5. Nuova incognita

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Potresti essere molto di più. Non le chiesi, né in quel momento né mai, cosa avesse voluto dire con quelle parole.
In realtà, nemmeno me ne preoccupai molto: essere di più quando nemmeno riuscivo a essere me stessa? Mi sembrava un pensiero assurdo e troppo ambizioso.
Oggi mi chiedo il vero significato di quelle parole, mi risuonano nella mente con la voce allegra e fiduciosa di Emma come nascondendomi qualcosa.

Come voleva che fossi? Cosa voleva che migliorassi? Forse tutti avevano voluto farmi cambiare, nel corso degli anni, ma poiché io ero rimasta sempre la stessa non ero mai stata gradita a nessuno.
Eppure cambiare, anche se migliorando, non avrebbe certamente mostrato la vera me, e ciò era quello che, nei primi anni delle scuole superiori, mi frenava verso quello che reputavo sbagliato.
Ma, con Emma, decisi che valesse la pena migliorarmi, i risultati sarebbero stati ammirevoli.

Per andare alla festa, che si tenne esattamente quattro giorni dopo la distribuzione degli inviti, ero in uno stato di felicità, mista a una buona dose di inquietudine e curiosità.
Mamma fu felice di sapere che finalmente facessi qualcosa durante la serata che non consistesse nel leggere un buon libro, mentre papà a metà della frase era uscito sul balcone a fumare. Come al solito.
Poi, però, non avevo detto più nulla, per cui mi ero preso quella libertà.

Per la serata decisi di indossare un normalissimo abito nero con delle ballerine bianche. Troppo banale e inosservata? Non dimenticatevi che esserlo era ciò a cui aspiravo.
La festa si sarebbe tenuta a casa di Francesca. Non ero mai stata lì, come ben potrete immaginare. Sapevo che i suoi genitori erano abbastanza ricchi, per cui avevo dedotto che vivesse in una bella villa, o comunque qualcosa in più del mio appartamento in città o della villetta a schiera di Emma.
Quando mi ritrovai davanti al cancello di ingresso, potei confermare la mia idea.

Quella che avevo davanti era una villa circondata da un bel giardino ricco di fiori, con un piccolo patio bianco in mezzo al prato e un'ampia veranda proprio verso il cancello.
La struttura della casa era come quella di molte palazzine di città, ma la collocazione le dava un'aria molto più elegante e rispettabile.
Il giardino era gremito di persone. Compagni di scuola, sconosciuti, ragazzi noti solo di vista affollavano il luogo pensando solo a divertirsi.
Ritrovandomi davanti quello spettacolo, per qualche secondo l'idea di andarmene attraversò la mia mente.
Emma non era ancora arrivata e Davide non era stato invitato: aspettare sola anche una decina di minuti mi si presentava come un'opzione inammissibile. Non avevo mai provato il desiderio di andare a una festa, figurarsi se sapevo come divertimici.

— Caterina! Allora sei venuta davvero!
Qualcuno davvero felice di vedermi? Affatto. Adele si allontanò da un gruppo di ragazze e mi si avvicinò.
Indossava un abito cortissimo, blu mare, con del pizzo sulle mezze maniche. Ai piedi portava delle scarpe coi tacchi, anch'esse blu. I capelli sciolti sul viso le coprivano buona parte della cicatrice.
La salutai, cercando di apparire tranquilla e divertita.
— Quando Francesca mi ha detto che saresti venuta, io non ci avevo creduto.
Le altre ragazze con cui Adele stava parlando poco prima si erano avvicinate e ridacchiarono delle sue parole.
Provai sincera pena per loro, sempre sui passi di qualcun altro. Persino io avevo capito che una fila di orme può essere seguita ma, quando si vorrà tornare indietro, non si troverà più la strada.

Adele continuò a parlarmi, parole gentili tinte di veleno: — Non trovi sia una festa fantastica? Gli invitati sono persone davvero interessanti. Quasi tutti.
Una delle sue amiche annuì, mentre sulle labbra le si disegnava uno strano ghigno.
Senza capire immediatamente quel riferimento, la continuai a guardare stranita.
— Conosci molte persone? Prima mi sembravi un po' persa.
Esitai, non sapendo come mi sarei fatta il minor male possibile.
Adele rise di gusto: — Stai tranquilla, non c'è nulla di male ad avere pochi amici. È tutta questione di carattere.
Abbassai lo sguardo: — Io... io sto aspettando Emma.
Lei mi guardò curiosa: — Emma? Quando arriva dille di venire da me. Devo farle provare un rossetto.
Annuii, sapendo già che non lo avrei mai fatto.
— Allora, visto che non sei in vena di parlarci, andiamo a salutare gli altri. Buona serata, Caterina.
Così per fortuna mi lasciarono sola, circondata da sconosciuti che mi ispiravano più fiducia delle mie conoscenti.

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