Quando tutto si frantuma

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Lo Sconosciuto mi guardò a lungo negli occhi, e fu uno sguardo diverso.

Non era amore, non era protezione.

Non c'era nulla in lui, in quel momento, di simile a qualcosa che avessi già visto in precedenza.

Era malinconia. Era tristezza.

Erano le foglie degli alberi che sul finire dell'estate incominciavano lentamente a cambiare colore.

<<Che cosa c'è?>> gli chiesi, provando all'improvviso una sensazione di inquietudine in profondità.

Non mi rispose.

Aprì la portiera della Ford e si diresse verso l'ingresso della locanda.
Gli avevo chiesto perché avesse trascorso tutti quegli anni cercando proprio me, e tutto in lui era cambiato in una frazione di secondo, completamente.

Lo seguii, cercando di non pensare a quella domanda. Cercando di mantenere la calma, il controllo. Non era facile. Non lo era per niente.

Pensai a Desmond, a tutte le telefonate che erano rimaste sospese nel nulla. Lo feci per allontanare la mia attenzione da quell'abisso; ma era come se una volta scavalcato un buco nero, scivolassi immediatamente in un altro, e poi in un altro ancora, in una caduta infinita, eterna.

Non mi ero mai sentita così prima di quel momento, eppure sapevo che per non continuare ad esistere avrei dovuto essere forte. Non soltanto quella sera, e non soltanto davanti a quelle domande che mi bruciavano il cuore, ma sempre.
Una volta Mitch mi aveva detto che siamo soltanto la somma di tutte le nostre esperienze, e che il nostro futuro è modellato dal nostro passato. Da come noi interpretiamo o vogliamo interpretare gli eventi che ci hanno attraversato corpo, cuore e cervello.
Sapevo che aveva ragione lui. Era un insegnamento che non avevo mai dimenticato; e adesso, mentre le ossa mi facevano male e la testa mi esplodeva, volevo crederci ancora di più, ancora più intensamente.

Presi un lungo respiro ed aprii la porta della locanda.

Speravo che davanti a me avrei trovato Desmond, e lo speravo con tutte le forze che avevo dentro.

Ma così non fu.

Vidi Cameron e lo Sconosciuto in piedi, uno accanto all'altro.
Davanti a loro, immobile, c'era il vecchio Jackson.

L'espressione dei suoi occhi era impossibile da interpretare.

Corsi verso di lui, lo raggiunsi, poi mi fermai.

<<Jackson>> dissi, sottovoce.

Lui fece un passo verso di me e mi posò una mano sulla fronte.

<<Piccola Rose. Sei tornata, finalmente. Sono stato in pensiero per te, ragazza mia. Ho pregato tutte le notti. Ma sono felice di vedere che ti sei circondata di persone pure d'animo. È importante, nel nostro mondo di oggi.>>

<<Dov'è Desmond?>> gli chiesi, stringendo la sua mano. Sentii le sue rughe piene di storie da raccontare avvolgere la mia pelle.

Jackson non disse nulla. Alzò gli occhi al cielo, poi fece un passo indietro. La sua espressione, sempre impassibile, non faceva trasparire nessuna emozione.

<<Dov'è?>> chiesi ancora, non riuscendo a pensare più a nulla.

Scosse la testa, mi guardò in profondità negli occhi.

<<Per la prima volta nella mia vita, non ho una risposta, piccola mia. Non lo so. Lui...>>

Si interruppe, fece qualche passo indietro e poi si sedette ad un tavolino. Lo stesso tavolino al quale ci eravamo seduti il primo giorno in cui ero arrivata a Saint Claire.

<<Lui se ne è andato un paio di giorni fa. Ha salvato tua madre, e poi è tornato qui. È stato silenzioso. Tutto ciò che ha pronunciato sono state poche parole pericolose.>>

<<Quali parole?>> chiesi, con il respiro che mi tremava.

<<Non ricordo la frase esatta, ma era qualcosa che implicava la fine di tutto. La fine di questo inferno. Ha detto qualcosa del genere, sì. Ha parlato anche di Joey, quella povera ragazza. Ma questo.. Questo non è niente in confronto alla luce che aveva negli occhi.>>

Pensai alle parole di Cecile. Mi aveva detto la stessa identica cosa.

<<Che luce?>>

<<Un fuoco, ragazza. Il fuoco che incendia il mondo. Quello impossibile da spegnere. Un limite superato il quale tornare indietro diventa soltanto più un sogno, una proiezione della mente. E in Desmond non l'avevo mai visto prima.>>

Lo guardai restando in silenzio, mentre un uragano di emozioni contrastanti esplodeva in me, distruggendo tutto. Le parole, i suoni, i ricordi.

<<Avevo visto la rabbia in lui, in passato. Avevo visto la voglia di vendetta, la tristezza, il rimpianto. Ma quel fuoco, no. Mai prima. Ed è per questo che adesso non so rispondere alla tua domanda.>>

Guardai lo Sconosciuto e non trovai nessuna immagine di conforto questa volta sul suo viso. Come se anche lui fosse all'oscuro di ciò che Desmond aveva deciso di fare.

<<Tornerà, non è vero? Dimmi che tornerà, Jackson. Ti prego. Ti prego!>>

Lo abbracciai, perché fu l'unica cosa che riuscii a fare.
Il resto era azzerato.

Silenzio, niente di più.

<<Dimmi che tornerà, ti prego. Dimmi che Desmond tornerà.>>

Era come se non riuscissi a ripetere niente di diverso oltre quelle parole.

Come se tutta la sicurezza che pensavo di aver conquistato si fosse frantumata con il primo soffio di vento.

<<Non credo che lo rivedremo mai più, Rose.>>

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora