Capitolo 9: Sulla mia pelle

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Evan era stato chiaro quel giorno: dovevo lasciar perdere e non scoprire chi fosse il mio ammiratore segreto.
E dato che decisi di ascoltarlo, stilai una lista di possibili ragazzi, calcolando anche i cognomi che inizavano con la "N".
Andava molto di moda chiamarsi per cognome, perciò decisi di prendere in considerazione anche quel fatto.

Non ero d'accordo con Evan ed, anzi, speravo che lui mi spronasse a scoprire chi fosse "N", a tutti i costi.
Invece mi disse di fare il contrario.
Ma, conoscendomi, avrei davvero dato ascolto a qualcuno? Ero testarda, forse troppo, ma anche determinata.

Ned
Nolan
Nathan
Nick
Martin Navarro, uno che faceva pianoforte con me da piccoli
Dan Nicholson, il figlio del coach della scuola.

E poi chi c'era? Non ne conoscevo altri! Con nessuno della lista avevo mai avuto una conversazione più lunga di "Ciao, come va?" "Bene, tu?".
L'unico che forse conoscevo un po' meglio, era Nolan, l'amico di mio fratello e co-capitano della squadra di football assieme ad Evan.
Sospirai e mi soffermai a pensare al biglietto di quel giorno.

"A volte le cose più semplici
possono diventare
straordinarie se sono fatte
assieme alle persone
giuste.
-N. Sparks"

Lasciai perdere la lista mentale che mi ero fatta e il biglietto, ed andai a scuola assieme a Taylor ed Ethan.
Alla prima ora avevamo matematica e quell'ora passò davvero lentamente.
Dopodiché uscimmo dall'aula per dirigerci verso quella d'inglese.
All'inizio non capii come mai tutta quella gente fosse rimasta ferma in corridoio, ma poi notai che tutti avevano un volantino in mano.

«Che succede?» chiesi a Taylor e lei fece spallucce.

Cercammo di superare la massa di studenti, utilizzando anche la magica "carta dell'invalido": Ethan.

Le sue stampelle, quel giorno, mi stettero molto più simpatiche del solito.

«Fateci passare, presto, abbiamo un invalido» urlò Taylor.

«Circolare, circolare» urlai anche io, divertita.

Riuscimmo ad uscire da quella scatola di sardine ma venimmo fermati da Eva Wellington, la ragazza più popolare della scuola.

«Ciao ragazzi! Sabato organizzerò una festa a casa mia» disse sorridente, e dando a tutti e tre dei volantini. «Vi aspetto! Tutte le informazioni sono scritte qui. Ora scappo, ciao!»

Corse via lasciando me ed i miei amici, sempre più perplessi.
Eva Wellington ci aveva appena invitato ad una festa?
Non avevamo mai parlato in vita nostra ed il suo invito ci stupì molto.

«Voi volete andarci?» chiesi, ricominciando ad avviarmi verso l'aula di inglese, seguita dai miei due amici.

«Beh non lo so, sarebbe divertente» rispose Taylor, leggendo il volantino.

«Io non posso perché, come avete fatto notare a tutta la scuola, sono un "invalido" al momento, ed i miei non mi farebbero andare ad una festa in queste condizioni» disse Ethan, una volta giunti davanti all'aula di inglese. «Tu, Hay? Ci vuoi andare?»

«Mh, credo di sì! Insomma, sto passando tutti i week end a letto ed ho bisogno di divertirmi un po'!» ammisi, andandomi a sedere, vicino a loro.
«Tay, ci vogliamo andare?»

«D'accordo!» esclamò sorridente.

Era da tanto tempo che non andavo ad una festa, e a me piaceva molto andarci! Adoravo ballare e saltare con i miei amici a ritmo della musica.

Il professore entrò in classe e la lezione iniziò subito dopo.

Quella giornata a scuola durò davvero tanto, tra l'interrogazione di economia e la verifica di francese, sembrava non si sarebbe mai conclusa. Arrivai a casa, pranzai con la mia famiglia e poi salii in camera da letto. La festa sarebbe stata due giorni dopo, eppure non sapevo ancora cosa mettermi!
Alla fine, era un problema piuttosto irrilevante dato che era una semplice festa a casa dei Wellington.

Feci i compiti che ci avevano assegnato e dopo averli terminati mi distesi sul mio letto.
Bussarono poi alla porta.

«Mh?» chiesi, non staccando gli occhi dal cellulare.

«Hay» disse Colton entrando, e sedendosi ai piedi del letto.

«Dimmi»

«Ho necessità di risolvere con Evan»

«Colton devi dargli tempo!» esclamai.

«Odio aspettare!»

«Lo so, ma non mi interessa. Questa è la tua punizione per aver fatto quella cazzata, adesso ne paghi le conseguenze!»

«Ti odio così tanto quando hai ragione» sbuffò.

Sorrisi vittoriosa e mi avvicinai a lui. «Io ho sempre ragione»

«Certo come no!» mi prese in giro, ridendo. «Ma non puoi chiedergli di uscire? Così tiri fuori l'argomento»

«Colton, no» sorrisi. «Adesso vattene, mi deve telefonare Taylor»

Lo cacciai ridendo e lui mi fece il dito medio. La mia risposta fu sbattergli la porta in faccia.

Taylor mi telefonò per ripassare storia insieme e dopo due ore di videochiamata, scesi per mangiare qualcosa.
Oltre a parlare dell'antica Roma, spiegai a Taylor della mia "lista delle possibili N" (l'avevo chiamata così perché mi annoiavo) e le spiegai di Nolan e di come ci conoscessimo.
La sua risposta fu che anche lei lo conosceva e sapeva che sarebbe andato alla festa di Eva Wellington.
Infine, mi obbligò ad andare a parlare con lui durante la festa ed io accettai.
Che c'era di male? Forse avrei potuto scoprire se era lui il mio "ammiratore segreto".

Passai quindi il resto del pomeriggio a mangiare e guardare la televisione.
Un po' mi odiavo, perché continuavo a mangiare solo schifezze in quel periodo. Autunno-Inverno per me significava solo almeno tre chili in più. Forse mi sarei dovuta iscrivere in palestra. 'No' pensai subito, odiavo fare sport.
Per fortuna, però, avevo un metabolismo molto veloce: ennesimo motivo per cui Taylor alle medie mi odiava. Era strano pensare che a undici o dodici anni io e lei stilavamo liste di difetti l'una dell'altra. Non ci sopportavamo e solo qualche anno dopo, invece, non riuscivamo a separarci l'un dall'altra.
L'ho sempre detto: le amicizie più belle nascono da un odio reciproco.

Arrivò la sera ed, ovviamente, dopo quel pomeriggio non avevo più fame, quindi mangiai solo un po' di insalata.
Sembrava essere tornato tutto tranquillo in casa: i miei non lanciavano più occhiatacce a mio fratello e la punizione di Colton stava per giungere al termine; il suo viso era quasi tornato del tutto normale, senza gonfiori o macchie viola ed io ero felice che tutto si stesse risolvendo, almeno da noi.

Però, se da un lato ero sollevata, dall'altro ero molto giù di corda perché pensavo ad Evan e a come stessero andando le cose a casa sua.
I suoi genitori gli parlavano solo per cose necessarie, ma mai un "come stai?" o "com'è andata a scuola?".
Niente di niente, si parlavano solo quando gli imponevano di fare la sua camera o di sparecchiare la tavola dopo i pasti.
Sapevo che Evan stava male, me lo aveva detto apertamente, ed infatti un po' del suo dolore lo sentivo sulla mia pelle, anche se non ne capivo davvero il motivo. Non eravamo così legati tanto da sentire sui noi stessi il dolore dell'altro, ma quella volta fu così, e ne rimasi davvero colpita.

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Seraaa! Come va?
Io sto studiando spagnolo perché domani ho verifica, spero vada bene. Mi sono appena resa conto che tra gennaio e febbraio TROPPI miei amici compiono gli anni. Smettetela di nascere tra il primo gennaio ed il ventotto febbraio dai.
Scherzi a parte, vi è piaciuto il capitolo? Se sì, fatemelo sapere, grazie! ♥

-Alessia

Tutta colpa di mio fratello | #Wattys2019Where stories live. Discover now