Epilogo: parte uno

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Tre anni dopo

Alexander

A svegliarmi è la voce del comandante.
L'aereo sta per cominciare la sua discesa e me ne rendo conto nel momento in cui mi sporgo verso il finestrino per ammirare l'agglomerato di grattacieli visti dall'alto.
Con lo sguardo ancora assonnato, lancio un'occhiataccia all'hostess che mi passa di fianco. Continua a farmi segno di reclinare il sedile in vista dell'atterraggio e io, seppur a fatica, ignoro il rossetto leggermente sbavato sul lato della sua bocca ed eseguo gli ordini.
È la prima volta che faccio questa tratta.
Londra-New York.

Più caotica, più sporca e più colorata di come l'avevo prevista, questa città mi accoglie in modo naturale, senza però bramarmi con ardore. Ha una sua identità, lo sento nei profumi che si mescolano nell'aria, nel confluire dei diversi accenti, lo vedo ad ogni semaforo, lo percepisco nella luce pomeridiana che filtra tra i mattoni rossi dei grattacieli.
Sul cellulare controllo l'indirizzo da riferire all'autista del taxi. È un indirizzo nel Queens.
Che strano.

Ero convinto che Catherine avesse affittato un appartamento a Manhattan, vicino al mio hotel, ma a quanto pare mi sbagliavo.
L'autista continua a farmi domande che non c'entrano nulla con il tragitto da percorrere, distogliendo la mia attenzione dal cellulare.
Io smetto di rispondere e lui capisce immediatamente che non voglio essere disturbato da chiacchiere inutili.

Dopo tutte quelle ore di volo, vorrei solo raggiungere il mio hotel e farmi una doccia calda. Prima però, devo assolvere al mio dovere da figlio obbediente.
Catherine mi ha chiesto di passare dall'appartamento per recuperare le chiavi, in vista del loro arrivo, visto che potrebbero tardare di molto.

Nonostante tutte le distrazioni, il mio cervello non sembra riuscire ad evitare di pensare al vero motivo per il quale sono qui: l'anniversario di matrimonio di Catherine e mio padre.
Cerimonia che si sarebbe potuta benissimo celebrare a Londra, se non fosse che Catherine non vede sua figlia da tre anni.

Il sole è ormai tramontato quando arrivo all'indirizzo prestabilito. Sollevo gli occhi per percorre l'altezza di un piccolo vecchio edificio in mattoni grigi, ma contrariamente a quanto accordato, davanti al portone in legno non c'è il proprietario ad aspettare per consegnarmi le chiavi.

Provo a cercare un tasto da premere per suonare il campanello, in quel momento però, la grossa porta si apre facendomi rabbrividire.

-Alex?-

Stordito e confuso, fisso la ragazza che mi si presenta davanti. La sua voce mi trafigge il cervello, ha un suono dolce, eppure amaro per me.

-Juliet? Ma che ci fai qui?-

-Che ci fai tu qui! Non dovevate arrivare alle sette?-

Le sue gote si arrossano in modo così violento che sento il sangue cominciare a pulsarmi nelle vene.

-Abbiamo preso due voli diversi, ma...-

Butto un occhio sul cellulare ed esamino la posizione che mi ha inviato Catherine. La via è proprio quella.

-Tua madre mi ha dato l'indirizzo del suo appartamento e...-

Lei sorride io mi guardo in giro controllando ossessivamente che i due indirizzi corrispondano. C'è un numero ventitré sul muro.
Eppure è quello giusto...

BADLANDS IIWhere stories live. Discover now