie spalle. Lo schermo si illumina. Sfondo nero ed una frase scritta in bianco: 'Sogno Azzurro - La strada per Wembley'.

Quello che tutti stavano vedendo era un docu-film sull'impresa della Nazionale Italiana agli Europei di calcio, Euro 2020. In quel mese di permanenza negli stessi luoghi che avevano ospitato gli azzurri avevo filmato il percorso di questi ultimi, i quali  erano entrati nella storia del campionato europeo di calcio. Il 2021 sarebbe stato ricordato come l'anno in cui l'Italia aveva vinto gli Europei.

Stavamo rivedendo istante per istante ogni tiro in porta di Chiesa ed Immobile, ogni sorriso di Pessina, ogni insegnamento di Vialli e Mancini ed ogni parata di Gigio e Sirigu.
Guardavamo e ricordavamo gli scherzi di Insigne e le risate di Jorginho, le ubriacature di Barella e la doppietta di Locatelli contro la Svizzera. In alcune scene si vedevano i pianti dopo le vittorie e lo spavento prima di ogni rigore. Avevo fotografato i festeggiamenti post partita e gli allenamenti mattutini tanto odiati.

Osservo gli altri sorridere e sorrido con loro.
Delle mani mi cingono la vita, sono quelle di Federico, percepisco il suo calore. "Non mi spiego come sia possibile tutto questo, non ho mai notato le videocamere e non sapevo fossi una regista" mi sussurra stupito all'orecchio.

Ecco che viene proiettato il momento del gol della maglia azzurra numero 14 contro l'Austria che ha come sottofondo la telecronaca di Caressa. Le bocche sono chiuse e gli occhi fissano lo schermo di proiezione. 

Anche Chiesa, lo stesso che quel 26 giugno aveva segnato facendo rimanere lo stadio senza fiato, ammira soddisfatto la sua azione; poi si volta nella mia direzione, lascia che i nostri sguardi si incrocino e dice "Amore, te l'ho già detto che sei bella? bella come quel goal".

bella come quel goal || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now