Capitolo 5: Devo parlarti

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Il consiglio durò un'ora e mezza.
Un' ora e mezza! Dovetti restare sola per novanta minuti, fuori da quella maledetta stanza.
Passai il tempo a giocare sul cellulare e scambiando qualche messaggio con Taylor ed Ethan.
Quest'ultimo, dopo l'incidente, disse a Megan (la ragazza con cui sarebbe dovuto uscire), che non voleva più continuare quello che stava nascendo tra di loro.
Inizialmente non mi disse altro.
Sviava il discorso ma poi riuscii a capire il vero motivo. Ed il vero motivo aveva un nome: si chiamava Summer. Quella ragazza gli faceva perdere la testa. E pensare che al loro primo incontro lui era steso a terra, privo di sensi e probabilmente circondato da una pozza di sangue.

Sarebbe dovuta passare ancora una settimana prima di poter dimettere Ethan dall'ospedale.
Per tutto il mese successivo avrebbe dovuto fare fisioterapia, dato che aveva riscontrato un piccolo problema alle gambe, dopo l'incidente.
Non avrebbe potuto toccare alcool, non avrebbe potuto fare attività fisica né andare alle feste, che Ethan tanto amava.
Per almeno due mesi sarebbe dovuto restare in panchina, anziché correre in campo e fare i suoi soliti canestri che a fine partita salvavano la sua squadra di pallacanestro.
Tutto ciò lo demoralizzò un po' ma, per fortuna, era qualcosa di temporaneo e non permanente.

Due mesi dopo sarebbe potuto tornare il normale Ethan che tutti conoscevamo. E mentre lui veniva riempito di farmaci e bucato continuamente da flebo, i suoi genitori erano alle prese con la polizia per trovare l'uomo che investì loro figlio. Lo trovarono! E tre settimane più tardi si sarebbero trovati di fronte ad un giudice.
Quell'uomo aveva rischiato di uccidere un ragazzo, e proprio per quello, non meritava di farla franca.
Per fortuna, per i primi giorni di ospedale, c'era Allison, la sorella minore di Ethan, che riusciva sempre a tranquillizzare me e Taylor, quando in realtà era lei quella che aveva più bisogno di supporto morale tra tutti.

«Mi sospenderanno per tre giorni» fu la prima cosa che Evan mi disse, non appena lui e gli altri uscirono dalla stanza.

Rimasi senza parole.

«Mi dispiace» fu l'unica cosa che riuscii a dire e subito mi pentii.

'Mi dispiace' ma che razza di risposta era stata?

Tornammo ognuno a casa propria.
Sapevo che Evan non aveva alcuna intenzione di parlare con Colton, e quindi quest'ultimo mi pregò affinché io andassi dal suo migliore amico per tentare di farlo ragionare.
Non volevo accettare, e non volevo nemmeno immischiarmi più di quanto non lo avessi fatto già.

«Andiamo Hay, sono tuo fratello maggiore!» esclamò, alzandosi in piedi dal mio letto. «Te lo chiedo per favore. Non vuoi vedere il tuo bel fratellone felice?»

Sbuffai. «Sì»

«Allora vai da Evan e parlagli. Spiegagli la situazione e cerca di farlo ragionare! Se lo facessi io sarebbe un'impresa non impossibile, di più. È proprio tanto testardo ma tu gli sei sempre stata simpatica, quindi penso che almeno ti starà a sentire»

Dubitai un po' sulla parte in cui diceva che io ero sempre stata simpatica ad Evan.
Non sembrava proprio così, e non solo perché mi aveva risposto male qualche giorno prima, ma anche per un susseguirsi di azioni che durante gli anni mi avevano fatto sempre arrabbiare.
Da piccoli mi tirava spesso i capelli; a dodici anni mi venne addosso con la bicicletta; iniziato il liceo rideva di me con i suoi amici -in assenza di mio fratello- per via che non riuscissi a pronunciare bene la lettera S, a causa del mio apparecchio. Diciamo che non pensavo di stargli troppo simpatica, ecco.
Però decisi di fare uno sforzo, per mio fratello. Glielo dovevo, dopo tutte le volte che mi aveva difeso da mamma e papà e si era alleato con me. Dopo tutte le volte che mi aveva difeso dai bulli delle medie, e da tutte le volte che i ragazzi sbagliati ci provavano con me. Svolgeva bene il ruolo del fratellone maggiore iper protettivo e geloso.

Tutta colpa di mio fratello | #Wattys2019Where stories live. Discover now