Ultimo capitolo - Parte 2

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Canzoni:

Lovely - Billie Eilish

Angel by the wings - Sia 

Falling Apart - Michael Schulte

To build a home - The Cinematic Orchestra

Non appena i medici si accorsero di quei quattro ragazzi dagli occhi lucidi e l'aria afflitta che stavano osservando dalle vetrate la loro amica essere rianimata di continuo, le tendine di quella stanza vennero chiuse impedendo a loro di vedere altro. Josh abbassò il capo con aria afflitta, Rayan si passò le mani tra i capelli girandosi poi verso i suoi amici. Charlie si guardò intorno per poi posare lo sguardo sui ragazzi non appena il biondino aprì bocca, spezzando quel silenzio disarmante tra loro.

"E ora che si fa?" mormorò. Anche nella sua voce era chiara una sorta di stanchezza, non solo fisica. Cole non batté ciglio e non rispose neppure, si limitò a voltare loro le spalle e, nel silenzio più assordante, allontanarsi il più possibile da quel corridoio. I ragazzi scelsero di non seguirlo, anche se la tentazione era forte. Sapevano quanto lui tenesse a lei, ormai era chiaro già da tempo, e vederlo in quel modo era terribile. Non era il loro Cole, non era più il ragazzo sfrontato o di ghiaccio, era vulnerabile e sensibile, era triste e preoccupato. Stava tirando fuori tutto di se e allo stesso tempo lo stava ancora trattenendo dentro. Perciò fu grato di essere solo e avere i suoi spazi mentre camminò fra i corridoi dell'ospedale immerso nei suoi pensieri. Vagò per i vari piani, per vari corridoi, affidandosi alla speranza e camminando senza una meta. Tutto pur di non rimanere davanti quella porta in attesa. L'attesa lo divorava dentro, lo lacerava e gli impediva di pensare lucidamente, lo faceva sentire ancora più impotente di quanto non si sentisse già. Aveva bisogno invece di darsi da fare, di fare neanche qualcosa nello specifico ma comunque pur qualcosa...tenersi impegnato, distante e concentrato. Se fosse successo qualcosa i ragazzi lo avrebbero chiamato o cercato, sapeva che in qualsiasi modo sarebbero andate le cose lui lo avrebbe saputo ugualmente. Così, dopo quelle che sembravano ore di cammino, si fermò. L'istinto gli suggerì di fermarsi proprio in quel momento, proprio in quel punto, e non poté fare a meno di pensare a quanto sembrasse un cliché ritrovarsi li in piedi davanti le porte della piccola cappella che ospitava la struttura ospedaliera. Sembrava un controsenso, in effetti, per Cole dare ascolto ai suoi pensieri e fare ciò che stava facendo, ma trattandosi di Ella sentiva di doverlo fare, sentiva fosse la cosa giusta da fare. Per lei. Per loro.

Ed entrò, con titubanza e un leggero imbarazzo di chi sapeva di non essere idoneo a camminare li dentro. Per essere piccola e semplice pensò che fosse al quanto carina per essere una cappella in un ospedale. Percorse lentamente la navata guardandosi intorno, tutte le panche erano vuote, nessuno era lì a pregare, non vi era neanche un sacerdote o altre figure ecclesiastiche presenti. Dalle alte vetrate colorate, raffiguranti i diversi momenti della vita di Cristo, passava poca luce e l'atmosfera veniva creata principalmente dalle candele poste ai margini della navata e lungo l'altare. E c'era silenzio, notò. Tanto silenzio, e un profumo di incenso nell'aria. Posò la mano sullo schienale di una delle panche in legno lucido e accarezzandone la superfice liscia ci si piazzò davanti. Guardò avanti a se l'enorme statua di Gesù in croce appena dietro l'altare e, apprezzandone l'onnipotenza, lentamente si inginocchiò. Posò i gomiti sullo schienale davanti e giunse le mani, poi con titubanza chiuse gli occhi e parlò.

"Ciao Dio.. mi chiamo Cole ma già mi conosci." storse leggermente il naso rendendosi conto di aver appena detto una cavolata e sospirò profondamente prima di continuare. "Non so come si fa...non credo di essere mai entrato in una chiesa, ne di averti mai parlato...eppure sono qui, in ginocchio davanti a te e spero davvero che tu mi stia sentendo." mormorò piano posando la fronte contro le mani giunte.

"Non sono un bravo ragazzo, non sono educato o gentile, credo di non meritare nulla in questa vita dopo tutto ciò che ho fatto. Eppure non so perché mi hai dato lei, ed è questo il bello.. perché donarmi un angelo come lei quando non lo merito?" fece un piccolo sorriso a labbra serrate. "Mia madre ha detto che c'è del buono in me, che tu hai visto del buono in me, proprio come Ella. E lei è stata la prima a farmelo notare anche se fingevo di non capire, ma ho capito..." mormorò tristemente, poi continuò. "Ti ringrazio per averla mandata da me, qualunque cosa abbia fatto per meritarmela io ti ringrazio...e so che non sarà eterno ma.." fece ancora una piccola pausa, sentì gli occhi pizzicare nonostante fossero chiusi così li strinse cercando di riprendere parola.

Wings [Cole Sprouse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora