15. Linee chiuse

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Da sempre, quando qualcosa non va, rimpiango la normalità, così pacata e noiosa, quella da cui sempre più spesso cerchiamo di allontanarci.
Cosa ce ne facciamo di una vita comune, di giorni tutti uguali e sempre delle stesse persone?
C'è chi risponderà "niente". Io dico, invece, tutto.
Ci si rende conto dell'importanza della nostra quotidianità solo quando questa viene rotta. Quando l'equilibro si spezza, la bilancia pende dalla parte sbagliata e tu non sai più come ripararla.
I momenti in cui vorresti anche solo qualche minuto sereno o un luogo dove sentirti al sicuro.
Non servono persone grandi per creare momenti indimenticabili, perché essi già lo sono di per sè. Bisogna solo avere il tempismo e il coraggio di viverli.

Ogni tanto ci si dovrebbe ricordare dell'importanza delle piccole cose, piuttosto che vivere nell'utopia di progetti irrealizzabili. Serve solo alzarsi dalla parte giusta del letto la mattina, o al contrario, tornare a casa dopo una giornata terribile e trovare qualcosa o qualcuno apposta per noi.

Ma ora basta, parlare di felicità non è collegato a ciò che sto per raccontarvi. Anche se quello che ho scritto qui sopra è ciò che io stessa pensai dopo essere tornata a casa dal corso.
Come, collego quella giornata felice con un discorso tanto malinconico? Purtroppo sì.

Fu infatti estraendo un raccoglitore ad anelli dallo zaino che mi accorsi che qualcosa non andava.
Da esso, infatti, erano cadute delle briciole. E io non avevo avuto nessun modo di farle finire lì dentro.
Potevano però essere lì per caso, per cui, scuotendo la testa, tirai fuori un libro.
Ma accadde ancora la stessa cosa.
Briciole, briciole. Addirittura un pezzo di pane. Caddero tutti a terra.
Appoggiai il volume sulla scrivania, rimanendo per qualche secondo ferma senza sapere cosa fare.
Decisi alla fine di togliere il resto dei libri, che si rivelarono sporchi come i precedenti.
Passando la mano su una copertina, delleminuscole briciole si attaccarono alle mie dita.
Cos'era successo? Non poteva essere stata una svista di qualche compagno distratto.

Presi fra le mani lo zaino e lo capovolsi, facendo così cadere a terra altri frammenti di cibo.
Quasi schifata, feci un passo indietro. Lo zaino all'interno era sporco, totalmente da lavare.
E ora anche il pavimento era da pulire... Per non parlare dei quaderni.
Ritorniamo a quello che vi ho detto qualche parola fa: come definireste questo? Uno scherzo? Sarei davvero curiosa di conoscere le vostre risposte.
Qualcuno aveva fatto apposta a prendere il cibo e a sbriciolarlo nel mio zaino.
Ma perché? Era stata la stessa persona della volta precedente? Cosa voleva da me, oltre che infastidirmi?
Mi sedetti sul letto, senza sapere cosa fare e da dove cominciare a sistemare.
Avrei dovuto riparare innanzitutto qualcosa dentro di me, ma rinunciai pensando che ormai fossi troppo danneggiata anche solo per provarci.
Fu in quel momento che mia madre entrò in camera mia, quando avevo quasi le lacrime agli occhi.

— Caterina, mi sono dimenticata di... Ma cosa succede?
Si era fermata sulla soglia, la mano ancora sulla maniglia abbassata. Chissà per cosa mi stesse cercando, forse per chiedermi di farle un piacere. Alla fine non disse mai quello per cui era venuta.
Mi alzai in piedi: — Nulla, ora sistemo tutto.
Lei fece un passo verso di me: — Come hai fatto a fare questo disastro?
— Io... — cominciai. — Mi si sono rotte le schiacciatine. E dev'essermi caduto un pezzo del panino che ho mangiato a pranzo.
Mamma prese fra le mani lo zaino, girandoselo fra le dita: — E non te ne sei accorta? Com'è possibile?
Scossi le spalle: — Ero di fretta, dovevo andare al corso e non ci ho fatto caso.
— È tutto pieno di briciole... Non saresti potuta essere più attenta?
Abbassai lo sguardo sul mio zaino: — Mi dispiace, non me ne sono resa conto.
Lei alzò un sopracciglio: — Sul serio?
Annuii, immobile dal timore di sentire come avrebbe continuato il discorso.
— Sinceramente, Cat, non so cosa pensare. Ma se vuoi solo farti notare...
— Che cosa? — sbottai incredula. — No, no! È stato un incidente!
Mamma si alzò, le mani sui fianchi: — Mettilo in lavatrice, dopo averlo svuotato tutto. E pulisci la stanza.
—Sì... — mormorai piano, seguendola per uscire dalla mia camera.

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