Sta' attenta

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Ad aspettarmi fuori dalla centrale c'è un furgone nero. Altri agenti sono già a bordo e mi sento immediatamente osservata mentre seguo Evan al suo interno. Mi sembra di entrare in un mondo parallelo fatto di apparecchiature e strumenti, un paradiso di efficienza e riservatezza. Lo spazio è ridotto al minimo: schermi, tastiere e attrezzature di spionaggio sembrano aver preso il sopravvento. Percepisco sguardi scettici su di me, come se tutti dubitassero della mia capacità o del mio diritto di essere qui. Maledetta insicurezza.

Mi sforzo di trovare un posto libero e mi siedo lungo il lato del furgone, cercando di non disturbare nessuno con la mia presenza. Non mi vogliono qui. Ce l'hanno scritto in faccia.
Evan mi passa davanti e si toglie la giacca, buttandola sullo schienale di una sedia di legno. Afferra un dossier dalla copertina rigida e prende posto accanto a me, i corpi così vicini che le nostre braccia si sfiorano leggermente.

Il sangue mi pulsa furioso sulle guance e mi manca il fiato.
Inalo inconsciamente il suo profumo dolce mentre cerco di mantenere un'espressione rilassata.
Mi pento di non aver chiesto del tempo per cambiarmi.
Sono sudata, in tuta e con i capelli totalmente scompigliati.
Per fortuna il mio mascara è waterproof però.

Evan mi porge il dossier e le nostre dita si sfiorano, un contatto fugace che mi fa contrarre lo stomaco.
Concentrati, Althea. Smettila.
Il furgone inizia a muoversi ed io deglutisco.
«Stiamo indagando su una rete di prostituzione che opera in un salone di bellezza apparentemente innocuo», parla piano, colto da un momento di rara gentilezza.

Guardo le foto nel dossier: individui sospetti e informazioni riguardanti i loro movimenti. Tra loro riconosco l'uomo che ho spiato in pasticceria.
Evan nel frattempo continua a darmi spiegazioni, lanciandomi occhiate di tanto in tanto.
«Abbiamo ricevuto segnalazioni sulle attività che avvengono lì dentro nelle ore notturne».

Mi passa un foglio con altre informazioni e le nostre mani si toccano. Ancora. La sensazione del suo tocco mi fa sobbalzare, ma cerco di non farglielo notare.
Perché non riesco a smettere di notare questi piccoli contatti?

«Il salone di bellezza, secondo le informazioni raccolte,  potrebbe essere una copertura per il traffico di esseri umani e altre attività illecite. Abbiamo bisogno di più prove concrete che confermino le nostre ipotesi».
Evito i suoi occhi e non stacco lo sguardo dai documenti che tengo sulle ginocchia. So che mi sta guardando.
«Cosa faremo oggi?», la mia voce è così bassa che a malapena mi sento io.

«Noi resteremo su questo furgone, posizionato in un punto strategico per osservare il salone. Il nostro obiettivo è quello di identificare persone sospette che entrano ed escono durante le ore diurne. Torneremo successivamente per vedere cosa succede nelle ore notturne»
«L'ideale sarebbe avere delle foto o video di ciò che succede all'interno», suggerisce l'agente Tom Gilbert, uno dei colleghi più anziani.
«Per questo ho portato con noi l'agente Kelley».

Bene.
Annuisco con calma e sfoglio le pagine, poi mi blocco. Un attimo, cosa?
In che senso?
Mi muovo nervosamente sul posto e mi scappa una risata nervosa: «Cosa dovrei fare?»
«Sarai i nostri occhi e le nostre orecchie», mi dice.
«Ora?», ho lo stomaco in subbuglio. Come se Evan mi stesse prendendo a pugni una parola dopo l'altra.
Le sue labbra accennano un sorrisetto divertito. Il mio panico lo diverte.

«Memorizza le facce di queste persone», suggerisce indicando le foto. «Poi ci dirai se hai visto qualcuno di loro lì dentro. Pensi di poterlo fare?»
«Sì, ma... Se vengo scoperta?»
«Cosa accidenti facevi a New York, ragazzina?», l'agente Gilbert torna a parlare e schiudo le labbra.
Noto Evan irrigidirsi accanto a me, una brevissima contrazione nei muscoli delle sue braccia.

«Io... Dopo l'accademia sono stata assegnata all'ufficio per il servizio delle pattuglie. Sono stata impegnata nelle attività di pattuglia in macchina e a piedi», quasi bisbiglio. Niente a che vedere con l'essere totalmente buttata a calci in mezzo ai trafficanti di esseri umani.
C'era dell'azione, certo, ma non fino a questo punto. E non ero mai da sola.

Ancora una volta sento gli occhi di tutti addosso. Vorrebbero scoppiare a ridere, ma non lo fanno per timore di ricevere un rimprovero da Evan. Lui non è per niente divertito.
Non smette di fissare Tom fino a quando non bofonchia delle scuse per essere stato così invadente.

«La tua copertura non può saltare», mi rassicura Evan. «Sei una ragazza arrivata da poco a Boston che cerca un centro estetico. Vai lì e sii te stessa. Andrà tutto bene. Voi altri invece mettetevi a lavoro», ordina. «È grazie all'agente Kelley se abbiamo ottenuto l'indirizzo esatto del salone».

Raddrizzo le spalle e mi schiarisco la gola. Non mi aspettavo questa rivincita personale. Quindi era questo ciò che c'era scritto nel biglietto?
Sorrido mentre torno a studiare le foto. Quasi mi scordo di essere terrorizzata fino a quando non arriva il momento di scendere dal furgone. 

Evan si alza per aiutarmi ad uscire. Mi porge la mano per offrirmi sostegno e mi tremano le gambe quando la afferro per scendere.
Lo lascio andare subito, senza guardarlo.
È lui a bloccarmi afferrandomi il braccio: «Sta' attenta», mi dice. «Non farti male e occhi aperti». 
Poi mi lascia andare.
Torno a respirare solo dopo essermi allontanata dal furgone. E da lui.

Rieccoci genteee! 🙌❤️
Sappiate che da questo momento in poi il nostro caro Evan sarà molto più presente nella storia 😍
Non vedo l'ora di farvelo conoscere per bene.
Intanto ditemi: che ve ne pare?
Siete pronti per questa nuova missione?
Althea morirà prima della fine del libro?
Aspetto i vostri commenti.
Un bacio grande ❤️❤️❤️❤️

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