CAPITOLO 30: L'EPOPEA DEL PARCO GIOCHI

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Riccardo sospirò non appena la ragazza ebbe chiamato il suo nome, riconoscendola immediatamente.

La fanciulla in questione corse subito verso di lui con un sorriso a trentadue denti impresso in volto. Anche se di poco era perfino più alta di Sonia, forse sul metro e ottantacinque, piuttosto robusta ma comunque non grassa né particolarmente muscolosa. Aveva gli occhi verdi chiarissimi, il naso lievemente all'insù pieno di lentiggini e i capelli castano scuro, lievemente mossi, che le arrivavano alle spalle.

Il ragazzo deglutì come l'ebbe vicino: la ragazza, sua coetanea, lo sovrastava di circa dieci centimetri, il che faceva risaltare come ancora più ridicolo il vestito che indossava: una specie di pagliaccetto a maniche corte bianco sovrastato da una salopette azzurro chiaro con la stampa di Melody de La Sirenetta II, la cui parte inferiore era però completamente priva di braghe, finendo per sembrare un grosso paio di mutande azzurre o più probabilmente un copri pannolino. Il pannolino, infatti, era ben visibile al di sotto di esso, imbottendolo per bene.

"Riccardo, sei davvero tu?"

"Sì, Gabriella, sono io." sbuffò il risposta "Ci siamo visti il mese scorso, non fare sceneggiate."

Gabriella allargò ulteriormente il proprio sorriso e sotto lo sguardo divertito di tata Sonia abbracciò di colpo il ragazzo, stringendoselo al petto e alzandolo lievemente da terra.

"Il mio smerdolone preferito, sono così contenta di vederti!"

Riccardo arrossì fino alla punta delle orecchie ad essere chiamato così. Si trattava di un termine dialettale usato per indicare i bambini che si facevano la cacca addosso. Il motivo per cui Gabriella l'aveva chiamato in quel modo era presto detto: la ragazza era una sua amica d'infanzia, che come lui si era trasferita lì dal Veneto. Erano infatti andati a scuola insieme, dall'asilo alle superiori. La sua caratteristica di voler fare la mamma di tutti associata al fatto che l'avesse visto fin da quand'era piccolo aveva sempre reso le loro interazioni molto imbarazzanti, specie da quando ogni tanto lo chiamava in quel modo per via di una volta che all'asilo aveva avuto un piccolo incidente.

"Puoi evitare di chiamarmi così?" bofonchiò.

"Smerdolone, dici?"

"Sì, è umiliante."

"Ma no, non hai nulla di cui vergognarti." Gabriella rise e lo mise giù, per poi mettersi una mano sul cavallo e aggiungere "E poi adesso lo siamo tutti, tanto. La mia Tata dice che faccio talmente tanta pipì che sta valutando se mettermi anche di giorno i pannolini notturni."

Riccardo doveva ammetterlo: un po' invidiava Gabriella per essere l'incarnazione della spontaneità. Non metteva mai e poi mai nemmeno un minimo pizzico di malizia in ciò che faceva, in nessuna circostanza, il che l'aveva sempre resa un po' un'emarginata in una società profondamente radicata sulle maschere sociali e l'ipocrisia.

"A proposito, cara, io sono tata Sonia, la Tata di Riccardo." intervenne Sonia, rimasta in silenzio fino a quel momento.

Gabriella si voltò verso di lei e fece un piccolo inchino, rispondendo "Oh, mi scusi, avrei dovuto salutarla per prima, signora Tata. Sono Gabriella, piacere di conoscerla."

Tata Sonia le sorrise e le scompigliò dolcemente i capelli, dicendole "Ma che bimba ben educata che abbiamo qui. La tua Tata sarà fiera di te."

Gabriella annuì, dicendo convinta "Sì, tata Mercedes dice che appena sarò pronta a vivere da sola non sarò più una piccola di casa."

"Non ne dubito, amore." le disse Sonia, per poi rivolgersi a Riccardo "Prendi esempio da lei, topolino. Scommetto che viene sculacciata molto meno di te."

La TatocraziaWhere stories live. Discover now