L'ombra

4.7K 283 104
                                    

Rimasi immobile a guardare il telefono di Desmond che illuminava la notte. Quando lui rispose, ero talmente assorta da tutte le congetture che affollavano la mia testa che non sentii nulla della sua conversazione.
So soltanto che a un certo punto lui si alzò in piedi e mi tese la mano, in un gesto che aveva un che di cavalleresco.

<<Era mio nonno. È molto tardi ed io... Devo tornare a casa.>>
<<Vivi con tuo nonno?>> gli domandai, un po' stupita.
Lui annuì.
<<È... è una storia lunga. Magari un giorno te la racconterò.>>

Lo guardai e intravidi in lui qualcosa che conoscevo così bene. Come un senso di malinconia, di solitudine. Di non-adattamento al mondo che c'era là fuori.
<<Ciao, Rose. Buonanotte. Grazie ancora per tutto quello che hai fatto.>>
Annuii, poi quando si fu voltato lo richiamai.
<<Ehi, Desmond>> gli dissi <<come si chiama la canzone che hai sul telefono? Quella della suoneria..>>
<<Ah, si.. Ti piace? Strano perché è un po' vecchia... Comunque si chiama "Long as I can see The light" ed è dei Creedence Clearwater Revival. Mi ricorda quando ero piccolo. Mio padre, anche. Per quel poco che l'ho conosciuto.>>

Feci qualche passo verso di lui, e senza che dicessi nulla lui continuò a parlare. Aveva un tono di voce basso e gli occhi sembravano brillare nell'oscurità che ci circondava.

<<Non ricordo molto di quel periodo, perché avrò avuto più o meno sei anni. L'età in cui capisci tutto ma non sei proprio consapevole di che cosa certi momenti possano significare. Comunque ho un ricordo limpido: mio padre che tornava a casa dopo il lavoro e si riempiva un bicchiere di qualcosa. Poi andava verso il giradischi e faceva sempre partire lo stesso disco. Il suo pezzo preferito era quello che hai sentito poco fa. Non lo so, non so perché io abbia deciso di tenerlo qui nel telefono. Come suoneria, poi. Che stupido, vero?>>

Ero esterrefatta. Per la prima volta nella mia vita qualcuno aveva paura di sentirsi giudicato da me. Io che per tutti gli anni delle scuole superiori in Carolina mi ero sentita un fantasma.
Cosa stava succedendo? Ero forse diversa?

<<Non è affatto stupido da parte tua, Desmond. Anzi, lo trovo dolce.>>

Lui fece un cenno con la testa e poi mi sorrise. Ma era un sorriso colmo di malinconia.
<<Buonanotte, Rose.>>
<<Buonanotte, Desmond.>>

Lo guardai allontanarsi nella notte.

Non sapevo che cosa pensare, ero piena di emozioni contrastanti che giocavano a rincorrersi dentro di me, dentro la mia testa.

Rientrai in casa, stanca morta. Era stata una giornata incredibile. Mi erano capitate più cose in quel primo giorno a Saint Claire che non in diciotto anni in Carolina.

Salii le scale che portavano al piano di sopra e passai accanto alla stanza di mia mamma. Le lanciai uno sguardo dalla fessura della porta socchiusa. Dormiva ancora.
Tornai nella mia camera e mi tolsi nuovamente la maglia e i pantaloni.
Mi sedetti alla scrivania e dal cellulare andai su YouTube e cercai la canzone di cui mi aveva parlato Desmond. Rimasi ferma a fissare il display prima di farla partire, come se la mia mente si fosse incantata nel pensare a lui.

Lo conoscevo appena eppure c'era qualcosa nel suo modo di essere che mi attraeva. Come una forza strana. Come due persone che si somigliano, che sanno di essere simili pur conoscendo pochissimo l'una dell'altra. Non so descrivete davvero che cosa fosse, ma di certo aveva smosso in me qualcosa.
O forse era soltanto che aveva allontanato per un po' i miei pensieri dallo Sconosciuto.

Ripensai alla visione.
La canzone che era partita dal telefono di Desmond era proprio quella che in quei pochi attimi lo Sconosciuto, sfiorandomi, mi aveva fatto sentire.
Non avevo la più pallida idea di che cosa volesse dire, e questo mi spaventava.

Aveva previsto il futuro? Mi aveva fatto vedere che cosa sarebbe successo?

Se così fosse stato, la visione che avevo avuto grazie a lui era corretta. Si era in qualche modo avverata.

Rabbrividii, perché non ero abituata a gestire tante emozioni contrastanti, e per di più tutte assieme.
Cercai in qualche modo di convincermi che forse era tutto un caso.

Premetti play sul telefono, feci partire il video della canzone e mi diressi verso il letto, decisa come non mai a lasciarmi andare al sonno e a dimenticarmi per qualche istante di tutto.

E invece, all'improvviso, urlai.

Urlai così forte da svegliare mia madre, mentre il cuore aveva preso ad accelerare all'impazzata dentro il mio petto.

Sul letto c'erano pagine di tutti i quotidiani locali di Saint Claire. La data era di qualche giorno prima e su tutti i fogli sparsi era riportata la fotografia di una ragazza. In grassetto, sopra l'immagine, spiccava un titolo sempre simile tra una testata e l'altra: "Scomparsa un'altra ragazza a Saint Claire".

Sotto la fotografia  veniva riportato il nome di Joey Petersen.

Un'altra parte della visione che avevo avuto si era appena avverata, per di più mentre proprio quella canzone continuava a suonare. L'avevo fatta partire io, e ciò mi rese,se possibile, ancora più inquieta.
Ero sconvolta. Era come se tutto ciò che mi stava capitando facesse in qualche modo parte di un disegno più grande ed incomprensibile.

Avrei voluto correre via, lontano, lontanissimo. Ma non lo feci. Mi avvicinai semplicemente alla finestra con le mani che mi tremavano.
Guardai fuori, sotto.

E la vidi.
Un'ombra che, di spalle, oltrepassava il cancello della nostra casa e svaniva nell'oscurità.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now