21. Leggi sbagliate

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Conservo molte fotografie, alcune in album ormai logori, altre addirittura in semplici scatoloni.
Passerei interi pomeriggi a osservarle, e ricordare... Il passato assume un sapore nuovo se lo si impara a riconoscere. Ad apprezzarlo o a condannarlo.
Io sceglierei questa seconda opzione per ogni istante della mia vita. E, se solo avete pensato che io non me lo meriti, è perché ancora non sapete tutta la storia; probabilmente non immaginerete ciò che accadrà alla fine... Che sarà davvero una conclusione solo per voi. Perché io vivo con i miei peccati ancora oggi, ogni giorno che apro gli occhi.
È impossibile fuggire da sé stessi.

***

Un giorno ho sentito dire che possiamo essere chi vogliamo semplicemente desiderandolo. Non credo sia così. O, almeno, io non ne sono stata capace. Ma ormai avrete capito che le mie abilità sono davvero minime.
Adatta o meno, comunque, io desideravo solo essere serena. Non ricca, non famosa, tantomeno realizzata. Ciò non mi fu concesso.
Quando rientrai in casa, infatti, ricevetti l'ennesimo colpo alle spalle.
Sembrava tutto apparentemente normale, in totale solitudine e silenzio. Mamma sarebbe tornata quella sera, così fino a quel momento sarei stata tranquilla.
Ma, quando entrai in cucina per prendere qualcosa da mangiare, sul tavolo vi era qualcosa di troppo.

Era solo un foglio. Un semplice foglio, stropicciato e piegato alla ben e meglio.
Quando lo vidi feci un passo indietro. Qualunque cosa ci fosse scritta, io non ero pronta per leggerla.
Alla fine, però, la coerenza ebbe la meglio. Mi avvicinai e presi fra le mani, titubante e insicura, quel pezzo di carta.
Riconobbi immediatamente la calligrafia di mio padre, disordinata e, a tratti, quasi incomprensibile.
Probabilmente erano solo parole scritte senza il ben che minimo spessore, mi avrebbero solo fatto male, e l'odio che provavo verso di lui era ancora tanto intenso.

Eppure gli occhi scorsero lo stesso sull'inchiostro, sui segni calcati lasciati dalla penna sulla carta sottile.
Sono passato a prendere alcuni vestiti. Ti devo parlare, Caterina. Chiamami a qualunque ora. Papà.
Quando finii di leggere, non sentii le lacrime salire agli occhi. Non provai nemmeno un minimo di magone.
Aumentarono però l'odio, la rabbia, il rancore.
Io avrei dovuto chiamarlo, io avrei dovuto prendermi quella briga. Altrimenti, saremmo tutti andati avanti come se niente fosse. Quello era stato da parte sua solo un gesto d'obbligo, per sentirsi in pace con la coscienza, niente di più.
Probabilmente stava preparando i bagagli per andarsene.
Accartocciai il foglio e lo gettai nel cestino. Sapete, anch'io ero da rifiutare tanto quanto lui.

***

— Cosa ci fai qui da sola?
Alzai lo sguardo dal libro che stavo leggendo. Nel locale il cui io ed Emma avevamo appuntamento per svolgere una ricerca, la maggior parte dei tavoli erano deserti. Non avevo sentito nessuno avvicinarsi.
— Ciao, Lorenzo.
Il ragazzo mi sorrise: — Sei sempre così tranquilla, Caterina. Non so come tu faccia.
— Esercizio e carattere, credo — gli risposi, evitando di aggiungere che anche così calma facevo già abbastanza guai.
Lui non perse la sua aria solare: — Allora, chi stai aspettando?
— Emma- spiegai. — Dobbiamo scrivere una ricerca e non potevamo trovarci a casa, così ci siamo date appuntamento qui.
Infatti, proprio in quei giorni il professore di storia ci aveva assegnato una ricerca di gruppo. Poiché Davide aveva cercato ogni scusa per non stare insieme a Emma e io non avevo insistito lasciandolo pure andare con gli altri ragazzi, il nostro gruppo era in realtà una coppia. Ma, piuttosto che lavorare con persone indesiderate, meglio essere in pochi.

Lui annuì: — Che ne dici, finché non arriva posso sedermi qui con te?
— Va bene — dissi, anche perché non avrei avuto certo il coraggio di dirgli di no.
Così Lorenzo si accomodò di fronte a me, le spalle larghe coperte da una giacca di jeans sotto la quale si intravedeva una maglia nera.
— Su cosa dovete lavorare? — mi chiese, realmente curioso.
Io alzai le spalle: — Storia, dobbiamo riassumere una battaglia. Niente di interessante, comunque.
— Lavoro lungo?
Annuii, sospirando: — Lavoro lunghissimo. Credo che ne avremo per un paio d'ore. Almeno però non dovremo studiarla, il professore vuole solo vedere la ricerca.
— Sul serio? Si fida bene, allora.

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