capitolo 25

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Dal punto di vista di Matteo Pessina (1)

La sfida con l'Austria è alle porte. La squadra è pronta ad affrontare questa battaglia un po' come lo erano i soldati italiani che si trovavano al fronte a causa della dichiarazione di guerra contro l'impero asburgico degli austriaci.

Noi azzurri siamo pronti a giocare la partita, non abbiamo intenzione di farci abbattere dall'imponente struttura degli avversari.
Abbiamo un'obbiettivo: vogliamo tingere il cielo di Wembley di azzurro, e lo faremo!

Il mister mi ha già informato che non sarò in campo dal primo minuto e tutto sommato mi va bene; la mia condizione fisica è quasi ottima ma moralmente sono distrutto. Pare che Viviana ami stare comoda nella mia mente ed essere il mio unico pensiero in ogni istante.
Giorno e notte ripenso all'accaduto per capire quale sia stato il mio sbaglio. Se la relazione è terminata dipende per forza da tutti e due.

Non dubitavo del fatto che riprovarci con lei sarebbe stato complicato considerando il nostro passato condiviso, ma speravo che fosse arrivata la volta buona. Volevo che finalmente fossimo quelli giusti al momento giusto.

Passavo i minuti a ipotizzare cosa potesse ricordare lei dei noi due di sei anni fa anche se in verità avrei dovuto accettare che avesse rimosso tutto, dai nostri momenti romantici ai sorrisi timidi e spensierati, dalle giornate al cinema alla mia moto, quella dannata moto.

Spremevo le meningi per comprendere quale fosse il piano del distino, perché ci aveva separati brutalmente? Perché ci eravamo ritrovati proprio qui, proprio adesso? Volevo dare un senso alle cose ma un senso non c'era.

Ripensavo a quello che ci aveva diviso tempo fa, un'incidente su un due ruote causato da una macchina che mi aveva negato la precedenza.
Sobbalzo. Dobbiamo essere appena atterrati a Londra. Osservo la visuale tramite il finestrino dell'aereo e ne ho la conferma. Sono le sei in punto, questo prova che Roberto Mancini sia estremamente preciso e rispetti gli orari.

Slacciamo le cinture, arraffiamo i nostri oggetti e scendiamo dall'aereo affinché un pullman ci dirotti all'hotel prenotato per i due giorni di permanenza nella capitale dell'Inghilterra.

"Riesci a passarmi quello?" mi domanda Locatelli indicando con un dito uno zaino. Afferro quest'ultimo e glielo porgo ma nel farlo mi scontro con qualcuno. Basta un semplice 'Ahia', il lamento che aveva seguito il momento in cui l'avevo urtata, a farmi capire che si trattasse della figlia dell'allenatore. "Scusami".

Lei trascura le mie scuse e la mia presenza, poi si dirige verso l'uscita dell'aeroplano. Aveva trascorso la totale durata del volo parlando ininterrottamente con Barella, seduto nel sedile accanto al suo. Quei due avevano stretto molto i rapporti e ciò non mi andava a genio.

Perso nei miei pensieri, sto bloccando la fila di calciatori dietro di me. Manuel me lo fa notare e mi spinge ad uscire prendendomi per il braccio, nello stesso modo con cui le mamme trascinano via i figli dai parchi divertimento. 

Prendiamo posto sull'autobus e io mi metto nuovamente di fianco a Manuel mentre Viviana si affida alla compagnia del gallo Belotti.
Di lui mi fido, siamo amici, eppure avverto un sentimento di gelosia ardere dentro di me.
Non ne uscirò facilmente da questa situazione.

Il trasferimento dall'aeroporto all'edificio in cui alloggeremo non dura più di mezz'ora. Ci dividiamo nelle stanze, la disposizione rimane uguale a quella di Coverciano per non creare ulteriori disordini. Viviana è di nuovo in camera con Federico Chiesa.

So già che questa ragazza mi farà diventare completamente matto, io necessito di stare con lei, di averla, di saperla mia e invece l'unica cosa che so è che si trova in una stanza con quel pagliaccio della Juventus. La farà soffrire.

"Matte oggi hai la testa tra le nuvole, vedi di ritornare sulla terra in tempo per la partita" scherza Loca dandomi una pacca sulla spalla. "Forza, vieni con me e smettila di pensare a mille argomenti diversi" dice e dopo mi conduce nell'area esterna della struttura.

"Avevo davvero bisogno di una boccata d'aria" tiro un sospiro di sollievo e faccio quattro passi con il calciatore del Sassuolo. L'aria da che era in abbondanza finisce quasi per mancarmi del tutto: il numero 22 della Juventus è con la piccola Mancini e i due stanno sorridendo. Lei è visibilmente imbarazzata ma anche felice, non so di cosa stiano parlando, ma mio malgrado posso immaginarlo. La sto perdendo.

"Manuel torniamo in stanza, ti prego" sembro un bambino e il mio tono di voce fa emergere una paura: quella di perdere la ragazza che avevo amato, amavo e avrei amato a vita.

"Dovrai superarla prima o poi, ne sei consapevole vero?" domanda Locatelli avendo intuito la causa del mio stato d'animo. "Non sono in grado di farlo" confesso con lo sguardo rivolto verso il basso, mi scende una lacrima.

Il mio amico mi abbraccia senza aggiungere altro, sa che le frasi di incoraggiamento in questo caso non sarebbero state utili.
Rientriamo in stanza passando per la sala d'attesa, "Manca pochissimo alla partita, tra mezz'ora andiamo verso lo stadio" ci avverte il ct, il quale stava richiamando l'intera squadra azzurra.

bella come quel goal || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now