capitolo 30

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Dopo la solita introduzione del mister, in cui quest'ultimo ci spiegava il programma della giornata, eravamo pronti a goderci un allenamento a porte aperte. A detta dei ragazzi della squadra degli azzurri, non se ne facevano da qualche anno a causa del covid e proprio per tale motivo ognuno era al settimo cielo.

Il centro sportivo di Coverciano era stato allestito quasi a festa. I parenti e gli amici dei calciatori, i tifosi e i giornalisti erano accampati vicino al cancello d'ingresso e speravano di poter parlare con i membri della nazionale.

L'intero campo era decorato con striscioni e delle casse amplificavano il volume della musica per consentire a tutti di ascoltare e magari di cantare le canzoni che venivano trasmesse. Lo staff faceva attenzione a mantenere il distanziamento di sicurezza tra le persone per evitare di contribuire all'aumento del numero di contagiati da Covid-19, inoltre, prima di potersi presentare nel complesso, ognuno aveva dovuto effettuare un tampone e mostrare il proprio green pass.

Sembrava di essere ad una festa. Incontrare fan che non aspettavano altro se non di rivolgerti la parola o ricevere un autografo era una sensazione impagabile e gratificante.
"Viviana Mancini può autografarmi questa maglietta?" o "Viviana ci facciamo una foto insieme" o ancora "Signorina Mancini è vero che lei ha una relazione con un membro della squadra capitanata da suo padre?" erano le tre richieste più frequenti, ma non le uniche.

Passati i primi minuti di accoglienza, le persone erano state fatte accomodare sugli spalti del campo da calcio. I ragazzi avevano svolto diversi esercizi per migliorare la prestazione e poi, divisi in due gruppi dal commissario tecnico, avevano tenuto un incontro amichevole davanti al pubblico.

Era la prima volta che assistevo ad un allenamento a porte aperte. Mi aspettavo parecchie sorprese ma, tra ciascuna di quelle che avevo ricevuto, una mi aveva lasciato senza fiato. "Ciao amore mio, non immagini quanto mi sei mancato!" aveva esclamato una ragazza rivolgendosi a Federico in assoluta tranquillità.

Lei era perfetta: aveva dei lunghi capelli castano scuro, gli occhi parevano contenere tutta la luce del sole al loro interno, le labbra erano rosee come il cielo all'alba e il corpo seguiva le proporzioni di una statua greca.

Chi era lei e cosa voleva dal mio ragazzo? Perché aveva chiamato Federico 'amore mio'? Troppe domande frullavano nella mia mente e era giunto il momento di trovare delle risposte. "Chi è questa ragazza?" uso toni fermi, non sono intenzionata a sorvolare l'ennesima situazione insolita e le altre frasi inspiegabili.

"Nessuno" blatera il 22 bianconero, ma la persona al suo fianco non sembra apprezzare quella risposta "Nessuno? Ma che cosa stai dicendo? Non ti ricordi del fatto che sono la tua fidanzata? Ammetto che i mesi trascorsi lontani per colpa del mio stage a New York siano stati estremamente lunghi ma ora sono con te" parla rivolgendosi a Chiesa.

'Non ti ricordi del fatto che sono la tua fidanzata?'. La frase rimbomba nella mia mente. Tremo, sto per avere un attacco di panico. "Che cosa significa?" domando all'attaccante bianconero con un nodo alla gola. Avevo capito tutto, però non volevo crederci. Lui mi guarda senza dire niente, senza negare niente. Lei non si era inventata nulla.

Cerco di incrociare il suo sguardo per avere la conferma che effettivamente ottengo. "Non è vero" ma sapevo che lo era. Negavo per proteggermi dal dolore. Fingevo che fosse uno scherzo di cattivo gusto, un sogno, una bugia.

Scappo in hotel e mi rinchiudo in stanza per far sì che le lacrime possano scorrere liberamente.
Le gambe non reggono il peso del mio corpo, mi siedo per terra poggiando la schiena sulla porta per trovare sostegno e comincio a singhiozzare forte. Penso di aver preso la decisione sbagliata, che non avrei dovuto scegliere Chiesa, che l'amore non fa per me, che non finirò mai di fare scelte sbagliate.

Urlo, tiro pugni contro il pavimento usando tutta la forza che possiedo. Mi lascio andare ad un pianto isterico. "Sei una stupida" mi ripeto.
"Viviana hai visto quella ragazza?" chiedo a me stessa. Come potevo aver pensato che un calciatore della nazionale si fosse innamorato di me. Eppure il nostro rapporto dava l'impressione di essere così vero, così sincero.
Io amavo lui ma lui amava lei e lei amava lui.

Aveva ragione Joan Crawford quando diceva 'L'amore è fuoco. Ma non sai se scalderà il cuore o brucerà la tua casa'. Federico mi conosceva, sapeva che ero una ragazza di ghiaccio e aveva fatto tanto per sciogliermi, talmente tanto che di me non ne rimaneva più traccia, se non quel mare di acqua che i miei occhi stavano generando da più di dieci minuti.

"Viviana apri la porta per favore" è Chiesa.
Mi limito a pronunciare un "VA' VIA", grido per far si che capisca bene e decida di ascoltare.
"Piccola, ti prego. Dobbiamo parlare, devi sapere come stanno veramente i fatti" a che sarebbe servito parlare? In questo momento è meglio evitare, direi cose di cui poi mi pentirei.
"Con che coraggio mi chiami ancora 'piccola'? Federico Chiesa, sparisci dalla mia vita!".

Dopo pochi minuti dallo scambio di grida con il giocatore juventino inizio a sentire diverse voci provenienti dal corridoio che si sommano alla sua. Tra esse ce n'è una che emerge: è quella di Matteo che desidera informarsi, le mie urla saranno giunte fino a lui. "Vivi stai bene? Sono Teo, mi fai entrare?". Sblocco la serratura.

bella come quel goal || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now