10. Numeri e parole

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Prima ho appoggiato per qualche minuto la penna accanto al foglio, bisognosa di una pausa, anche breve.
Mi serve riemergere dal passato, ogni tanto, per ritrovarmi in un presente decisamente più calmo.
Ho preso un bicchiere dalla mensola e l'ho riempito d'acqua. Poi sono andata sul piccolo balcone del mio appartamento e sono rimasta lì, appoggiata alla parete. Un vento fresco mi ha scompigliato i capelli e, nonostante la città scorresse sotto di me proprio come sempre, circondandomi con i suoi rumori e le sue storie, mi sono sentita sola.
Sola come non mi sentivo da anni, sola a causa di quelle parole che non dicevo a nessuno da tanto tempo. Per quei fatti che troppo spesso mi tornano in mente.

Innumerevoli volte avrei voluto dimenticare tutto, sarebbe stata la soluzione ideale contro un passato che non era quello che avrei voluto. Eppure non so se l'avrei alla fine permesso, perché sono diventata quella che sono grazie alla mia vita, a ogni momento passato. E quelli brutti sono i più abbondanti.
Con questi pensieri in testa mi sono seduta di nuovo al tavolo, su uno sgabello troppo scomodo per me, e ho ripreso la penna in mano.
Come andare avanti? Riuscirò a far capire agli altri come io abbia vissuto quei momenti?
Quelle domande non hanno risposta, o forse l'unico modo per trovarla è scrivere e raccontare.
Perciò, cosa accadde alla fine il giorno seguente?

Non appena la campanella suonò, Adele mi si avvicinò. Quando fu davanti a me, si passò le dita fra i lunghi capelli sciolti.
— Caterina, da quando ti interessi di poesia? Non lo avevo mai saputo.
Mi ero sembrato strano che non mi avesse detto nulla. Che fosse disposta a lasciar correre così.
Quella voce melliflua e terribilmente falsa... Me la sento ancora nella mente, quando ci penso.
Mantenni lo sguardo: — E tu, da quando ti importa di quello che faccio?
Lei rise, una risata che apparve così spontanea che per qualche secondo quasi la credetti vera: — Sempre astiosa, vero? Ma non preoccuparti, se vorrai qualche consiglio da me, non esitare a chiedermelo.

In quel momento si aggiunse anche Carola, che affiancò la sua amica dandole manforte: — O anche a me, Caterina. Sai, in questi due anni sono sempre stata io a partecipare.
— Non ho bisogno di nessun consiglio, grazie — dissi loro, cercando di defilarmi.
Adele mi sorrise: — Ti piaceranno le poesie, Caterina. Alcune volte sono più umane delle persone.
Detto questo, furono loro stesse a lasciarmi sola, senza più aggiungere altro. Dopo pochi secondi, però, furono Davide ed Emma a venirmi vicino.

— Passerai un anno scolastico fantastico, se continui così — soggiunse Davide, con lo sguardo ancora rivolto verso la porta da cui le due erano uscite.
Emma annuì: — Ma si comportano in questo modo da sempre? Com'è possibile che tutti siano loro amici?
Davide rispose al posto mio: — Sono sempre state così odiose. E tutti preferiscono essere dalla loro parte. Tranne la nostra Cat, a quanto vedo.
Sospirai profondamente. E non perché fossi stata infastidita dalla frase di Davide, ma perché per l'ennesima volta aveva riassunto la verità senza fronzoli.

— Penso — sbottò Emma. — Che, anche se tu fossi stata loro amica, ti avrebbero lo stesso preso di mira. Sei brava e carina, ecco tutto.
Già, poteva essere stato così, un tempo. Ma poi era accaduto tutto il resto. Io e Davide, poiché Emma ancora non conosceva quella storia, ci scambiammo solo un'occhiata.
— Cosa hai intenzione di fare, adesso? — mi chiese lui. Notai che sul mento cominciava a crescergli la barba e, per un secondo, al misto di emozioni che provavo si aggiunse anche l'affetto.
Mi misi la giacca: — Scrivo una poesia e non le degno di uno sguardo. Dovrebbe andare tutto bene.
— Hai dimenticato la parte dove vinci il concorso — aggiunse Emma con un sorrisetto malizioso.

Entrambi la guardammo: — Non ho mai scritto una poesia, Emma — le dissi. —Non sono brava a scrivere. O meglio, non l'ho mai fatto. Non so cosa potrebbe uscirne, ma sono sicura che non vincerò mai.
— Io non ne sono capace. E, con i problemi che ho a teatro, non credo di riuscire ad aiutarti molto.
Ridacchiammo ripensando a ciò che aveva detto lamentandosi della sua parte di copione.
Camminammo fino al cancello e ci salutammo; durante il tragitto fino a casa riflettei su quello che avevo fatto. Giunsi alla conclusione che, partecipando, non avevo fatto un torto a nessuno, né tantomeno avevo sottratto un posto non mio: avevo semplicemente sfruttato le mie opportunità.

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