Capitolo 6: Le cicatrici restano

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Il lunedì dopo andai a scuola tranquillamente. Sapevo che Evan non ci sarebbe stato, a causa della sospensione. A scuola tutto procedeva normalmente: le lezioni erano noiose e troppo lunghe ed io ero sempre più stanca di studiare. Per fortuna c'era Taylor con me.
Ethan, nel mentre, si stava riprendendo molto velocemente! Era davvero bello vederlo così felice, nonostante ciò che fosse successo poco tempo prima. Ancora cinque giorni e poi sarebbe potuto tornare a casa dall'ospedale.

Arrivò finalmente l'ultima ora di lezione ed io e Taylor andammo a sederci nei banchi in penultima fila.
Storia dell'arte: amavo ed odiavo quella materia. La amavo perché il mio insegnante era davvero bravo a spiegare e perché la materia in sé era molto interessante, ma la odiavo perché era davvero troppo complicata, o almeno lo era per me.
Non so come, ma quell'ora volò.
Al suono della campanella, mi preparai in fretta ed uscì dalla scuola, affiancata da Taylor.

«Ci sentiamo dopo, magari studiamo insieme, ti va?»

«Ti faccio sapere!» risposi sorridendo. «Ciao»

Mi salutò e poi salì nell'auto di sua madre che era venuta a prenderla.
Mio fratello avrebbe terminato le lezioni due ore dopo, a causa del corso di recupero in economia.
Ero indecisa se prendere l'autobus o fare una passeggiata, perché mi piaceva camminare ma odiavo il freddo. E quel giorno faceva davvero tanto freddo.

«Hailey» sentii una voce familiare richiamarmi.

Mi voltai e con mia sorpresa, vidi Evan avanzare verso di me.

«Oh, ciao»

«Ciao, ti serve un passaggio?» chiese.

«Che ci fai qui, Evan? Sei stato sospeso»

«Ero nei dintorni» rispose. «Allora, lo vuoi o no questo passaggio?»

Esitai un attimo prima di rispondere, ma poi accettai. Salimmo nella sua auto e mi trovai davvero in imbarazzo. Non ero mai stata nella sua auto da sola, con me c'era sempre stato Colton.

Per il primo minuto di tragitto nessuno dei due proferì parola, si sentiva solo la radio in sottofondo a basso volume. Poi lui si schiarì la voce, ma non disse niente.

«Che facevi 'nei dintorni'?» chiesi per smorzare la tensione.

«Un giro» tagliò corto.

«Okay»

Silenzio.
Almeno un altro minuto senza parlare.

«Come stai?» chiese.

«Bene, tu?»

«Bene, anche se i miei genitori non mi parlano»

«A causa della sospensione?» chiesi, e lui annuì. «Vedrai che si risolverà tutto, prima o poi»

«Prima o poi» ripeté.

«Già, prima o poi» risposi, pensando ad un qualche argomento per continuare la conversazione. «Hai già mangiato?»

Che domanda idiota.
Ma chi ero? Sua mamma? Sua nonna?
Odiavo sentirmi così a disagio ed imbarazzo a causa sua.

Evan era il ragazzo che non se ne sarebbe mai andato dalla mia testa, nemmeno da adulta, magari sposata e con dei figli. Evan era quel ragazzo a cui avrei pensato per sempre.
Ed io lo pensavo, eccome se lo pensavo! Non riuscivo a rimuoverlo dalla mia testa nemmeno per un minuto.

«No, non ho molta fame ed i miei non sono a casa» rispose, ed io mi ero quasi dimenticata di avergli fatto quella stupida domanda.

«Capito» annuii. «Anche io sono a casa da sola»

Tutta colpa di mio fratello | #Wattys2019Where stories live. Discover now