Capitolo 8

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COLE

Nei giorni successivi mi venne difficile guardare in faccia Ella o starle semplicemente vicino. Le avevo confidato una parte di me, la mia parte più intima e debole. Mi ero reso debole a lei e il solo guardarla negli occhi prolungava quella debolezza.

Non mi sentivo a disagio, ma era qualcosa di simile, forse imbarazzo o timore. Il fatto di non essermi mai aperto con nessuno mi aveva reso forte, un muro di cemento eretto intorno a me, ed ora in quel muro c'era un buco. Gli occhi di Ella erano gli unici a poter sbirciare all'interno facendo illuminare tutto intorno di un azzurro intenso.

Sapevo che per lei la mia indifferenza era difficile, me ne accorgevo dal suo silenzio, dagli sguardi sempre bassi, da piccole cose che non faceva più in mia presenza. E le ero grato perché se non parlava, se non mi cercava e non aveva un contatto con me significava che stava rispettando i miei tempi, stava rispettando i miei sentimenti e il mio bisogno di staccare la spina. Sapevo che era così, e le ero grato per averlo fatto.

Allo scadere del quarto giorno però venne da me, rompendo la distanza.

"Ti porto in un posto."

Alzai lo sguardo su di lei standomene seduto sul divano a mangiare uno spuntino.

"Dove?"

"Lo devi vedere."

La guardai confuso, odiavo non sapere le cose, soprattutto quando me le annunciavano senza specificare nulla.

"Se mi dicessi cosa dovrei vedere sarebbe tutto più facile."

"Non per me." alzò le sopracciglia e si girò allontanandosi. "Ti aspetto in macchina."

Sospirai pesantemente e mi affrettai a finire il mio sandwich. Mi alzai contro voglia e uscii di casa infilando il giubbotto caldo. Ella era già dentro l'auto, doveva aver preso le chiavi prima di uscire. Salii al suo fianco e misi in moto per poi partire.

"Guido senza una meta come un latitante oppure mi dici dove dobbiamo andare?"

"Late Street, appartamento 24." disse con serietà.

Con la fronte aggrottata ingranai la marcia e mi diressi verso il quartiere indicato. Dalla serietà nella sua voce doveva essere qualcosa di davvero importante, ma cosa?

Dopo quattro giorni di silenzio si era presentata a me a spalle larghe, determinata a farmi vedere qualcosa.

Strinsi il volante e mi concentrai sulla strada, avevo una scarsa immaginazione e non riuscii ad avere alcuna ipotesi.

Quando accostai davanti l'appartamento Ella fu la prima a scendere dall'auto. La seguii e andammo davanti al portone già aperto. Lei si girò a guardarmi una volta entrati e si fermò davanti l'ascensore.

"Prendimi la mano."

La guardai stralunato e scossi la testa. "Mi vuoi spiegare cosa succede?"

"Sto per farti vedere qualcosa, qualcuno.." mi guardò, la sua mano tesa verso me. "Non possiamo farci vedere, io posso rendermi invisibile ma tu no, a meno che non mi prendi la mano."

La guardai con la curiosità a mille, dovevo e volevo scoprire di cosa si trattasse. Osservai la sua mano e presi un respiro profondo, gliela presi e tornai a guardarla in volto, ma lei era già con lo sguardo sull'ascensore. La sua serietà era la cosa che più mi mandava in tilt.

Entrammo in ascensore, mano nella mano, e ci fermammo al terzo piano. Ella prese un ferrettino per capelli dalla tasca e si avvicinò alla porta, forzò la serratura con mio grande stupore ed entrammo silenziosamente. Richiuse la porta senza provocare alcun suono e camminammo lentamente lungo il corridoio fino ad arrivare ad una camera da letto.

Wings [Cole Sprouse]Where stories live. Discover now