08-I'm lost and it kills me inside

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Capitolo otto:

Ore 21,00
Bea

L'interno del Lion's è poco illuminato, e ci sono delle luci vagamente viola; i banconi su cui servono da bere sono lunghissimi.

La musica è talmente alta che il suono dei bassi mi vibra nei polpacci.

Cassie e io stiamo appiccicate, e ci addentriamo nella folla. «Ricordati il regolamento stasera, lontane dai Mackenzie», le dico e lei annuisce.

Abbiamo ripassato la lezione un miliardo di volte prima di venire qui, ma con Cassie non si sa mai: dirlo una volta in più è sempre meglio.

«E soprattutto... Si beve per dimenticare, non per peggiorare la situazione, quindi spegni il telefono.»

«Cosa?! Ma perché?»

«Per evitarti la tentazione di fare sexting con il ragazzo riservato...»

«Ho già cancellato il suo numero. Non c'è bisogno che spenga il cellulare... E voglio tenerlo acceso, nel caso chiami Arya.»

I volti sono quelli di scuola, senza dubbio, e ci metto un po' prima di capire qual è l'attrazione principale della serata, ma poi riconosco Seth e Betsy, in piedi davanti a un tavolo di legno immenso, allestito con bicchieri di plastica rossi ricolmi di birra.

Beer pong?

«Bea, guardami», mi sussurra Cassie all'orecchio, «Secondo te questa gonna è troppo corta?»

Abbasso gli occhi sulla sua gonna di pelle nera, e noto con piacere che stasera ha osato: non sarà diventata all'improvviso eccentrica come Beyoncé, ma almeno non è vestita da Hello Kitty come al solito.

«Ci hai messo cent'anni a vestirti, non torneremo a casa solo per la tua gonna corta.», taglio corto.

«Oh mannaggia lo sapevo, quindi è troppo corta?»

«Cazzo, Cassie, non è troppo corta, sei una strafica: non comportarti come una monaca di clausura, per piacere.»

«Lo sapevo, dovevo mettermi il vestito lungo.»

«Senti, se non vai in giro così adesso, mi dici quando lo farai? Quando il culo ti si affloscerà?»

«E questo mascara che mi hai fatto mettere mi fa prudere gli occhi.»

«Non insultare il miglior mascara al mondo, o sarò costretta a rivalutare la nostra amicizia.»

«Ma...»

«No. Hai rotto.»

È stata sua madre a inculcarle questa cosa del pudore, con il risultato che adesso è insicura del suo corpo a livelli stratosferici.

Lei mi lancia un'occhiata un po' risentita.

«Mi sa che chiamo Roman e mi faccio venire a riprendere», dice sfilando dalla borsa il suo cellulare. «Non dovevo venire.»

«Ah, adesso si chiama Roman e non più "lo sfigato grassofobico"?»

Cassie mi ha raccontato tutto del loro primo incontro.

Un ricco pervertito che adesca ragazzine dentro un night club da ospitare nel suo mega villone a Manhattan, perché "si sente solo".

Non so, a me spaventa.

E sono preoccupata per lei.

Molto preoccupata.

Due volte che la vede, due volte che la invita a casa sua: ho capito l'altruismo, ma così sei più insistente di un rappresentante di aspirapolvere molesto.

CRUELWhere stories live. Discover now