Capitolo 23

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COLE

La neve mi inghiottiva dal basso come se quella distesa bianca si fosse trasformata in sabbie mobili d'acciaio. Ogni mio passo o sforzo per tentare una via di fuga equivaleva a sprofondare in un abisso da cui era impossibile risalire. Tentavo di aggrapparmi alla sabbia stessa, solo in mezzo al nulla, tentando di poter essere più forte. Lo spazio intorno a me mutava forma, assumeva forme e curve astratte muovendosi senza un filo logico mentre una depressione in mezzo al caos mi tirava giù, verso l'interno.

E sprofondai. Caddi nel vuoto atterrando sul cemento, senza nessun graffio o parti doloranti. Ero davanti casa mia, la porta socchiusa da cui si intravedeva uno spiraglio di luce. Mi avvicinai, ero già in piedi. Spinsi la porta lentamente permettendo a me stesso di entrare, c'era un'atmosfera cupa, familiare. Ogni mio passo si lasciava dietro un'impronta insanguinata.

Avanzai nel corridoio e la vidi: mia madre stesa a terra, gli occhi quasi del tutto aperti, le pupille spente e dilatate e il collo stretto da una morsa viola. Chiusi gli occhi e li strinsi forte deglutendo. Quando li riaprii vidi Ella al posto suo, nella stessa posizione, sgranai li occhi e feci un passo indietro. Dalle mani mi scivolò qualcosa, cadendo a terra fece rumore.

Una pistola giaceva ai miei piedi, rialzai lo sguardo ritrovandomi Ella a pochi centimetri dal mio viso, gli occhi senza vita e pieni di sangue mi fissavano con aria truce.

"Assassino."

"Cole!"

Sgranai di colpo gli occhi guardando Ella su di me. Uno sguardo spaventato le ricopriva il volto, le sue mani tremavano impercettibilmente sul mio petto. Col respiro pesante deglutii cercando di capire se quella fosse realmente la realtà, anche se guardare gli occhi di Ella, così chiari e limpidi, mi aveva già confermato tutto.

"Cole, apri le mani.." sussurrò.

Ripresi lentamente fiato e la guardai interrogativo, abbassai lo sguardo sulle mie mani e vidi due pugni stretti con forza. Non me ne ero neanche reso conto. Allentai la presa aprendo i palmi e vidi i segni delle mie stesse unghie ormai rossi per il sangue salito in superficie. Mi ero tagliato col mio stesso corpo e non provavo il benché minimo dolore.

"Io non.." mormorai confuso. Scossi la testa guardando le mani, non riuscivo a spiegare ad Ella quel gesto e a me stesso non riuscivo a spiegare quel sogno.

Ella mi prese entrambe le mani e le chiuse nelle sue, alzai lo sguardo su di lei senza capire come facesse a calmarmi così facilmente, con così poca semplicità.

Se ne stava li a guardarmi, con quegli occhi grandi e quelle lunghe ciocche bionde a contornarle il viso, mentre pensava a chissà cosa su di me. Sapevo che c'ero io nella sua testa, lo leggevo nel suo sguardo, speravo solo non fossero pensieri negativi. Ella era l'unica a credere che in me ci fosse qualcosa di buono, avevo bisogno che continuasse a pensarlo.

Le sue mani si spostarono dalle mie, si sedette sul cuscino e mi spinse a poggiare la testa sulle sue gambe. Rimasi confuso ignaro delle sue intenzioni, la guardai sorridere dal basso e tornai a pensare di star ancora sognando.

"Rilassati..ti aiuto a dormire."

Mi passò le dita sulle spalle con movimenti lenti e rilassanti, seguì i lineamenti delle clavicole e del collo per poi infilarle fra i miei capelli.

"Chiudi gli occhi." sussurrò.

Avrei voluto guardarla invece, continuare a interrogarmi sui suoi pensieri, ma sarei sembrato strano. Chiusi gli occhi e assecondai le sue parole, le sue dita erano come musica, lente e decise davano ai miei sensi quel che bastava per farmi rilassare del tutto.

Wings [Cole Sprouse]Where stories live. Discover now