capitolo 22

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Le partite ad eliminazione diretta erano a pochi passi dal team azzurro. Mancavano sei giorni e poi si sarebbe giocato l'incontro tra Italia e Austria. Gli azzurri erano spaventati dalla stazza degli austriaci ma la fiducia in se stessi e il proprio potenziale dava la carica necessaria.

Al momento era in corso un allenamento e nel centro sportivo di Coverciano i calciatori della nazionale italiana davano il massimo per poter dire di essersi meritati un posto in squadra.

"Bella situazione di merda" aveva commentato Barella dopo aver sentito il racconto della mia situazione e del trio Pessina-Mancini-Chiesa, in cui ovviamente Mancini non era il mister.
La delicatezza nell'esprimersi non era il suo forte, con il calcio se la cavava molto meglio.

"Non sei di conforto o perlomeno di aiuto" mi ero lamentata io e lui aveva blaterato qualcosa in segno di protesta. "In sintesi sei indecisa tra Pessina e Chiesa perché hai provato qualcosa di forte per Matteo ma con Federico ti sembra tutto più semplice e spontaneo, giusto?" aveva riassunto il tutto perfettamente e in breve, detto così sembrava decisamente meno catastrofico di come lo era nella realtà. Confermo la sua spiegazione e lui orgoglioso si vanta sfoggiando un sorriso divertito.

"Quindi ti tocca scegliere tra i due e vuoi che io ti aiuti a prendere questa decisione?" domanda. Annuisco. "Viviana io non posso condizionare la tua scelta perché non sarebbe affatto corretto, devi decidere seguendo il tuo cuore e non la testa perché non è lei che governa i sentimenti più intensi".

Il suo sguardo è fisso verso la metà campo, dove i centrocampisti si stanno allenando con esercizi dettati da mio padre, il commissario tecnico. Ha le mani intrecciate tra loro e le braccia tese e posate su una corda che separa la tribuna dal campo da gioco. Sta pensando.

Lo incito per estrapolare qualche altra parola di saggezza perché in fondo Nicolò di scelte corrette in amore ne era maestro: ventiquattro anni, una moglie che ama alla follia e tre figlie.

"Alcuni dicono che quando si amano due persone contemporaneamente sia meglio scegliere la seconda, perché se per la prima avessi provato amore sincero non ti saresti avvicinato all'altra..." usa un tono filosofico
"...Però io non ti ho detto nulla" aggiunge per evitare futuri problemi con uno dei due compagni di squadra chiunque esso sia.

"Grazie come al solito Nico" protendo le braccia verso di lui che mi stringe forte a se.
"Mi raccomando, non avere fretta di uscire da questo limbo e sfrutta ogni possibile occasione per fare chiarezza su ciò che provi per loro", mi stampa un bacio sulla fronte facendomi sentire per un momento protetta dal mondo esterno.

Quando ci separiamo mi rivolge un sorriso e poi va in direzione della metà campo dove l'allenatore stava fornendo le pettorine per una partitella a scopo di far esercitare gli azzurri.
Prendo il suo posto in tribuna e guardo i ragazzi giocare e rubarsi la palla a vicenda.

Solo qualcuno è meno scattante degli altri e quest'ultimo è Pessina. Strano, no?
La pettorina rosa copriva la maglia della nazionale italiana e gli permetteva di riconoscere al volo i compagni della sua squadra ridotta: Locatelli, Immobile, Chiesa, Di Lorenzo e Chiellini.

"Che cosa stai facendo?" aveva gridato Federico notando la troppa foga con cui stava giocando il numero 12 dell'Italia. Matteo era accecato dall'odio nei suoi confronti a causa mia ed ora rischiavano di litigare. Il team italiano si sarebbe fratturato irrimediabilmente.

Il centrocampista dell'Atalanta aveva risposto a tono alla domanda del numero 14 azzurro "Sto giocando a calcio, tu hai intenzione di fare qualcosa, o preferisci sbavare dietro alla mia ex pure in allenamento?", forse troppo a tono...

In due secondi di tempo già stava per partire un pugno dalle mani di Federico che sarebbe atterrato direttamente sul volto di Matteo.
Grazie al cielo, osservando dalla mia postazione, avevo capito che le cose non stavano andando come avrebbero dovuto e ero sgattaiolata sull'erba per interrompere il tutto.

Mentre correvo rapidamente verso l'attaccante bianconero per poter bloccare il suo braccio rimbombavano nella mia mente le parole di Pessina. Mi aveva etichettata come sua ex, lui era passato oltre e ne avevo la certezza... Suppongo fosse ciò che desideravo ottenere.

Non ero più Viviana ne tanto meno la sua ragazza. Ero a tutti gli effetti la sua ex, ero fuori dalla sua vita e temevo che sarebbe rimasto tutto così per sempre. Il nostro pareva essere un vero addio, era davvero possibile?

Entrambi non avevamo avuto il coraggio di pronunciare quella parola: io la reputavo troppo drastica e lui sperava ancora in un noi.
Non salutarci definitivamente era stato uno sbaglio, equivaleva un po' al salpare con una nave senza tirar su l'ancora prima di partire.

Nella pratica, infatti, c'era un sentimento irrisolto che mi impediva di lasciar andare Teo.
Questo però era svanito da parte sua e lo aveva fatto capire a tutti sostituendo al mio nome quel termine, quelle sue dannate lettere.

Arrivo a circa cinque metri da Federico e vedo il suo braccio avanzare verso Matteo "Fede non farlo!". La mia voce lo distrae e la sua mano sfiora solamente il viso di Pessina, poi si immobilizza. Lui realizza cosa stava accadendo, si gira per guardarmi e nei suoi occhi leggo tanto pentimento e timore del mio giudizio.

Il numero 22 della Juventus si vede spaesato, cerca qualcosa a cui appoggiarsi con lo sguardo. Intanto la mia esclamazione aveva richiamato l'attenzione del mister e io, per salvare Chiesa da un'eventuale punizione, invento una scusa "Tranquillo papà, avevo gridato a Chiesa di fermarsi perché stava per passarmi la palla e mi sarebbe caduto il telefono dalle mani". Il ct mi crede e torna a dare suggerimenti a Bernardeschi e Locatelli.

Nonostante avessi limitato la forza di impatto del pugno di Chiesa contro il viso Matteo, quest'ultimo si era fatto male sotto l'occhio.
"Ahia! Ho preso una storta" dico ad alta voce.
"Qualcuno può accompagnare Viviana nello spogliatoio per medicarle la caviglia?" domanda gentilmente Mancini ai ragazzi.
"Mi ci porta Pessina". Altro pericolo scampato.

Sembrava che gli occhi di Chiesa volessero comunicarmi, 'Scusa, non volevo, perdonami... Mi sento tremendamente in torto'. Non era il momento di pensare a lui, seppure mi facesse soffrire il solo averlo accanto dovevo occuparmi del mio ex.

bella come quel goal || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora