Sono fottuta

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Alle sei in punto sono in piedi nel salotto di casa mia. Continuo a camminare avanti e indietro, torturandomi le mani e le labbra per via dell'agitazione. Perché ho accettato?
In cosa mi sto cacciando?
Dove andremo?

E perché non posso essere una persona normale che non si fa prendere dal panico? Sospiro e mi lascio cadere sul divano, le dita picchiettano sui jeans chiari che ho scelto di indossare insieme a un maglione bianco. Evan non mi ha dato indicazioni sull'abbigliamento, quindi... Dovrei cambiarmi? Mettere un vestitino? No. Presumo che mi serva qualcosa di comodo per fare questa cosa. Ma cosa?

Torno in piedi e continuo a torturarmi fino a quando Evan non bussa alla porta. Oddio. Eccoci.
Sono pronta.
No, non lo sono, ma faccio finta di esserlo.
Davanti a me, come un'illusione che si materializza direttamente dalla luna, con i capelli neri perfettamente in ordine e la notte scintillante negli occhi, Evan mi guarda con un sorriso divertito. Sembra un ghepardo che ha voglia di giocare con la preda. Con me. Col mio cuore impazzito. È come se fosse curioso di vedere fino a che punto posso spingermi.
Vestito con uno smoking impeccabile, il tessuto aderisce alle curve del suo corpo atletico con eleganza e raffinatezza.

«Ciao», mi saluta.
«Signor Royden», mi scanso per farlo passare e lancio un'occhiata allo scatolone bianco che ha tra le mani. Si muove con consapevolezza fino al tavolo della cucina e con un cenno del capo mi invita ad avvicinarmi a lui e al suo profumo dolce.
Apre la scatola, rivelando un abito mozzafiato. Il tessuto è di un blu notte intenso, morbido come la seta.
Me lo porge ignorando la mia espressione sconvolta: «Indossalo e andiamo»
«Devo indossarlo?».

Corruga la fronte: «Non ti piace?», domanda con voce calma.
Le mie guance si colorano di rosso: «No, no», balbetto. «Anzi, è bellissimo. Solo... Dove stiamo andando? Cosa devo fare?». E perché mi fissi in modo così intenso quando mi parli?
«Stiamo andando a teatro», spiega. «Tu non devi far altro che goderti lo spettacolo».
Ah.

Sto per fare un sospiro di sollievo quando aggiunge: «E, se possibile, fare amicizia con la donna che sarà seduta al tuo fianco. Senza essere invadente»
«Devo fare amicizia?», mi tremano un po' le mani. «Signor Royden, non sono una persona molto socievole. Non credo di essere la persona giusta. E non so se...»
«Sarai perfetta», dice. La mia bocca non è più in grado di parlare davanti alla sua espressione sicura. «Sii solo te stessa».

Annuisco e muovo qualche passo all'indietro, nella testa il caos e tra le mani l'abito più bello del mondo.
«Lei sarà tutto il tempo con me, signor Royden?», mi sento tremendamente in imbarazzo, ma dovevo chiederlo.
«Ti raggiungerò appena posso», dice solo. «Adesso cambiati. Non abbiamo molto tempo».
E ora mi sento peggio di prima.

L'abito è della mia misura. Sembra essermi stato cucito addosso. Non voglio sapere come abbia fatto Evan ad indovinare la taglia con così tanta accuratezza.
Ho legato i capelli neri in uno chignon ordinato e abbinato degli orecchini azzurri a forma di goccia. Mi guardo allo specchio ancora e ancora, cercando di non pensare a tutte le mie insicurezze. Andrà tutto bene, mi dico. Andrà tutto benissimo.
Mi abbasso per infilare le décolleté ai piedi e respiro a fondo per poi uscire dalla stanza e raggiungere Evan.

Lo trovo intento ad osservarmi e il mio cuore perde un battito. Il suo sguardo mi fa sentire nuda ed esposta, nonostante l'abito lungo non sia per niente scollato o aderente. Inclina la testa su un lato con fare pensieroso.
«Qualcosa non va?», sento a malapena la mia voce.
Smetti di guardarmi.
«No», dice. «Andiamo?». Apre la porta e la tiene aperta. Non mi lascia molto spazio per passare e, uscendo dall'appartamento, il mio braccio sfiora il suo corpo.

Mi tremano le gambe.
Il mio panico cresce a dismisura quando ci ritroviamo nel suo fuoristrada che sembra fin troppo piccolo e silenzioso.
Non capisco se la mia agitazione sia dovuta alla missione che dovrò affrontare tra poco o alla vicinanza del signor Royden.
È lui a spezzare il silenzio: «Presentati con il tuo secondo nome», suggerisce. «Darlene. Così sarà facile per te ricordarlo»
«Va bene»
«Non dire troppe bugie. Rischi di confonderti»
«Prima devo riuscire ad attaccare bottone», borbotto.

«Si tratta di una donna molto amichevole, non preoccuparti. Le piacerai»
«La conosce, signor Royden?»
«Non di persona», mormora. «Ma so molto sul suo conto»
«È una criminale?»
«Lo scopriremo», allunga il braccio verso le mie gambe e mi irrigidisco quando mi sfiora il ginocchio mentre apre il cruscotto. Sono in apnea.

Prende un piccolo aggeggio metallico e me lo porge: «Mettilo nella borsa. Ti troverò se dovessi perderti di vista»
«Spero non succeda», ammetto. Ho paura di affrontare qualsiasi cosa senza la sua supervisione. E se quella donna scoprisse la mia vera identità? E se cercasse di uccidermi? Chi sto per incontrare?
«Non accadrà», mi rassicura. «Non c'è motivo di preoccuparsi, Darlene. Ti assicuro che sarò al tuo fianco anche quando non mi vedrai».

Annuisco, ma forse la faccia mi tradisce e mostra le mie emozioni.
«Althea», Evan pronuncia il mio nome con tono serio. «Andrà bene, okay?»
«Sì, signor Royden»
«Evan», mormora. «Stasera devi chiamarmi Evan»
«Va bene».
Trattengo l'ansia dentro il cuore e non parlo finché non arriviamo a teatro.

Fuori dall'auto, Evan mi offre il braccio. Esitante, stringo con le dita il tessuto morbido della sua giacca. Il suo corpo mi distrae più di quanto dovrebbe: caldo, solido e molto più vicino del dovuto. Per distrarmi immagino di essere altrove. Da sola.
Di certo non qui con lui. La sua presenza però è difficile da ignorare. È una calamita per gli sguardi di tutte le persone che incrocia. Non è un uomo che passa inosservato.
Provo a deviare i pensieri.
È il capo dipartimento.
Non si può fare.
Non si deve neanche pensare.

Le porte del teatro si aprono, rivelando un atrio ornato da lampadari scintillanti e tappeti lussuosi che ricoprono le ampie scalinate che conducono alle sale. La luce soffusa, il profumo di fiori e il fruscio dei vestiti creano un'atmosfera di elegante raffinatezza.
«Da questa parte», Evan preme una mano sulla mia schiena per guidarmi verso la scala alla mia destra. Mi irrigidisco all'istante e lui se ne accorge, quindi interrompe il contatto per poi tornare ad offrirmi il braccio. Mi impongo di non fissarlo, di proseguire al suo fianco senza badare al suo bagliore, ma non riesco a staccargli gli occhi di dosso e quasi inciampo sui gradini. Mi stringe più forte per evitarmi una caduta e una sensazione di calore mi invade il petto e le guance.

«Attenta», sussurra, le sue labbra sfiorano la carne sotto il mio orecchio. «L'autodistruzione non è contemplata».
Messaggio ricevuto.
Presterò più attenzione a dove metto i piedi.
Procediamo verso le poltrone a noi riservate e lo stomaco mi si contorce non appena mi accorgo della donna che è già seduta accanto a quello che sarà il mio posto. È avvolta in un abito da sera color ambra e un filo di perle incornicia il suo collo candido. I capelli biondi, morbidi e fluenti, cadono come cascate alle sue spalle. Gli occhi verdi, invece, brillano intensamente sotto le luci soffuse del teatro. Mi rivolge un sorriso mentre prendo posto ed io ricambio cercando di non apparire goffa e imbarazzata.

Evan si siede accanto a me, lo sguardo rivolto altrove. Non so cosa stia guardando, ma di certo gli interessa qualcosa che si trova dall'altro lato della sala. Sembra immerso in chissà quali pensieri, ma mi stupisce dimostrando invece di non essersi dimenticato della mia esistenza. Anzi.

Allunga la mano sulla mia e le mie dita iniziano a formicolare. Mi sta tenendo la mano. Evan Royden mi sta tenendo la mano. Mi sento rigida come un tronco, quindi Evan sorride malizioso e mi lascia delle leggere carezze sul dorso con dei movimenti circolari del pollice.
Voglio svenire.
Mi sta uccidendo.

La situazione peggiora quando mi sfiora le nocche con un bacio. Le sue labbra morbide e calde mi procurano un brivido che percorre tutto il braccio mentre lui parla sulla mia pelle: «Torno tra poco», si alza e quasi mi viene un mancamento nel momento in cui si china per lasciarmi un lento e quasi scandaloso bacio tra la spalla e il collo. «Desideri qualcosa da bere?»
«N-no», gracchio. Non riconosco nemmeno la mia voce.

«Goditi lo spettacolo, allora», ancora un bacio sul collo, ma veloce e sfuggente. Poi se ne va, lasciandomi sola e in preda al panico più totale.
Sono fottuta.
E vorrei assaporare tanto le labbra di Evan Royden.

Eccociiii!
Come state?
Scusate l'attesa, ma meglio tardi che mai. Giusto? 😂
Ma tranquilli, il nuovo capitolo è già in stesura. 😈
Che vi aspettate da questi due? Cosa accadrà?
E che ha in mente il signor Evan Royden?
Althea riuscirà ad uscirne viva?
Vedremo 😌😌
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso per eventuali errori o ripetizioni.
Un bacio grande e a presto ♥️

NON SONO UNA SPIAWhere stories live. Discover now