XLIV

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Alexander POV

Non appena arrivo con la macchina nel vialetto di casa, la prima cosa che noto è l'auto di mio padre parcheggiata. È già tornato.

Sono ancora fuori quando la scorgo attraverso la finestra. La sua t-shirt bianca s'incastra perfettamente nei jeans.
Riconoscerei quel colore di capelli anche tra un milione di persone.
Se da un lato avevo il terrore della nascita di quel fagotto che tiene Catherine tra le braccia, ora gliene sono grato.
Juliet è tornata prima del previsto, grazie a lui.
Ed è tornata più bella e più forte di prima. Lo vedo da come muove le mani, da come guarda mio padre dritto negli occhi quando gli parla. Solo al pensiero della sua voce, mi si accelera il battito cardiaco.
Non troppo, giusto un po'.
Quanto basta a farmi capire che lei è ancora la cosa più importante.

-Devo solo farmi una doccia, poi ci sono per cena.- la sento dire quando poso le chiavi della macchina all'ingresso.
Il tintinnio metallico la fa voltare di scatto.
Non faccio in tempo a lasciare lo zaino, che Juliet mi corre in contro.
Avverto i pianti del bambino In lontananza mentre lei mi balza in braccio.

-Alexander...-

Siamo tanto vicini da sfiorarci la punta del naso, lei chiude gli occhi a quel contatto così dolce.

-Piccoletta.-

Sento il suo respiro nel mio, la guardo schiudere la bocca.
Ho bisogno del suo sapore.
Adesso.
In questo momento.
Il profumo dei suoi capelli mi inebria i sensi, un misto di lavanda e cocco, forse miele.

- Sei tornata davvero.-

Chiudo gli occhi per incontrare le sue labbra morbide.

-Alexander? Già qui?-

Mio padre.

Juliet scende immediatamente a terra, poi si schiarisce la voce
-Vado a docciarmi.-

I miei occhi seguono i momenti ondeggianti dalla sua coda di cavallo, per poi cadere rovinosamente sui jeans che le stringono il sedere tondo.

-Alexander?-

-Eh...?-

-Datti un contegno per favore.- ordina con tono minaccioso.

Cristo se la vedo dura.

Annuisco davanti al rimprovero di mio padre ma so già che affrontare questa cena di famiglia sarà un'impresa, voglio solo stare con lei in questo momento. Ed egoista come sono, vorrei che lei avesse occhi solo per me.


Così siamo a cena e sua madre la rapisce per tutta la sera con chiacchiere stupide, superflue, inutili.
Non le chiede mai "come stai?"
"sei felice?", "ti senti diversa?"
Le fa domande così assurde.
Ma a chi importa di come erano addobbate le vetrine nel centro?Parlano di borse e altre cazzate che sinceramente non vedo cosa abbiano a che fare con la felicità di Juliet.
Il piccolo sta dormendo per addirittura due ore di fila.
Il tempo di cenare e parlare di d'inutilità, Catherine ci sguazza in questo mare di nulla.

Stringo il bicchiere tra le dita, lo faccio ruotare nervosamente con il pollice, come se servisse a calmarmi.
Sto solo morendo di invidia. Non vedo letteralmente l'ora di averla tutta per me. Con la testa china sul piatto sollevo gli occhi per guardarla: indossa una camicetta scollata ed una gonna aderente. Non credo di aver visto mai nulla di così bello in vita mia.

Ma chiaramente non sto ragionando.
Mi lecco continuamene il labbro inferiore, la mia gola è arida.
Ho un casino in testa.
L'avrei baciata prima.
Non ci avrei pensato due volte.

BADLANDS IIWhere stories live. Discover now