Anonima

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«Eccomi, signore. Voleva parlarmi?», chiudo la porta alle mie spalle e punto gli occhi sul comandante Gus Barrett. Sta digitando qualcosa sul computer e non distoglie lo sguardo dallo schermo quando accenna un saluto: «Sei in ritardo, agente Kelley».

Drizzo la schiena e mi costringo a mantenere un'espressione seria in viso: «Mi ha chiamata solo venti minuti fa, signore. Non ero in servizio, signore. Casa mia dista esattamente diciannove minuti da questo edificio, signore», dunque non può rimproverarmi dato che non era nemmeno prevista la mia presenza qui, signore.

Mi osserva, gli occhi azzurri e duri come sempre. Vorrei fingere di non essere nel panico, ma ammetto di avere il cervello sulle montagne russe da quando mi ha chiamata per parlarmi urgentemente.
Dannazione. Cos'ho combinato questa volta?
Nella mente una marea di pensieri si scontrano tra loro e si aggrovigliano. Sono nel panico.

Ho rotto per la tredicesima volta la radiotrasmittente?
Ho dimenticato la pistola carica sulla scrivania?
Forse mi sta richiamando per aver dato un pugno al distributore di merendine? In mia discolpa posso dire che quella fottuta macchinetta è una ladra mangia soldi.
«Da quanto tempo lavori con noi, Althea?».

Oh, cavolo. È peggio di quanto pensassi. Mi ha chiamata per nome. Il mio vero nome e non uno sparato a caso in uno scarso tentativo di indovinare.
Forse mi sta licenziando. Anzi, sicuramente mi sta licenziando.

«Due anni, signore»
«Due anni sono abbastanza, non trovi?».
Ecco. Lo sapevo.
«Sto per essere licenziata?», azzardo.
Mi fa un sorrisino tirato: «Tutto il contrario»
«Bene. Sapevo che prima o poi sarebbe succe... Un attimo, cosa?», non nascondo lo stupore. Non ci provo nemmeno, accidenti! Tutto il contrario?

«Ho un incarico per te», dice. «Una cosa importante. Motivo per cui mi aspetto il massimo impegno da parte tua»
«Assolutamente, signore», trattengo un gridolino di eccitazione. «Di cosa si tratta?».
Si muove un po' sulla poltrona capitonné in pelle e poi afferra un fascicolo che lascia cadere sulla scrivania: «Devi indagare per noi»
«Una missione segreta di spionaggio? Mio Dio, aspetto questo momento da tutta la vita!»

«Agente Kelley!», mi fulmina con un'occhiata. «Non c'è nessuna missione segreta di spionaggio», borbotta infastidito.
Ah.
«Si tratta di un trasferimento», aggiunge.
Mi si secca la gola e la mia vista si offusca.
«Andrai a Boston», prosegue.
«Boston?»
«Proprio così. Lavorerai per il dipartimento contro la criminalità organizzata di Boston»

«Boston, Boston?»
«Boston, sì».
Impossibile. Sto immaginando tutto.
Sono così sconvolta da abbandonare qualsiasi tipo di compostezza e accasciarmi su una sedia abbandonata all'angolo della stanza: «Perché? Tutti i miei affetti sono qui a New York. Mia sorella è qui. I miei nipotini sono qui. Anche mia nonna è qui», vorrei proseguire, ma Gus mi interrompe.

«Sarai una dei nostri acchiappastorie. Sai cosa vuol dire?».
Sento solo grilli nella testa.
«No, signore»
«Vuol dire che hai il compito di monitorare la situazione e riuscire a cogliere più informazioni possibili riguardo tutto ciò che ti circonda. Devi sapere tutto di tutti e riferirlo a noi, sono stato chiaro? In quel dipartimento c'è qualcosa che non va e tu farai rapporto ogni settimana, scrivendo una relazione dettagliata su tutto ciò che succede. Ti daremo maggiori informazioni più avanti, non preoccuparti. Devi solo svolgere il tuo lavoro e prestare un po' di attenzione a ogni cosa. Ovviamente senza dare nell'occhio. Sii solo te stessa e nessuno ti noterà mai. Ti abbiamo scelta per questo, del resto»

«Non perché sono un'ottima osservatrice e una persona oggettiva, con uno spiccato senso critico e una grande attenzione per i dettagli?», ho voglia di piangere. Tutto questo è così umiliante.
«Certo che no», ridacchia. «Sei anonima. Ecco perché la scelta è ricaduta su di te. Sei perfetta!».
Vedendo la desolazione sul mio volto, si sente in dovere di continuare: «Insomma, chi sospetterebbe mai della nuova arrivata poco esperta ed imbranata?».

Ehi, questa ha fatto male.
Rigiro l'anello che porto al dito e tiro su col naso: «Nessuno, signore». Può andare peggio di così?
«Esatto», si alza e passa una mano tra i capelli brizzolati.
«Quindi non ho altra scelta?»
«C'è sempre una scelta, Althea. Puoi rinunciare all'incarico e cercarti un altro lavoro, ad esempio»

«Non voglio un altro lavoro», ringhio in preda alla rabbia.
«Bene. Allora ti consiglio di fare in fretta le valigie: parti domani».
Rimangio la domanda di prima.
Può sempre andare peggio di così.

CIAOOOOO 🎉🎉
Sembra strano anche a me, ma sono tornata 🤩🤩
Spero che questo piccolo inizio vi sia piaciuto e che mi farete compagnia in questa nuova avventura.
Avevo un po' paura di tornare dopo tutto questo tempo, ma mi mancavate troppo e quindi eccomi.
Vi voglio bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Un bacio grande.
Sara
❤️

NON SONO UNA SPIAWhere stories live. Discover now