Tempo scaduto

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Nascosta tra le fondamenta di questa casa stregata, osservo il Luna Park diventare l'arena di un caos orchestrato da Evan Royden. Decine e decine di agenti si muovono veloci tra le luci sfavillanti e le voci delle persone. Qualcuno prova a scappare invano mentre altri rimangono immobili e confusi a fissare l'azione di polizia più compatta e organizzata che io abbia mai visto. Gli uomini e le donne che stanno emergendo dall'ombra con una serie di arresti mirati non sono i miei colleghi, ma Evan Royden è l'artefice di tutto questo.

È sparito nel nulla. Si è come volatilizzato in mezzo alle fiamme dell'inferno, lasciandomi qui da sola e confusa. Non lo vedo, ma so che è lì da qualche parte ad ammirare il frutto del suo lavoro. Un vortice di pensieri confusi mi turba la mente e l'incredulità si mescola lentamente con la rabbia. Perché sono stata esclusa da tutto questo? Perché Evan mi ha portata con sé? Il mio sguardo si posa sugli agenti sconosciuti, estranei alla mia squadra, che si muovono con una precisione che mi sfugge. Cosa nasconde Evan Royden? Chi erano gli uomini di prima? Perché non ha coinvolto i miei colleghi?

Vedo l'azione svolgersi e mi pare di assistere ad una festa a cui non sono stata invitata. È come se fossi arrivata qui per caso. La mia presenza non era prevista. È palese. Cerco di trovare una risposta alle mie domande, ma resto intrappolata tra l'incomprensione e la necessità di continuare ad osservare.

In mezzo alla folla non trovo Evan, ma probabilmente è da qualche parte a scrutare ogni dettaglio con aria strafottente e vittoriosa. E se invece fosse in pericolo? Una brezza fredda mi accarezza le spalle e le mie tempie iniziano a pulsare di paura. Perché io mi stia agitando tanto, ad essere onesta, non mi è chiaro. Mi torturo le labbra per un'infinità di tempo, mordicchiandole in ansia mentre fuori dalla casa stregata uomini e donne vengono ammanettati e portati via. Il Luna Park si va a poco a poco svuotando e ne approfitto per far guizzare i miei occhi da persona a persona, finché la vibrazione del mio cellulare non interrompe la mia ricerca. Impreco a bassa voce mentre apro la borsetta e la mia mano vaga tra il rossetto e le chiavi per poi giungere allo smartphone. Un numero che non è presente nella rubrica mi sta chiamando. Alle tre del mattino.

Rispondo a bassa voce, confusa e leggermente impaurita: «Pronto?»
«Esci da lì e torna alla moto». Evan Royden. «Un mio amico ti accompagnerà a casa».
Sentire la sua voce fuoriuscire dall'altoparlante mi scombussola e non poco, motivo per cui mi scordo perfino di parlare.
«Mi hai sentito?»
«Non... Non capisco. Che succede?»
«Fa come ti ho detto e torna a casa», poi riattacca. Tipico. Evan Royden, come da manuale, non è il tipo di persona che perde tempo nei saluti prima di chiudere una telefonata. Lo odio.

Mio malgrado mi ritrovo a fare davvero come mi dice. Raggiungo il parcheggio e ad aspettarmi c'è un giovane uomo dal volto pieno di tatuaggi, ma fin troppo familiare. Mi rivolge un accenno di sorriso e mi porge il casco che solo qualche ora fa Evan Royden mi ha tolto con inaspettata gentilezza.
«Andiamo?»
«Ti ho già visto da qualche parte», penso ad alta voce e lui sorride ancora. «Anch'io», ribatte. Poi conclude il discorso avviando la moto e ignorandomi per il resto del tempo. Io intanto scruto il mio archivio mentale alla ricerca di un collegamento.

Un bar? Per strada? In pizzeria? Continuo a scavare nella memoria, cercando di fare chiarezza. Lui, intanto, guida con estrema calma, regalandomi un viaggio decisamente più rilassante di quello avuto prima.
Capisco finalmente dove l'ho già incontrato solo quando si ferma davanti al mio condominio: «Tu mi hai aiutata ad entrare alla festa», sussurro. «Quando mi sono travestita da cameriera. Sei stato tu a farmi entrare».
I suoi occhi dal colore del ghiaccio brillano di divertimento: «Felice di averti aiutata anche stavolta», poi se ne va, lasciandomi sola e confusa.
Rientro nel mio appartamento con solo una domanda nella testa: cosa diavolo è successo?

Quando il lunedì mattina torno a lavoro sono colma di energia e pronta a fare delle domande al capo del dipartimento. Ho anche appuntato l'intero questionario sulle note del mio cellulare per non tralasciare alcun dubbio.
Purtroppo l'interrogatorio dovrà aspettare la fine del corso di formazione di difesa a mani nude. L'istruttore ci sta parlando di strategie per liberarsi da afferramenti e prese avversarie, ma io non sto ascoltando una parola. Sono troppo concentrata su ciò che devo fare una volta fuori di qui. Non ho ancora visto Evan, ma mi auguro di incontrarlo il prima possibile. Ho troppe cose da chiedergli. So che non risponderà a nessuna delle mie domande, ma tentar non nuoce. Giusto?
«Althea e Colin. Iniziate voi», la voce dell'istruttore mi riporta con violenza alla terra ferma.
Cavolo.

Mezzora dopo sono nello spogliatoio femminile, vittoriosa e un po' euforica. Sono riuscita a liberarmi dalla presa di Colin per ben tre volte. Okay, forse non si è impegnato tantissimo nel tenermi ferma e immobile. E, forse, non ha nemmeno tentato di stringermi con un briciolo di forza. Ma, ehi, non mi sono sentita umiliata. Tiro su la zip della mia felpa azzurra e sistemo i capelli in una coda ordinata prima di uscire dalla stanza e bloccarmi davanti alla porta dello spogliatoio maschile. Sento la voce di Evan Royden che discute con gli agenti di qualcosa. Ruoto gli occhi al cielo nel comprendere che sta impartendo ordini. Come sempre. È nato per fare questo. Rimango immobile fino a quando il capo dipartimento non esce dallo spogliatoio e si imbatte su di me. Ecco. Siamo faccia a faccia.

La mia presenza pare coglierlo di sorpresa perché si blocca un istante a fissarmi prima di oltrepassare il mio corpo e fingere di non avermi mai vista.
«Signor Royden», lo chiamo e finalmente mi degna di un minimo di attenzione. Si gira a guardarmi, il viso serio e sempre marchiato da una spietata bellezza. Le labbra rosse sono inarcate in un sogghigno tagliente e per un istante, ma solo un istante, io mi pento di aver chiamato il suo nome. Non mi sembra di buon umore. «Avrei bisogno di parlarle», dico.

Muove un passo verso di me e all'improvviso sento lo stomaco pieno di qualcosa. Qualcosa di spaventoso che mi suggerisce di fuggire a gambe levate, ma non riesco a smettere di fissarlo.
«Non ho molto tempo, agente Kelley», lancia un'occhiata distratta all'orologio, poi i suoi occhi scuri si spostano sulle mie scarpe da ginnastica per risalire con lentezza fino alla mia faccia arrossata. Piega la testa da un lato, continuando a studiare il mio volto con la fronte aggrottata. «Allora?»
«Avrei delle domande, signore».
Controlla nuovamente il suo orologio: «Tempo scaduto», annuncia per poi iniziare ad allontanarsi.
Ma cosa?

«Signor Royden», cammino veloce per affiancarlo. «È importante»
«So già cosa vuoi chiedermi», dice.
«Gradirei solo dei chiarimenti». Gli agenti che ci vedono fianco a fianco in corridoio non si sforzano nemmeno di far finta di non guardarci. Ci stiamo muovendo verso l'uscita della centrale.
Non mi risponde, dunque continuo: «Perché non ha coinvolto il suo team nell'operazione al Luna Park?», Adesso si gira di scatto solo per fulminarmi con lo sguardo. Fuori dalla centrale un vento freddo mi fa rabbrividire.

«Ricorda qual è il tuo ruolo, agente Kelley», si abbassa fino ad arrivare all'altezza del mio orecchio. La sua bocca sfiora il mio lobo quando sussurra: «Il tuo compito è quello di eseguire gli ordini, Darlene. Agli interrogatori ci penso io», poi mi saluta con un cenno del capo. Raggiunge il suo fuoristrada e sparisce dalla mia vista, lasciandomi sola e con le guance in fiamme.

Come osa trattarmi così? Perché deve essere così sgarbato? Cosa accidenti ho fatto per meritarmi un trattamento simile?
Sta nascondendo qualcosa.
Ne sono certa.
Afferro il cellulare e, colta da un'improvvisa e urgente rabbia, digito una e-mail indirizzata al comandante Barrett in cui racconto dei miei sospetti sul capo dipartimento. Gli racconto anche dell'operazione che ha condotto senza aver coinvolto nessuno del nostro team. Ecco fatto. Invio l'email e torno dentro alla centrale con una certa soddisfazione.

Mi pento di averla inviata pochi istanti dopo, quando il comandante Barrett risponde all'email in modo tempestivo: tieni d'occhio Evan Royden.

Buonasera!
Come state?
Spero bene.
Mi scuso per l'attesa, ma purtroppo a volte ho periodi più incasinati di altri. 😂
A poco a poco entriamo nel vivo della storia e non vedo l'ora 😍
Voi cosa pensate di Evan? E dell'ultima mossa di Althea?
E poi... Siete pronti a un avvicinamento tra i due? Perché arriva presto eh. 😈
Intanto vi lascio. Aspetto i vostri commenti.
Un bacio ❤️

NON SONO UNA SPIAWhere stories live. Discover now