capitolo 19

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Dicono che il cuore spezzato non sia solo una metafora, effettivamente è la verità. A dimostrarmelo era stato il cuore di Matteo, il quale, nel vedermi con Federico nell'esatto momento in cui sarebbe potuto scattare un secondo bacio, era andato in frantumi.

Notando la presenza del calciatore bergamasco avevo respinto Chiesa ma era troppo tardi, il primo aveva già modificato i suoi piani e con uno scatto velocissimo era corso dentro l'hotel.
L'ennesimo mio errore era appena stato fatto.

Prontamente lo inseguo seppur non riesca a raggiungere la sua velocità, notevolmente superiore alla mia. Resto indietro di diversi metri e riacquisto campo solo grazie all'ascensore che mi aveva portato al terzo piano prima che Matteo finisse la rampa di scale e si chiudesse a chiave in camera.

"ASPETTA" grido ma la mia voce viene strozzata dall'affanno per lo sforzo compiuto nel tenergli il passo durante la corsa. Mi sente e da retta alle mie parole. La risposta che ottengo mi fa conoscere un lato nuovo di lui, uno che non credevo esistesse "Che cazzo vuoi ancora?"

Era sempre stato attento nella scelta dei vocaboli almeno quando si rivolgeva a me e poneva la dolcezza in prima linea. Adesso era diverso, la rabbia dettava le sue parole ma d'altronde cosa potevo aspettarmi? Lo avevo trattato in una maniera vergognosa, assurda; cosa mi era preso? Mi logorava sapere che quella non fosse la prima volta che lo facevo. 

Fatico ad aprire bocca a causa delle grandi boccate d'aria che prendo per recuperare fiato. Stanco di star fermo lui inserisce la chiave nella serratura e spalanca la porta. Quando però la chiude riesco a bloccarla tramite un piede e lo seguo nella stanza 315. Mi lascia entrare.

Percorre rapidamente tutta la camera a grandi passi e poi colpisce un muro con un pugno. Sobbalzo per lo spavento e istintivamente poggio la mia mano sul manico della porta.
Il rumore sarà stato avvertito anche dai ragazzi della stanza accanto, la 316, infatti udiamo la voce di Berardi dire "Va tutto bene?".

"Si" rispondo.

"Viviana sei tu? Chi c'è in camera con te? Ti sei fatta male?" l'attaccante del Sassuolo spara una raffica di domande. Parlando attraverso i muri, lo rassicuro "Domenico, sono Viviana e sono in camera con Pessina. Sto bene, tranquillo".

L'undici della nazionale italiana ha fede nelle mie parole e smette di chiedere chiarimenti. Ritorna il silenzio ma non per molto "Teo io non so che dire, sono un disastro e non ti meritavi di subire le cose che ti ho fatto.

Sai, giorno dopo giorno sto iniziando a capire come si vive nel mondo, crescere mi sta facendo aprire sempre più gli occhi e solo ora sto capendo la cruda verità. Le persone sono incapaci di creare rapporti saldi al 100%.

Ci sarà sempre qualche atteggiamento che andrà sopportato. Nessuno sarà mai l'esatta metà di qualcun altro perché in verità noi siamo già completi di nostro. Ognuno nasce con l'obbligo di dare uno scopo alla propria esistenza e muore con la speranza di aver compiuto il proprio dovere.

Le relazioni con altre persone sono solo scalini o fossi che ci facilitano o complicano il cammino verso la nostra riuscita personale.
Il problema è che molte volte persino gli scalini si rivelano traballanti o danneggiati. Io stessa sono consapevole di averti fatto inciampare sulle tue scale e non me lo perdonerò mai."

Il numero 32 dell'Atalanta è completamente immerso nelle mie parole e cerca di estrapolare il significato profondo delle frasi che pronuncio, delle parole dettate dall'istinto.
Concede spazio ad una breve raccolta di idee poi inizia a parlare, "Parto col dire che questa situazione comincia a far davvero male ad entrambi. È vero, hai commesso un grave errore ma non devi far sì che questo rimanga l'unico ricordo che hai di me e con me.

Stasera ero venuto a cercarti perché avevo creduto che passar sopra a quel bacio, che reputavo frutto di un'ubriacatura, fosse la decisione migliore che potessi prendere. Quando ti ho vista dietro quella quercia assieme a Chiesa ho capito invece che il nostro percorso come coppia era giunto al termine.

Non rimpiango di averci riprovato con te perché so che comunque fosse andata ne sarebbe valsa totalmente la pena. Fammi solo un'ultima promessa: non credere che l'amore non esista solo per colpa di questa storia."

Le sue parole sono come un segnale di inizio che da il via alla gara delle mie lacrime, le quali percorrono il mio viso come se fosse una pista della formula 1 e si sfidano per il primo posto.
"Matteo io non lo so se il nostro è un addio o  un arrivederci, so solo che tu per me sei stato unico ed indimenticabile.

Sei stato la ragione dei miei sorrisi più veri
e delle mie risate più sentite; sei stato l'unico
capace di sottrarmi a questo mondo infame
e ai mille problemi che ho... Non so come andrà perché non prevedo il futuro ma so che tu per me rimarrai uno splendido ricordo, il più bello di tutti.

So che tu avrai sempre un posto nel mio cuore;
so anche che io, seppure sia giovane, non ti dimenticherò mai ma ti penserò ogni giorno:
ogni mattina e ogni notte. So per certo che ti amerò, ti amerò come non ho mai amato, perché tu sei e rimarrai il primo vero amore."

Queste sono le ultime frasi di uno dei capitoli del libro della mia vita, che si conclude con l'uscita di scena del personaggio maschile che aveva stravolto la mia esistenza, dopo aver ricevuto come saluto un suo bacio casto sulla fronte mentre le nostre lacrime si univano in un pianto apparentemente eterno e senza fine.

bella come quel goal || Federico ChiesaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora