Capitolo 19: Gara di frecciatine

15.1K 511 80
                                    

«Ancora tu, Evan? Ci lasci in pace?» ringhiò Nolan.

«Ti ho già detto che non voglio vederti con lei» rispose Evan a tono.

«Non mi interessa. Qui si tratta solo di me ed Hailey. Vattene»

«Non voglio più ripetertelo Nolan: stalle alla larga»

Evan si girò verso di me, mi prese per il polso e mi portò via da Nolan.
Si stava comportando in maniera davvero strana, così decisi di dimenarmi per togliere la sua mano dal mio polso.

«Che diavolo vuoi, Evan?!» urlai, fermandomi.

Si fermò anche lui in mezzo al corridoio. «Nolan non è chi dice di essere»

«Non me ne frega niente!» continuai ad urlare e sapevo che tutte quelle lacrime trattenute non avrebbero resistito ancora allungo. «Mi hai letteralmente "staccata" da un ragazzo che mi stava baciando. Ma io dico, sei impazzito?»

«Hailey, lo faccio per te, cazzo!» urlò a sua volta.

Sentivo gli occhi di tutti puntati su di noi, ma di quelle facce sconosciute coperte da espressioni curiose, me ne importava davvero poco. Dovevano imparare a farsi gli affari propri.

«Non lo fai per me! Lo fai solo per darmi fastidio!» urlai con la voce leggermente incrinata e gli occhi lucidi.

Forse era quello il momento, il momento giusto per urlargli contro tutto il mio dolore mischiato all'amore che provavo per lui. Stavo per farlo, ma ad interromperci fu mio fratello.

«Posso sapere perché state urlando?» chiese nervoso ed avanzando verso di noi.

«Vaffanculo» sussurrai, con gli occhi colmi di lacrime ed andandomene.

Scappare non risolveva niente, lo sapevo bene, ma rimanere lì, con le dita di Evan attorno al mio polso ed i suoi occhi fissi su di me, mi avrebbe fatto solo che male. Non volevo piangere, non potevo farlo. Non a scuola! Mi odiai molto quel giorno, più di quanto non lo stessi già facendo in quel periodo.
Odiavo sentirmi così male, odiavo Evan, odiavo me stessa, odiavo l'amore, odiavo l'adolescenza.
Odiavo tutto e tutti, cazzo.

Corsi in bagno e mi chiusi a chiave, sedendomi a terra, accanto al gabinetto. Non volevo e non potevo piangere, ma ormai era troppo tardi. Cos'avevo di sbagliato? Perché ad Evan non importava nulla di me? Perché dovevo soffrire così tanto?

Dopo qualche minuto, la porta del bagno si aprii. Sentii la voce di Taylor parlare con qualcuno al telefono. Non volevo farmi vedere in quello stato. Era terribile, per me, dimostrarmi debole e vulnerabile davanti a qualcuno, anche se quel ''qualcuno''  era la mia migliore amica. Qualche secondo dopo, la telefonata di Taylor terminò, e nel bagno non volò una mosca. Cercavo di nascondere i miei singhiozzi, e nel mentre tentavo di sistemare il poco mascara che era rimasto sulle mie ciglia, anche se rovinato. Mi pulii le guance e decisi di alzarmi, in completo silenzio.

«Hailey? Sei qui?»

Non sapevo che diavolo fare. Rimanere da sola o cercare conforto tra le braccia della mia migliore amica?

«Hailey?»

Sospirai e poi uscii. Mi ritrovai di fronte a Taylor con gli occhi gonfi, il libro di chimica in mano e le maniche della felpa bagnate e sporche di mascara.

«Hailey, che è successo?! Colton mi ha chiamato perché ha detto che sei scappata via piangendo. Cos'hai?» chiese, venendo ad abbracciarmi.

Non risposi. Mi appoggiai sulla spalla della mia migliore amica e ricominciai a piangere silenziosamente. Non avevo alcuna intenzione di parlare. Forse era un mio piccolo difetto, quello di tenermi tutto dentro, ma se già faceva male, allora ne avrebbe fatto ancora di più, parlandone ad alta voce. Scrissi a mia madre, chiedendole di passarmi a prendere perché non mi sentivo bene. Avvisai il professore che avrei avuto l'ora dopo, e finalmente potei uscire da quell'inferno. Solo Taylor sapeva che me ne ero andata prima, nemmeno mio fratello ne era a conoscenza, ma non gli sarebbe servito molto per capirlo. In auto con mia madre non proferii parola, le dissi solo di aver avuto un po' di nausea e poi il discorso si chiuse lì. Salii in camera mia, tolsi la giacca e mi distesi sul letto. Buttai la faccia sul cuscino ed urlai. Le urla, per fortuna, erano camuffate dal cuscino, altrimenti mia madre mi avrebbe mandata da uno psicologo. Ero incazzata nera con il mondo, e se qualcuno si fosse azzardato a dirmi cose come ''ma hai il ciclo?'', allora lì sì che avrei iniziato ad urlare. E no, non ci sarebbe stato alcun cuscino a fermarmi.
Quel pomeriggio sarei dovuta uscire con Nolan, e non aspettavo altro.
Usai la scusa del "devo studiare assieme ad un mio compagno" altrimenti mia madre non mi avrebbe fatto uscire, dato che la mattina stessa le avevo fatto credere di stare male.

Colton pranzò fuori, probabilmente assieme a Mr. Nontipermettodiblablabla, ma a me andava bene.
Meno vedevo Evan, meglio stavo.
Ma tra tutti i bambini al mondo, mio fratello proprio con Evan doveva stringere amicizia a sei anni?
Era tutta colpa di mio fratello.
Arrivarono finalmente le quattro del pomeriggio ed ecco che mi squillò il telefono. Era Nolan, ed un sorriso mi comparve spontaneamente sul volto.

«Pronto?» chiesi sorridente.

«Hailey! Ciao, tutto bene?» percepii un velo di preoccupazione nel suo tono di voce.

«Sì, perché?»

«Ho saputo che sei stata poco bene oggi a scuola. Se vuoi rimandiamo l'appuntamento»

«No! No, sto bene! E sono già pronta» sorrisi. «Dove ci vediamo?»

Lo sentii sorridere. «Alaska?»

«D'accordo, ora esco di casa. A dopo»

«A dopo»

Chiusi la telefonata e tirai un lungo respiro. Almeno Nolan riusciva a strapparmi un sorriso. Chiusi il cappotto, presi la borsa e scesi velocemente le scale. Salutai mia madre e mio padre, che era stranamente rientrato prima del solito dal lavoro, e poi uscii di casa.
Ovviamente, dato che ero sempre stata una persona fortunata, non appena misi piede fuori, vidi Colton arrivare con Evan.
Dovevo evitarlo, evitarlo a tutti i costi.

«Hay!» esclamò mio fratello. «Mamma mi ha detto che stavi male, perché esci?»

«Devo andare a studiare» risposi, sotto lo sguardo attento di Evan.

Non avrei incrociato i suoi occhi verdi, neanche per sbaglio.
Ero più forte di lui.

«Con chi?» chiese Evan.

Non potevo guardarlo in faccia, ma per rispondergli, dovevo.
Puntai le mie iridi azzurre nei suoi grandi occhi e sentii il cuore battere all'impazzata, mentre il mio stomaco iniziò a contorcersi.

«Nolan mi dà ripetizioni di matematica» lo sfidai con lo sguardo.

Vidi poi la sua mascella contrarsi, le braccia conserte, gli occhi inchiodati ai miei ed una piccola vena sul collo pulsare. Stava per esplodere, per caso?

«Salutami Nolan, digli anche di passare qui da noi un giorno. A mamma farà piacere» sorrise Colton, ignaro di tutto.

«Certo» sorrisi, guardando mio fratello. «Non vedo l'ora di invitarlo a casa nostra» guardai Evan. «Ora vado, ciao ciao»

Mio fratello mi salutò, mentre "quell'altro" no, ovviamente. Ma chi lo voleva un suo saluto? Io di certo no!

Ero fiera di me stessa, avevo appena sfidato e poi battuto Evan Collins in una gara di frecciatine e sguardi.

~~~
Buongiorno, come state passando il week end? Io ieri sono andata a ballare, ora vado a pranzo da mia nonna e poi esco! Come vi è sembrato questo capitolo?
Buon pranzo💓

-Alessia

Tutta colpa di mio fratello | #Wattys2019Where stories live. Discover now