Momento di gloria

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Sono sul divano, la maglietta del pigiama arrotolata sotto il seno, i capelli umidi e lo stomaco pieno di ghiaccio per i miei lividi. In tv stanno trasmettendo un programma culinario e ho appena smesso di parlare a telefono con mia sorella e mia nonna. Ho finto di essere piena di energie e felice, ma la verità è che mi sento uno straccio maltrattato.

Evan è andato via quasi un'ora fa. Ovviamente aveva del lavoro da svolgere e temo che ne avrà a lungo. Una parte egoista di me desiderava restasse a farmi compagnia, ma quel briciolo di professionalità che mi rimane mi fa capire a pieno la situazione.
Il suono del campanello mi fa sussultare e vengo colta da una tachicardia improvvisa. Chi è? Non aspettavo nessuno.
E se fosse Matthew?

Mi alzo a fatica dal divano e copro tutto il ghiaccio con una copertina. «Chi è?»
«Servizio a domicilio!».
Apro la porta e davanti a me c'è Rafael, poggiato con un braccio allo stipite della porta. Nell'altra mano tiene un sacchetto di carta che emana uno squisito profumo di cibo.
«Spero ti piaccia la salsa piccante. È in tutti gli hamburger che ho preso».

Corrugo la fronte e mi scanso per lasciarlo passare. Parlo solo quando la porta è chiusa: «Che ci fai qui?»
«Qualcuno mi ha detto che le hai prese», abbandona il cibo sul tavolo e sorride mentre si toglie la giacca.
Boccheggio: «Ehi! Le ha prese anche lui, okay?»
«Oh, certo», usa un tono sarcastico. Non mi crede.
«Sei venuto qui per innervosirmi? Ho una pistola», mi avvicino al tavolo e prendo una patatina.

«Ne ho una anch'io», ribatte. «E, per la cronaca, sono qui perché il capo supremo me lo ha ordinato. Cibo incluso. Starò qui a vegliare su di te come un angioletto per tutta la notte», si siede e comincia a rigirare il suo hamburger tra le mani. Vede che io sono paralizzata, quindi si ferma: «Che c'è?»
«Perché ti avrebbe chiesto di farlo? Sto bene», e prendo piano posto sulla sedia.

«Mi sembra di essere bloccato in un film in slow motion»
«Vattene. Subito», non riesco ad essere seria però.
Quest'uomo mi sta troppo simpatico per odiarlo veramente.
Ora la sua espressione si fa seria: «Come stai? Non hai passato una bella serata»
«Tutto sommato sto bene», mordicchio un'altra patatina. «Poteva andare peggio».
Per un attimo risento le dita di Dann attorno al collo e mi manca l'aria.

Rafael sembra leggermi nel pensiero: «Brutto trauma lo strangolamento»
«Nessun trauma»
«Smetti di fingere con me. Mi innervosisce», mi lancia addosso una patatina e spalanco la bocca a causa dello shock. Lo ha fatto davvero?
«Mi chiedo come abbia fatto Evan a tollerarti fino ad ora»
«Se lo chiede anche lui», mastica con calma e ingoia il boccone. «Mangia o mi ucciderà. Vuoi avermi sulla coscienza?»
«Forse», assottiglio gli occhi e lo sfido con lo sguardo, poi mi concedo un morso del mio hamburger. Il boccone brucia quando scivola lungo la gola.

«Fa male?»
«Un po'»
«Ti passerà tra qualche giorno. Anche Evan è stato quasi strangolato, una volta».
Ah.
Rimango in silenzio per qualche istante e approfitto dell'assenza del capo dipartimento per fare delle domande: «Siete amici da tanto tempo?»
«Praticamente dalla nascita»
«Per quale dipartimento lavori?».

La mia domanda fa irrigidire i muscoli delle sue spalle e impiega qualche istante di troppo per rispondere: «Non faccio parte di nessun dipartimento, Althea. E ora finisci la tua cena e non fare la detective con me»
«Non volevo farti arrabbiare»
«Non sono arrabbiato»
«Sembra di sì»
«Scusa», alza le mani in segno di resa. «Io sono stato sgarbato e tu hai avuto davvero una giornataccia», mi porge la mano unta in segno di pace e scoppio a ridere.

«Non stringerò la tua mano lurida»
«Sei proprio una stronza»
«Però mi vuoi bene. Ammettilo»
«Scherzi? Ti odio. Ho rinunciato ad una ballerina di rumba per essere qui con te».
Questa volta la patatina sono io a lanciarla.

NON SONO UNA SPIAWhere stories live. Discover now