07- Just another pit stop

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Capitolo Sette:

Paxton

Sono in camera di Ryan.

È martedì mattina, mezz'ora dopo l'alba.

Siamo tutti in riunione, in cerchio con le braccia incrociate, tranne Tyler che è sdraiato sul letto dietro di noi, e siamo qui per capire cosa farne di Bill the Killer, legato a una sedia, al centro della stanza.

Il camioncino dei gelati non era freddo abbastanza da surgelarlo, e quindi ancora respira. Per poco, credo.

Non vuole dirci come si chiama né chi sono i suoi capi: in poche parole è un tipo omertoso, uno di quelli che i Mackenzie farebbero finire dentro a un secchio dell'immondizia senza troppe cerimonie.

Ma con la polizia alle calcagna non è così semplice neanche per loro: non si può fare fuori qualcuno così a cuor leggero, almeno non per Ryan.

Siamo stati tutta la notte in salone, per pensare a cosa fare, e nessuno di noi ha dormito, tranne Tyler: almeno lui per qualche ora è riuscito a sonnecchiare, quel minimo sindacale per affrontare una giornata di scuola senza essere eccessivamente in coma.

«Allora», intimo per l'ennesima volta a Bill the Killer sforzandomi di fare il vocione, «Si può sapere per chi lavori tu? Ah, non parli, eh, grande figlio di puttana?»

«Paxton, è inutile che insisti, non può risponderti.», dice Ryan fulminandomi con un'occhiata, «Lo vedi che ha dello scotch sulla bocca?»

Mi gratto la testa. «Era per dire.»

«Togliamogli lo scotch», interviene Clayton, «E facciamolo parlare.»

«Uccidiamolo e basta», Killian si passa una mano tra i capelli, l'aspetto più pallido di quello di un cadavere, «Ci sta dando troppi problemi.»

«Noi non ammazzeremo nessuno», chiarisce Ryan, e scruta i suoi fratelli alla ricerca di adesioni. «Vi è chiaro?»

Ryan, dopo ieri sera, è molto irrequieto.

Ha infranto la promessa che ha fatto a se stesso tanti anni fa, ovvero che non avrebbe mai più partecipato a una gara d'auto clandestine in vita sua.

Ma l'evoluzione disastrosa di alcuni eventi lo ha messo alle strette.

«Non possiamo lasciarlo legato, Ryan», dice Clay sollevando le lunghe sopracciglia nere: lo sguardo intenso che cerca di captare il nervosismo di suo fratello, e domarlo.

Ryan si passa una mano sulla faccia, il respiro affannoso. «Lo so. Lo so

«E non può rimanere qui», aggiunge Killian, «Altrimenti va' a finire che Tyler per fargli compagnia ci gioca a briscola e ci perde altri soldi»

«Ei, bastardo, ti sento», replica Ty, semi sdraiato sul letto di Ryan, adagiato a pancia in aria sulla trapunta scozzese, le braccia dietro la nuca, i piedi sul cuscino su cui dorme il fratello e due occhi torvi.

Clay da' una gomitata a Killian. «E andiamo, stai zitto, che così gli dai pure i suggerimenti.»

Ryan si gira, lo sguardo che dardeggia di rimproveri. «Giù i piedi dal mio cuscino.»

Tyler, un po' affaticato si mette seduto, poi scruta il cuscino e lo solleva; dal materasso sfila una fotografia, e spalanca la bocca, con teatrale incredulità. «Oh-oh ma questa qui è Arya!?»

Ryan si butta sul fratello, e cominciano a lottare, le molle del materasso che cigolano, Tyler che tiene il braccio teso e sventola la fotografia lontano dal naso del fratello.

CRUELWhere stories live. Discover now