Capitolo 41

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ELLA

Guardai la porta chiusa, il legno bianco rovinato e scheggiato da chissà quale sorte passata. Quell'intera casa aveva cicatrici ovunque, in ogni angolo, causate da un male terreno chiamato odio, egoismo, rabbia. Riuscii a decifrare quell'ammaccatura sulla porta come l'urto di un pugno, un pugno che poteva essere di Cole, di suo padre o chissà di chi. Ma era pur sempre un pugno dato su una porta in preda a chissà quale delirio.

La porta si aprì dinnanzi al mio viso vedendo Charlie uscire dalla camera di Cole, il suo sguardo si puntò solo su di me, senza dare importanza ai ragazzi alle mie spalle. Quello che successe pochi minuti prima lo portavo ancora sulla coscienza. Il pacemaker di Cole che suonava all'impazzata, il suo viso terrorizzato e la pelle bianca, quegli occhi sgranati che mi fissavano con una luce affievolita. Cosa non riuscii a vedere in quegli occhi..c'era di tutto. Charlie ci fece uscire tutti fuori per occuparsi di lui e così lo aspettai, davanti a quella porta, per lenti e interminabili minuti chiedendomi se avessi fatto bene a dirgli la verità.

"E' stabile, gli ho dato un calmante." disse. "Vuole vederti."

Josh e Rayan si misero sull'attenti guardando Charlie, quest'ultimo li guardò scuotendo la testa, facendo così capire loro che sarei dovuta entrare da sola. Posai la mano sulla maniglia fredda ed entrai spingermi piano all'interno della stanza. Cole era sul letto, seduto e con la schiena poggiata contro i cuscini, aveva un'espressione leggermente più rilassata ma comunque imbronciata. Era la seconda volta che lo vedevo sotto gli effetti dei calmanti e mi ricordai di quando mesi prima andai via, quando la sua mente invasa da pensieri oscuri decise di rilassarsi con un mix di farmaci e alcol. Mi chiesi se quei calmanti gli facessero lo stesso effetto, se ricordasse dentro se' l'effetto delle droghe nel suo sangue e la leggerezza nello scordarsi tutto il resto. Chiusi la porta alle mie spalle e rimasi li a fissarlo da lontano, non sapendo cosa fare.

La sua testa si mosse facendo ricadere una ciocca di capelli sulla sua fronte, mi guardò con uno sguardo che non riuscii a decifrare, finché non riportò l'attenzione sul suo corpo.

"Perché te ne stai li?"

Smisi di respirare, la sua voce era così sottile e rauca, avrei tanto voluto che non lo fosse. Mi mossi un po' esitante, camminai verso il letto mantenendo il mio silenzio. Ora che ero più vicina riuscii a vedere nei suoi occhi stanchezza mentale.

"Perché non me lo hai detto?" mormorò.

Mi strinsi nelle spalle e scossi piano la testa guardandomi le mani. "La tua reazione non sarebbe stata tanto diversa. Pensavo di potercela fare da sola."

Il suo viso scattò verso di me. "Non credi che avrei potuto evitare un paio di cose sapendo che ti avrei fatto fisicamente del male?" disse, il tono della voce stavolta era più alto.

"Non è così che funziona." sospirai tornando a guardarlo. "Devi compiere buone azioni solo se senti che siano giuste da fare, non perché pensi che facendo il contrario rischi di farmi male. Non risolveresti niente e io sarei nella stessa situazione."

Il suo sguardo si addolcì e lo vidi esitare nel parlarmi. "Non posso perderti di nuovo, Ella." sussurrò. "Ti ho già persa una volta e non hai idea di cosa sia stato per me."

Mi sentii responsabile del suo malessere, una fitta mi colpì al petto per ogni sua parola. Mi avvicinai alla fiancata del letto e mi sedetti piano sulla sedia dove sedeva solitamente Charlie.

"Lo so.." mormorai non sapendo cos'altro dire. Non fu facile neanche per me lasciarlo, ma sapevo che per lui non era stato facile, lo avevo visto coi miei stessi occhi. Non sapevo che tipo di legame avesse instaurato con me, che tipo di legame avessimo entrambi l'uno per l'altra ma era qualcosa di forte, che andava oltre il mio essere il suo angelo custode. Avevamo entrambi bisogno dell'altro, di proteggerci e di farci forza a vicenda, per quanto fosse assurdo che un umano debba aiutare il suo angelo custode. Eppure era così, anche io avevo bisogno di lui, come se stando sulla Terra nel mio corpo mortale, la mia parte umana prendesse sempre più il sopravvento e mi facesse provare ciò che pensavo di aver dimenticato.

"Perdonami...per tutto." mormorai, poi lo guardai. I suoi occhi di un verde smeraldo incastrati nei miei, così limpidi e tristi.

"Dovrei essere io a scusarmi per averti fatto quasi morire."

Feci un piccolo sorriso e scossi piano la testa. "In teoria sono già morta." dissi facendo spuntare un piccolo sorriso anche sul suo volto, mi avvicinai col busto e posai i gomiti sul letto.

"Non mi spaventa morire se la mia morte serve ad aiutare te."

"Non dire così." scosse la testa. "Non lo permetterei mai, non lo farò più."

"Promettimi solo una cosa." lo guardai. Il suo sguardo su di me riempito dal suo stesso silenzio era il via libera per continuare a parlare.

"Promettimi che farai solo ciò che è moralmente più giusto per te."

Le sue iridi pesavano nelle mie, bruciavano come avvolte da fiamme ardenti e si riflettevano nello specchio delle mie.

"Lo farò." disse avvicinandosi a me, il suo corpo ora era sbilanciato su un fianco per poter stare a pochi centimetro dal mio.

"Ma voglio che tu ne faccia una anche a me." continuò.

"Quale?"

Aspettò una manciata di secondi prima di parlare. "Non sacrificarti più per me. Se devi scegliere, scegli di combattere con me." disse marcando la penultima parola. La sua mano sfiorò la mia guancia scostandomi i capelli dietro la spalla.

"Promettilo." continuò notando che non avevo ancora risposto. La sua mano continuò a sfiorare la pelle del mio viso, mandando brividi lungo il mio corpo e facendomi rilassare.

"Lo farò." dissi. Il suo viso era incredibilmente vicino al mio, guardai come le sue labbra si schiusero nello stesso momento in cui lo fecero anche le mie.

"Ella.." sussurrò titubante.

"Si..?" mi avvicinai ancora un po', riuscivo a sentire il suo respiro contro il mio viso per la stretta vicinanza.

"Volevo dirti una cosa.." le sue dita si fermarono sulla nuca tranne per il pollice che continuava la sua danza sulla mia mandibola.

"Cosa..?" sussurrai, d'istinto chiusi gli occhi quando il suo naso sfiorò il mio. I suoi erano già semi chiusi, come ipnotizzati dai lineamenti del mio volto.

Posò la fronte contro la mia. "Io..ti.." sussurrò chiudendo gli occhi finché la porta non si aprì di botto facendo sussultare entrambi. Mi voltai di scatto, Cole si sporse per avere una visuale migliore. Charlie era li in piedi con uno sguardo vitreo sul volto, era spaventato.

Qualcosa non andava.

"Abbiamo visite." mormorò con un tono agghiacciante finché al suo fianco non comparve uno di loro. Giubbotto di pelle e jeans strappati come se fosse un loro marchio di fabbrica. Aveva i capelli trasandati e la barba che si congiungeva alle basette. Non lo riconobbi, non era uno degli uomini che ci fecero visita pochi giorni prima. Non lo avevo mai visto ma girandomi a guardare Cole capii immediatamente dalla sua espressione che lui, invece, sapeva esattamente chi fosse. Mi alzai di scatto dalla sedia e rimasi li, davanti al letto come uno scudo per il ragazzo alle mie spalle.

"Chi non muore si rivede...letteralmente."

Wings [Cole Sprouse]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora