Arrabbiati

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Posso dire che la mia vita sta cominciando a prendere una piega inaspettata?
Sì. Lo dico.
Perché mai e poi mai mi sarei aspettata di finire a Boston, con un nuovo lavoro e a casa del capo dipartimento più stronzo e bello del pianeta. Dovrei ringraziare il comandante Barrett? O maledirlo? Sono seduta su una sedia, i gomiti poggiati sul tavolo e gli occhi fissi sull'enorme fascicolo di Matthew Walsh.

Alla mia destra Evan sta leggendo dei documenti mentre alla mia sinistra Rafael mangia delle verdure frullate, emettendo dei lamenti per via del dolore. Ha la faccia ancora gonfia e piena di lividi e si muove come un bradipo in letargo.
«Quindi», dice. «Perché siete qui?».
Evan inarca un sopracciglio: «Perché è casa mia?».

L'espressione confusa di Rafael mi fa venire voglia di ridere, ma mi trattengo e fingo di non esistere.
«Hai detto tu che potevo rimanere qui», borbotta, il cucchiaio sospeso in aria.
«Finché non ti saresti ripreso»
«Ti sembra che io mi sia ripreso?», chiede, offeso.
«Penso di sì, vista tutta questa energia di parlare e fare domande».

Rafael risponde mostrandogli il dito medio mentre Evan scuote la testa e torna al suo lavoro.
«Sei un agente anche tu?», questa volta sono io a non riuscire a trattenere la curiosità. Evan sbuffa, scocciato dalle nostre chiacchiere. Nemmeno lui riesce a concentrarsi.
«Posso essere tutto quello che desideri», ribatte subito, avvicinando un po' la sua sedia alla mia. «Anche un compagno di avventure, se vuoi». La sua risposta inaspettata mi mette in imbarazzo e le guance non impiegano molto prima di colorarsi di rosso. Odio le emozioni che mi tingono la faccia. Traditrici.

«Non so se sarebbe in grado di gestire l'intensità delle tue avventure, considerando poi come vanno a finire», Evan fa un cenno in direzione dei lividi che gli incorniciano il corpo e Rafael alza gli occhi al cielo, tornando al suo posto.
«Non mi avete risposto, comunque», Rafael torna a parlare, ignorando il modo in cui il capo dipartimento lo sta soffocando con solo l'uso dello sguardo. «Che state facendo qui?»

«Matthew l'ha contattata», lo informa Evan, serio come se avesse appena annunciato la morte di qualcuno. Il suo tono grave mi fa rabbrividire. L'aria nella stanza sembra farsi più pesante e anche Rafael cambia espressione, cancellandosi dalla faccia il sorriso giocoso.
«Matthew?», mi lancia un'occhiata veloce. «Matthew Walsh?»
«Proprio lui», è Evan a rispondere.

Le mie gambe tornano a tremare. Sono terrorizzata. Davvero. Continuo a chiedermi in cosa mi sto cacciando. Dalle loro facce capisco che si tratta di qualcosa di pericoloso. Molto pericoloso.
«Cazzo», Rafael trattiene il fiato. «È perfetto»
«È rischioso»
«Rischioso è dir poco», farfuglia. «Ma... È perfetto. Cerchiamo un'occasione del genere da troppo tempo».
«Possiamo avvicinarci a lui con modalità alternative», Evan non ha ancora preso una decisione sul Piano C.

«E per quale motivo? Ci ha servito l'ingresso nella sua vita su un piatto d'argento»
«Perché è troppo rischioso», sibila, sferrandomi uno sguardo veloce.
«Tutti gli agenti sotto copertura corrono dei rischi», Rafael è serio quando parla.
«Althea non l'ha mai fatto»
«C'è sempre una prima volta»
«Non è come provare un nuovo gusto di gelato, Rafael», Evan si spazientisce, le vene del suo collo diventano più evidenti. Apre nervosamente il fascicolo di Matthew e sembra arrabbiarsi sempre di più ad ogni pagina che sfoglia.

«Vale la pena rischiare», Rafael si alza, irato. Non capisco perché si stanno arrabbiando tanto. Mi sento di troppo.
«Se vale la pena rischiare sarà solo Althea a dirlo»
«Non vuoi farlo?», Rafael pone direttamente a me la domanda.
«Voglio farlo», confermo. Anche se dentro di me il cuore sta per esplodere di paura.
«Vedi? Vuole farlo!»
«Non ha idea di quello che dovrà affrontare!», stanno urlando.
«Posso farlo», mi alzo anch'io. Evan chiude gli occhi e si massaggia le tempie con le dita. Gli abbiamo procurato un bel mal di testa. Sospira una volta, due.

NON SONO UNA SPIAHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin