capitolo 21

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Dalle notti post-partita ne uscivo sempre stremata. Bevevo e molte volte senza regolarmi, di solito lo facevo per un eccesso di gioia mentre adesso speravo di dimenticare.
Non volevo continuare ad ospitare nella mia mente il pensiero di Matteo con un altra.
Mi aveva dimenticato in pochi giorni?
Quei 'ti amo' non contavano nulla per lui?

Estrapolavo dall'alcol la forza di andare avanti, di superare l'accaduto, ma tutto quello che ottenevo era solo meno sobrietà. "Viviana rischi di ubriacarti per la seconda volta in un mese" mi rimprovera Belotti "Smettila, forza!".
Andrea era il solo ad essere coscienzioso tra i ragazzi con cui avevo legato di più; a Barella e Locatelli non dispiaceva mandar giù bevande.

"Viviana come devo fare con te?" chiede l'attaccante del Torino. È accanto a me, mi sta reggendo in piedi per paura che possa cadere a causa di ciò che ho bevuto. "Andre rilassati, non ho bevuto quasi niente. Sto bene, prendo qualcosina ancora e poi la finisco" spiego.

Esasperato se ne va altrove e Federico prende il suo posto. Anche il 22 della Juventus sembra volermi sottrarre dalle grinfie dell'alcol e portarmi al sicuro, anche lui proverà invano.
"Chiesa se sei qui per dirmi di non bere puoi risparmiarti lo sforzo, tanto sarebbe inutile".

"In verità non sono qui per questo", Ah no?
"Però dovrei portarti via dal bancone dato che ho bisogno di parlarti... Abbiamo una conversazione in sospeso noi due, Ricordi?"
Non ho voglia di fare storie, decido di seguirlo.

Il 14 della nazionale italiana mi afferra la mano, le nostre dita automaticamente si intrecciano. Camminiamo verso i piani superiori dell'albergo per raggiungere la stanza 321, la nostra stanza. Quando apriamo la porta e buttiamo un'occhiata al suo interno la troviamo vuota, Nicolò doveva essere ancora al bar dell'albergo a divertirsi e a festeggiare.

La luce della luna bussa alla finestra e la oltrepassa illuminando di una luce fioca e soave la camera e ogni oggetto al suo interno.
Si sentono le cicale cantare per annunciare l'arrivo della notte e ammazzare il silenzio.

La porta alle nostre spalle si chiude e restiamo soli, nessuno proferisce una singola parola.
Le nostre mani sono ancora salde fra loro, i nostri corpi si avvicinano. C'è parecchia tensione e non ne sono contenta, indietreggio.

Non posso permettermi di fare questo a Matteo, io lo amo ancora e può darsi che sia lo stesso per lui... o forse no considerando la scena di oggi: quel suo primo gol agli europei dedicato a qualcuno o qualcuna che non ero io.
Quel dito puntato contro gli spalti verso un punto lontano da quello in cui mi trovavo.

Possibile che avesse già trovato una persona con cui sostituirmi? Questa domanda mi tormenta. Basta, non voglio saperlo. Adesso sono in compagnia di Federico e pensare a lui è la cosa migliore. "Allora di cosa volevi parlarmi?" domando per distogliere la mente da quel dubbio. "Cosa sta succedendo tra noi?"

La sua domanda mi manda in tilt e una vampata di caldo avvolge il mio corpo. Arrossisco in viso e, nonostante la poca luce, l'attaccante della Juve nota il cambiamento.
"Allora è questo l'effetto che ti faccio... È inutile che continui a negare perché oramai è tutto chiaro". Mi passa le mani sulla vita, mi afferra per i fianchi e di sorpresa mi getta sul letto.

Lamento un piccolo dolore causato dalla botta ma smetto di sentire il dolore non appena Chiesa, sdraiatosi accanto a me inizia a solleticarmi la pancia. Rido senza controllo implorandolo di fermarsi; dopo poco mi ascolta. Dal solletico passiamo alle coccole.

Il suo braccio si posiziona sotto la mia testa e il terrore di pesare troppo su di lui si fa vivo. Sostenere quel peso non pare però essere un problema per il calciatore della nazionale che si stende sul fianco e mi lascia delicate carezze.

Dalle coccole passiamo al picchiarci giocosamente. Il 14 della nazionale è sopra di me e mi sta bloccando i polsi; io con un movimento rapido mi ritrovo a cavalcioni sopra di lui. "Spostati, altrimenti, se ci scopre, tuo padre mi uccide" dice tutto d'un fiato.

"Quindi tu preferisci stare al sicuro da mio padre piuttosto di vedermi fare così" lo provoco piegando ancor di più il mio corpo sul suo. Sento il suo calore riscaldarmi; mi prendo gioco di lui stuzzicandolo. Federico avvampa e rinnega le parole appena pronunciate.

Ignoro ogni sua azione e continuo per la mia strada, "Quindi tu ritieni che sia meglio evitare l'ira di mio padre rispetto all'avermi vicino a tal punto" sussurro nel suo orecchio. Fingo di dargli un bacio sulle labbra e per l'appunto mi chino scostando i miei capelli lisci, lunghi e castani dietro le spalle. Di scatto mi sposto e torno a sdraiarmi sul letto di fianco a lui, il quale sembra essere completamente stordito.

"Mi farai uscire pazzo" bisbiglia strofinandosi le mani sul viso come per dimenticare ciò che era successo un istante prima. "Esatto Chiesa, ma di me" accenno per poi alzarmi dal letto, afferrare una giacca e lasciare la stanza 321.

"Aspetta"

Mi fermo udendo l'inconfondibile voce di Fede.
Attendo che dica qualcos'altro ma non aggiunge nulla a quella parola detta senza volerlo, come se gli fosse sfuggita dalla bocca.

L'istinto mi suggerisce di restare. Seguo la sua indicazione e mi volto. In quei pochi secondi Federico mi aveva silenziosamente raggiunto ed ora a separarci erano solo pochi centimetri.

Senza pensarci azzero la distanza, lui afferra i miei fianchi e la sua bocca famelica sfiora le mie labbra. Un bacio atteso e desiderato. Adesso ero certa che fosse tutto vero, niente era più frutto della mia fantasia. Mi voleva, lo volevo anche io.

bella come quel goal || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now