Avere fede

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Quella domanda risuonò nella mia testa con violenza. Più e più volte, girando intorno, in una corsa infinita.

Perché avevamo scelto di trasferirci proprio a Saint Claire?

Cecile aveva trovato lavoro nella scuola superiore della città. Ecco perché. Certo, quella in realtà non era l'unica possibilità che aveva.

Eppure alla fine avevamo scelto Saint Claire.

Non avrei mai potuto trovare una risposta. Non la risposta che voleva Cameron, almeno.

Era come se lui si aspettasse un legame con quel posto, da parte nostra. Ma, per quanto ne sapevo io, non c'era.
Le cose erano semplicemente andate così.

Poteva davvero essere un caso? Se mi guardavo dentro, a fondo, sapevo che la risposta era "no". Ma d'altra parte cosa avrei potuto pensare?

Chiusi gli occhi, appoggiai la testa al finestrino. Lasciai che il rumore dolce della pioggia provasse a prendersi cura di me.

Pensai a Desmond. Ero in pensiero per lui tanto quanto lo ero per Mitch e per Cecile. A causa mia, a breve, avrebbe messo a rischio la propria vita. E non c'era proprio nulla che potessi fare.
Tutto il mondo intorno a me, adesso, era nero. Ed io mi sentivo inerme, come se fossi circondata da dieci, cento, mille forze esterne ed invisibili che agivano in contemporanea completamente fuori dal mio controllo.

Non ero abituata a sopportare tanto dolore tutto assieme. Per la prima volta, cominciai a domandarmi se, alla fine, sarei sopravvissuta a tutto quel caos che mi sembrava non avere una logica, una ragione, un senso.

Continuando a tenere gli occhi chiusi, dopo qualche minuto, mi lasciai andare. Come se fossi in mezzo all'oceano e dopo aver provato a nuotare verso riva, alla fine avessi deciso di lasciarmi trasportare dalla corrente.

Mi addormentai, e dormii a lungo, mentre la Ford continuava a correre verso Mainwood.

Quando riaprii gli occhi dovevano essere trascorse diverse ore, perché di fronte a me c'era davvero l'oceano. Lo stesso in cui avevo pensato di lasciarmi andare.

<<Siamo arrivati, Rose>> disse lo Sconosciuto, in un sussurro.

Mi rialzai, mi strofinai il viso, cercai di mettere a fuoco tutto il paesaggio che adesso mi circondava.

Era quello della mia casa, della mia vita.

Pensai immediatamente a Mitch. Al video che avevo visto ore prima, e il cuore, all'improvviso, mi salì in gola.

Vidi la villetta in cui avevo vissuto per tanti anni.
Le luci erano spente e tutto sembrava silenzioso intorno.
Nessun'auto parcheggiata nei paraggi. Nessuna luce proveniente dall'interno, nessun rumore.
Solo silenzio e pioggia.

<<Siamo qui... Ho paura>> dissi, sottovoce.
Non avevo paura per me, in realtà, ma per mio padre. Per Mitch.

Tutto quel silenzio mi faceva pensare al peggio.
Sentii un brivido cattivo, malsano prender possesso del mio corpo prima e del mio cervello dopo.
Era l'idea forte che qualcosa si fosse rotto per sempre nella mia vita.
Il timore ingestibile che nulla, dopo quella notte, sarebbe mai più stato lo stesso. Mai più per me.

<<Devo correre da lui>> dissi senza ragionare, cercando di aprire la portiera.
Ma Cameron si voltò verso di me, e lo Sconosciuto fece lo stesso. Poi mi mise una mano sul braccio e strinse il mio polso con forza. Come a voler spegnere tutta la rabbia e l'incoscienza che sentivo crescere inesorabile in me.

<<No, Rose. Non se ne parla>> mi disse <<tu resti qui. In auto.>>

Scossi la testa, cercai di liberarmi da quella presa ma era troppo forte e non ci riuscii.

<<Lasciami!>> gridai <<è mio padre!>>
<<Rose, smettila. Cerca di riflettere, ti prego. Sei qui, e questo è già un errore. Se ti hanno mandato quei video, l'hanno fatto per attirarti verso di loro. Qui o a Saint Claire non ha importanza, perché non si tratta davvero di Cecile
o di Mitch. Si tratta di te. Di te e basta.>>

Sapevo che lo Sconosciuto aveva ragione, ma non era facile gestire quel vortice sconfinato di emozioni contrastanti che si dimenava dentro di me, ovunque.

<<Entrerò io, Rose. Li coglierò di sorpresa. Troverò tuo padre.>>

Lo guardai, e riconobbi nei suoi occhi la luce più bella che avessi mai visto durante tutta la mia vita.

Era come se quel bagliore incredibile volesse dirmi di avere fede in qualcosa, in qualcuno.

In lui.

<<Devi farlo, Rose. Devi credere che tutto andrà bene. Devi avere fede, stanotte. Non ci sono altre soluzioni, nessun'altra possibilità.>>

Lo guardai negli occhi. Fermi, impassibili, così freddi eppure al tempo stesso così carichi di emozioni.

Non c'era molto che potessi fare. E lo Sconosciuto aveva ragione. Entrando in quella casa avrei fatto ciò che loro- chiunque fossero- volevano. E a quel punto per me sarebbe finita davvero.

<<Andrà tutto bene. Riavrai tuo padre>> mi disse, allungando le mani verso le mie e stringendomele per una frazione di secondo che a me sembrò un'eternità.

<<Va bene>> sussurrai, chiudendo gli occhi.

Lo Sconosciuto scese dalla Ford e Cameron aprì la portiera per seguirlo.

<<Bene. Qual è il piano? Spariamo a tutti? So che sei bravo con le mani, ma sai.. Io mi fido più di questo>> disse, indicando l'enorme fucile che stringeva con sicurezza.

Lo Sconosciuto lo guardò, sorpreso.

<<Mi dispiace, Cameron. Non c'è nessun piano. Entro da solo.>>

Cameron lo guardò spalancando gli occhi per lo stupore.

<<Cosa?>> esclamò. <<Va bene che sei un tipo strano, amico. Ma entrare lì dentro da solo... è un po' come cercare di suicidarsi in fretta. Credimi, in due sarà tutto più sempl..>>

Ma lo Sconosciuto non lo stava più ascoltando, perché non era più davanti ai nostri occhi.

Ci guardammo intorno, ma fu inutile.

Era scomparso in silenzio e, nello stesso istante, da dentro la villa una luce si era accesa all'improvviso.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora