Il giardino segreto

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Il giardino segreto è uno dei locali più belli mai visti in tutta la mia vita. Appena io ed Evan varchiamo la porta d'ingresso mi sento catapultata in un mondo incantato nascosto dentro a delle mura. L'atmosfera è magica, con lampadari di cristallo che diffondono bagliori tenui sulle pareti rivestite di velluto verde scuro. Piante esotiche e fiori dai colori vivaci sono disposti con cura in ogni angolo e i tavolini sono ricoperti da tovaglie scure su cui risaltano petali di rose rosse e candeline.
Adoro tutto. Davvero, sono estasiata.

È come se il mondo fuori finisse di esistere per fare spazio a un luogo meraviglioso. Mi perdo in mezzo alla musica jazz di sottofondo e al chiacchiericcio della gente e quasi mi scordo di Evan che mi sovrasta con la sua altezza. Mi preme una mano contro la schiena che mi trascina con prepotenza alla realtà: «A destra», indica un angolo della sala dove intravedo Cristina e i miei colleghi. Evan smette di toccarmi, ma ho ancora la pelle d'oca. Ma cosa accidenti mi prende? Perché il mio corpo deve reagire così ad ogni stupido ed insignificante contatto fisico?

Lo seguo in mezzo alle persone e sorrido a Cristina quando arriviamo al tavolo. I suoi occhi saettano da me a Evan più volte prima di abbracciarmi e ringraziare per la mia presenza. Mi guardo intorno e mi fiondo sulla sedia libera accanto a Colin. È la persona più gentile dell'intero dipartimento.
«Sono felice di vederti», gli dico e lui sorride, gli occhi marroni luminosi e allegri come sempre.
«Anch'io. Sei molto bella senza... uhm, ecco, sì, senza la divisa e tutto il resto. Beh, non che tu sia brutta di solito, ma ecco, sì, stai bene. Ti dona il nero», le sue guance si colorano di imbarazzo mentre io non riesco a trattenere una risata.

Mi libero del blazer e lo appoggio allo schienale della sedia. Intanto Evan viene salutato da tutti con rispetto e mi fa sollevare l'angolo delle labbra notare che anche fuori dalla centrale emana sicurezza e autorità. È una figura magnetica, il tipo di persona che cattura l'attenzione di tutti con l'unico uso della sua presenza riservata e silenziosa.
Sposto lo sguardo sui tavolini per non farmi beccare durante la perlustrazione del suo corpo statuario, ma poi come attratti da una calamita i miei occhi si fiondano ancora su di lui.

Mi aspetto che prenda posto insieme a noi, ma invece ci augura una buona serata e si allontana dal resto del gruppo. Una sensazione di disagio mi attanaglia mentre lo vedo sparire dietro ad una porta vicino al bancone del bar. Sono forse delusa?
Volevo passare il resto della serata con lui a meno di un metro da me?
Scaccio via l'angoscia e mi concentro sulle chiacchiere dei miei colleghi; spingo il viso di Evan Royden lontano dai miei pensieri. O forse almeno ci provo.

La verità è che continuo a fissare la porta dalla quale non è più uscito. Sto bevendo, mangiando, sto ridendo anche, ma continuo a tornare lì con lo sguardo.
È forse andato via e non me ne sono accorta?
Una piccola, piccolissima parte di me immagina di vederlo arrivare nuovamente per passare il resto della serata con noi, però i minuti passano e di Evan non c'è traccia.

Mando giù l'ennesimo calice di vino bianco e mi alzo, pronta per varcare quella stupida porta. Insomma, cosa accidenti si nasconde qui dietro?
«Arrivo subito», sorpasso Colin e mi muovo tra la gente fino ad arrivare alla porta incriminata.
Cosa sto facendo?
Che me ne frega di Evan?
Perché voglio vederlo?
Dovrei tornare indietro e non andare a cercarlo, ma il vino mi aiuta a mandare via i pensieri negativi e apro la porta senza tanti giri di parole.

Se prima ero stupita dalla bellezza di questo posto, adesso lo sono ancora di più: vengo travolta da un'esplosione di colori e profumi. Un enorme giardino all'aperto si trova proprio davanti a me con delle lanterne scintillanti sospese sugli alberi ad indicare il tragitto. Sono circondata da folti cespugli e fiori, tra cui rose, tulipani, lavanda. Alberi secolari con rami alti si stagliano verso il cielo stellato, offrendomi uno spettacolo mai visto prima. Tavoli di legno sono disposti tra le aiuole fiorite mentre gli ospiti si rilassano su delle poltroncine di velluto colorate. Mi muovo con lentezza, estasiata da ogni cosa che mi circonda. Al centro del giardino una fontana contribuisce a dare un tocco in più all'atmosfera rilassante. Potrei sdraiarmi sotto ad un albero e vivere qui per sempre.

Su un piccolo palchetto suona una band dal vivo e la musica si mescola alle chiacchiere e i sorrisi. E c'è anche un ottimo odore di cibo nell'aria!
Sono talmente assorta da dimenticare il vero motivo per cui sono venuta qui: Evan.
Mi batto una mano sulla fronte e assottiglio gli occhi, scrutando ogni persona tra la folla. Concentrati, Althea.
Devi cercare il signor Royden.

I miei tacchi affondano nel terriccio, ma mi muovo quasi con disinvoltura. Faccio lo slalom tra la gente e rubo un calice di vino dal vassoio di un cameriere. Lo sorseggio mentre cerco il capo del dipartimento.
Non c'è.
Non lo trovo da nessuna parte.
«Cerchi qualcuno?», voce calda, ruvida, sensuale.
È lui a trovare me.

Mi giro di scatto e delle gocce di vino fuoriescono dal calice e mi bagnano le dita. Davanti a me, con uno sguardo penetrante e un sorriso enigmatico, c'è Evan Royden. I suoi occhi non si lasciano sfuggire nemmeno per un istante i miei, come se volesse vedere cosa si nasconde oltre le mie iridi.
«Nessuno in particolare, signore», mi fingo disinvolta. «Volevo solo dare un'occhiata a questo posto».

Le sue labbra si inarcano verso l'alto ancora di più. Si diverte. Ha capito che sto mentendo.
Lui lo sa.
Sa che ho fissato una stupida porta per più di un'ora in attesa di vederlo tornare.
Sa che sono qui per lui.
E sa che mi odio per essere venuta qui.

«Buon proseguimento, allora», mi saluta premendomi leggermente una mano sulla spalla per poi sorpassarmi senza degnarmi di un ulteriore sguardo.
Seguo le sue spalle che si allontanano e deglutisco. Vorrei essere una farfalla per guardare ogni suo movimento.
Ma purtroppo sono solo Althea Kelley ed è meglio tornare alla festa.
A proposito di festa... «Perché non ci raggiunge al tavolo?», faccio uno scatto in avanti e gli afferro il braccio per bloccarlo.

Interrompo subito il contatto perché fulmina le mie dita con uno sguardo talmente terribile da farmi temere una amputazione imminente.
A Evan Royden non piace essere toccato. Okay.
Ricevuto.
Che paura, mamma mia.
Sta per rispondere, ma qualcosa alle mie spalle attira la sua attenzione. Si avvicina al mio orecchio e sussurra: «Torna dentro». Il suo tono è così serio che non ho dubbi su ciò che devo fare: indietreggio di un passo, ma vado a sbattere contro il torso di un uomo che non ha tutta l'aria di essere una persona gentile, anzi. Blocca la mia caduta afferrandomi le braccia e mi rivolge una smorfia ambigua tra sorriso e rabbia. Ha il volto ricoperto di tatuaggi, così come le mani grandi e callose.

«Hai fretta, signorina?», ha la voce roca, graffiante. Brutta.
Gli occhi scuri perlustrano sfacciatamente il mio corpo e indugiano sullo strato scoperto di pelle all'altezza dell'ombelico per poi passare al petto. Ma che schifo.
«Sì», confermo e lo supero, ma un altro uomo mi si para davanti mentre sorride in modo inquietante. Non hanno un bell'aspetto. Hanno tutta l'aria di essere dei malviventi. Le loro facce sono in totale disarmonia con il resto delle persone presenti in questo posto. «Siete in ritardo», la voce di Evan mi fa sbarrare gli occhi. Stava aspettando queste persone?

Gli lancio un'occhiata confusa, ma lui non mi guarda.
«Thomas aveva voglia di trovarsi una ragazza», l'uomo più alto e grosso si stringe nelle spalle facendo un cenno del capo verso il suo amico, alto e più esile. «Ma non c'è riuscito», lo prende in giro.
Thomas alza gli occhi al cielo e torna a guardarmi. «Lei è con te?», si rivolge a Evan, come se io non esistessi.
Ho già detto la parola schifo?

Il capo del dipartimento ignora la sua domanda e inizia a camminare tra la gente: «Seguitemi», è un ordine che i due non si fanno ripetere due volte. Solo Thomas indugia qualche attimo di troppo a fissare la mia faccia, come se volesse imprimerla nella mente. Io non abbasso lo sguardo e premedito di tirargli un calcio tra le gambe, però Evan torna indietro e interrompe i miei piani: «Cammina e guarda dritto», sibila.
«Allora lei è con te», Thomas sembra molto stupito, come se non avesse mai visto Evan con qualcuno.

«Cammina e guarda dritto», ripete in risposta, poi mi paralizzo a causa di un suo gesto inaspettato: mi lascia un lento e leggero bacio sulla fronte, come una benedizione. Le sue labbra calde a contatto con la mia pelle mi fanno riscaldare perfino il cervello e il mio cuore impazzisce, come se fosse terrorizzato a morte. «Aspettami qui», mi dice, poi sparisce in mezzo alla folla.
Thomas non mi guarda più.

Salveeee ❤️❤️❤️
Sono tornata super veloce con la prima parte della nostra festa.
E vedrete la seconda 🤐🤩😂
Datemi tutti i vostri pareri.
Voglio sentire i vostri pensieri su ciò che è successo❤️
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Un bacio e grazie per l'affetto ❤️

NON SONO UNA SPIAWhere stories live. Discover now