Il profumo di tutto il mio mondo

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Non ricordavo l'ultima volta in cui ero stata seduta davanti al mare con qualcuno. Davanti all'oceano.

Mi guardavo intorno e tutto era esattamente come avrei voluto che fosse.

Perfetto.

Il cielo, il sole. Le onde che si infrangevano davanti a noi.

Lo Sconosciuto era seduto accanto a me, sulla sabbia. Più lo guardavo più sapevo di non desiderare nient'altro.
Era quella la vita che avevo cercato per tutto quel tempo?
Forse.
Forse, adesso, iniziavo davvero a rendermi conto che un po' di speranza di felicità ci sarebbe stata, anche per me.

Trascorremmo un paio d'ore senza pensieri, a ridere e scherzare, e scoprii un lato di lui che non ero mai riuscita nemmeno a intravedere da quando l'avevo conosciuto.

Avrei voluto approfittare di quel momento per porgli tutte le domande che ancora mi attraversavano la testa, ma una parte di me me lo impedì. Perché sapevo che, con le mie indagini continue, avrei anche corso il rischio di danneggiare quella specie di alchimia perfetta che si era creata tra di noi, ed era l'ultima cosa che volevo.
Se lo Sconosciuto avesse ritenuto opportuno raccontarmi più cose di sé, allora l'avrebbe fatto. Per qualche ragione, mi sembrava giusto provare a rispettare le sue scelte, i suoi sentimenti. Non sapevo quale motivo avesse di tenermi all'oscuro di tanti aspetti di lui che ancora non conoscevo, compreso il suo nome, ma stavo lentamente imparando a rispettare anche il suo modo di vivere.

<<Sono così contenta che tu sia venuto qui>> gli dissi, mentre lui giocava a spettinare i miei capelli.
<<Avrei voluto venire prima, Rose. Davvero. Ma credimi se ti dico che non ho potuto farlo.>>
<<Ti credo. Ti crederei sempre. E voglio ringraziarti anche per aver deciso di aiutarmi a scoprire la verità sull'omicidio della mia vera madre. Sono stati giorni terribili ed io mi sono sentita così.. sola.>>

Lo Sconosciuto mi guardò, si alzò, poi mi tese la mano e mi aiutò a tirarmi su.

<<Pensi che Mitch si arrabbierà molto se gli dici che stasera non tornerai a casa?>>

Sentii il cuore accelerare i battiti.

<<Perché? Che cosa hai in mente?>>

Lui esitò per qualche istante, quindi mi guardò dritto negli occhi.

<<Cameron Dunn. Il detective della Omicidi di Charleston di cui ti parlavo. L'uomo che nel 1998 ha indagato sull'omicidio della tua madre biologica, Melissa Clarkson.>>

Sentii l'adrenalina crescere dentro di me, improvvisa e ingestibile.

<<Quello di cui ti ha parlato mio padre Nate, vero? Ciò che mi stavi dicendo all'ospedale>> dissi in un sussurro, rendendomi conto per la prima volta che forse c'era davvero un'opportunità per me di scoprire la verità sui fatti del 1998.

<<Esatto. Tuo padre mi ha fermato all'aeroporto, e oltre ad avermi dato il suo nome, mi ha anche fatto vedere dove abita oggi.>>

Lo guardai, sorpresa.

<<E dove vive?>>
<<A Jamestown, Carolina del Nord. Quasi cinque ore da qui. Cosa ne pensi?>>

Lo guardai ancora, e sentii le mani che avevano iniziato a tremare.

Se c'era qualche speranza per me di poter scoprire qualcosa in più sull'omicidio di mia madre e quindi sulle mio origini, allora il detective Dunn era l'uomo che ci serviva.

<<Dico che voglio partire adesso per Jamestown. Telefonerò a Mitch. Lui capirà.>>

Lo Sconosciuto sorrise, mi accarezzò una guancia. Io, sempre più convinta che non mi sarei mai abituata a sentirlo accanto a me in quel modo, arrossii ancora una volta.

Chiamai mio padre, gli dissi che per quella notte sarei rimasta a dormire da quel mio amico che aveva conosciuto all'ospedale.
Sapevo che magari gli sarebbe dispiaciuto un po', ma dopo tutto ciò che mi aveva tenuto nascosto non avrebbe potuto dirmi nulla né proibirmi di provare ad avere una mia indipendenza.

E infatti così fu.

Inizialmente cercò di protestare, ma poi mi capì e mi diede il permesso di trascorrere la notte fuori.

Io e lo Sconosciuto tornammo alla moto, ed io mi strinsi nuovamente a lui.

<<Arriveremo fino alla stazione di Charleston>> mi disse <<e poi da lì prenderemo il treno diretto a Jamestown. Saranno quasi sei ore di viaggio, quindi arriveremo lì di notte. Pensi che possa andar bene per te, Rose?>>

Io sorrisi, poi mi infilai il casco e quindi avvolsi le mie braccia intorno al suo corpo.

<<Penso che sarà perfetto>> gli dissi in un sussurro, un attimo prima di chiudere gli occhi e lasciarmi andare a quel momento perfetto.

Il motore si accese e la strada incominciò nuovamente a correre veloce sotto di noi.

Mentre l'oceano ci passava accanto pensai alla situazione in cui mi trovavo. Sarei andata a cercare il detective che quasi venti anni prima aveva indagato sull'omicidio della madre che io, solo pochi giorni fa, avevo scoperto di avere. E ci sarei andata con un ragazzo del quale sentivo di essere profondamente, totalmente e irreversibilmente innamorata.

Forse era tutto sbagliato, perché non sapevo davvero chi fosse lui.
Ma la mia testa, appoggiata contro il suo corpo mentre la moto continuava a prendere sempre più velocità, era esattamente dove avrei voluto che fosse. E quel brivido intenso, che adesso sentivo avvolgere ogni mio singolo senso, ogni mio pensiero, mi raccontava una storia che prima di quel momento non avevo mai sentito. Mi faceva paura, mi faceva tremare il cuore, mi spingeva davanti ad una realtà fatta di ombre che improvvise si affacciavano tra i miei pensieri rendendoli oscuri, incomprensibili, irrazionali. Eppure sapevo, e ne ero certa, che con lui accanto avrei trovato il modo di ridare un senso a tutto.

Se mi avessero chiesto che cosa fosse l'amore, io - che prima di allora non l'avevo mai incrociato - avrei risposto che l'amore per me era quella corsa insieme in moto verso la stazione di Charleston.

Mi strinsi ancora più forte a lui, chiusi gli occhi e, per la prima volta nella vita, sentii di fare davvero parte di qualcosa di più grande.

Non pensavo che il profumo di una giornata d'estate che volgeva al termine potesse diventare, all'improvviso, il profumo di tutto il mio mondo.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora