Faccia a faccia con l'inferno

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Riaprii gli occhi.

In realtà, non mi ero resa conto di averli mai chiusi.
Sentivo il rumore dell'acqua del fiume sotto la nostra barca, che si allontanava veloce dal molo e dalla villa di Cameron Dunn.

Avevo avuto una visione, e mi era sembrata così reale che non me ne ero neanche resa conto.

Era stato un attimo, probabilmente, ma non avrei saputo quantificare il tempo che era durata.

Guardai lo Sconosciuto, e vidi che era sempre seduto accanto a Cameron.

Mi voltai e mi resi conto che ci eravamo allontanati già abbastanza dagli uomini che ci avevano attaccati pochi minuti prima. Le mani però mi tremavano, e sapevo che era dovuto a quanto era appena accaduto. Ma sapevo anche che, in parte, era dovuto alla visione.

Tutto quel sangue. E Desmond. La sua ascia. I coltelli. Quei cadaveri, ovunque.

Poi rividi la donna seduta sulla sedia.

Legata, imbavagliata.

Mi sforzai, cercando di ricordare qualche tratto di lei che potesse essere collegato a qualcuno che conoscessi, ma non vi riuscii. Non avevo visto il suo volto, ma solo il suo profilo. Era difficile capire qualcosa in più su di lei, anche perché dentro di me in quel momento era tutto così confuso, così annebbiato.

Eppure mi era così familiare.

D'un tratto mi resi conto che, tra le mani che non volevano smettere di tremare, stringevo ancora il mio telefono.

Mi ricordai all'improvviso di avere ricevuto due messaggi nello stesso istante, uno da Mitch e uno da Cecile.

Provai ad aprirli ma, stranamente, non vi riuscii.

Ci provai ancora, ma nulla. Era come se il telefono avesse deciso di bloccarsi proprio in quel momento. Così lo spensi, pensando di riaccenderlo qualche istante dopo.

<<Dove stiamo andando?>> chiesi a voce alta, cercando di sovrastare il rumore della barca a motore che adesso aveva preso ancora più velocità.

Cameron si voltò un istante a guardarmi e poi mi rispose.

<<C'è un piccolo rifugio non molto lontano da qui. È un posto isolato. Ci trascorro qualche giorno quando vado a pescare. Penso che saremo al sicuro lì, per il momento.>>

Non ne ero così certa. Se quegli uomini ci avevano seguito fino a Jamestown, molto probabilmente avrebbero continuato a farlo. Anche se non avevo idea di quale fosse la ragione che continuava a portarli da me.

Di una cosa però ormai ero sicura.

Io ero il problema.
Io mettevo in pericolo chi mi rimaneva accanto.

Era successo a Saint Claire, con mia madre e con tutti gli altri, e adesso stava succedendo qui.

Pensai ad Alex.
A causa mia aveva rischiato di morire.
Per che cosa?
Non avevo risposte.
Ma quanto a lungo avrei sopportato di trovarmi in una circostanza del genere?
Ogni persona che decideva di restarmi vicino rischiava di venire uccisa.
E non c'erano risposte razionali che fossi in grado di dare, di darmi. Era tutto completamente illogico.

Soltanto perché ci trovavamo a casa sua, Cameron Dunn era stato sfiorato da una pioggia di proiettili. E se non fosse stato per lo Sconosciuto, probabilmente adesso sarebbe morto.

Mi chiesi se io valessi tutti quei rischi.
Pensai alla mia vera madre, Melissa Clarkson.
Anche lei, con tutta probabilità, era morta a causa mia. 

All'improvviso, un'onda di vuoto investì i miei pensieri, ed io mi sentii sola come mai prima di quel momento.

Lo Sconosciuto, in quel preciso istante, come se avesse percepito i miei pensieri, si voltò verso di me e mi porse la mano.

Io esitai qualche secondo. Sentivo la pioggia che continuava a bagnarmi i capelli e il viso cadere incessante su di me.
Se stavo piangendo, forse non se ne sarebbe accorto.

Allungai la mia mano verso la sua e le nostre dita si intrecciarono.

Guardai la riva del fiume, non troppo distante da noi, che la seguivamo veloci in parallelo.
Tanto verde e quasi nessuna abitazione.

<<Quegli uomini...>> disse Cameron <<loro cercavano te, ne sono certo.>>

Non risposi nulla. Si stava rivolgendo a me, ed io non avevo idea di che cosa avrei potuto dirgli.

<<Io.. Non lo so. Ho paura di sì.>>
<<Ti è già successo, non è vero? Che qualcuno ti seguisse, ti cercasse, di recente.>>

Dentro di me, il cuore aveva iniziato ad accelerare i battiti.

<<Sì> risposi, in un sussurro.

Rimanemmo in silenzio, tutti, mentre la nostra barca continuava a viaggiare e la pioggia a cadere sopra di noi.
Era un silenzio strano. Come se sapessimo che c'era qualcosa di ineluttabile, inevitabile ad attenderci, presto.

Guardai il mio telefono. Lo riaccesi, proteggendolo con la mano dalla pioggia.

Andai sui messaggi ricevuti. Questa volta non ebbi problemi nell'aprirli.

Per primo aprii quello di Cecile.

Rimasi stupita nello scoprire che non c'era scritto nulla, ma che c'era un video da scaricare.

Lo scaricai e, quando premetti play, il sangue mi si fermò nelle vene.

Una stanza buia, vuota. Una stanza che mi era così familiare.
Era quella che avevo visto nella visione pochi minuti prima.

Dei sospiri, mentre la videocamera correva verso una delle estremità.

Legata ad una sedia, nastro adesivo sulla bocca, la vidi.
Cecile.
Piangeva, si dimenava.
Poi, lentamente, un uomo che riuscivo a vedere solo di spalle si avvicinava a lei. Si avvicinava al suo collo con un coltello in mano, e glielo puntava alla gola. Talmente vicino alla pelle da farle uscire del sangue.
Vidi per la prima volta, nei suoi occhi, la disperazione.

Quella reale.

Non riuscii a reagire in nessun modo, i sentimenti in me si spensero, come le emozioni.

Il video andava avanti a lungo. Poi, un po' alla volta, attorno a Cecile comparivano altri uomini.
Alla fine fissavano l'obiettivo nella videocamera.

Fissavano me.

Il filmato terminò ed io, incapace di muovermi, di respirare e di pensare a qualunque cosa, aprii il messaggio di mio padre.

Un altro video.

Lo scaricai, premetti play.

Riconobbi immediatamente la nostra casa di Mainwood.

La videocamera la attraversò fino a raggiungere la mia camera.

Seduto sul letto, legato nello stesso identico modo di Cecile, c'era Mitch.
Nei suoi occhi riconobbi la stessa disperazione che era in quelli della mia madre adottiva.

Anche lui, come lei, aveva un coltello puntato contro la gola.
Anche dal suo collo, del sangue aveva già iniziato a scendere.

Quando i suoi occhi incrociarono la videocamera, si fissarono nei miei.

E per me fu come se tutto il mio mondo fosse sul punto di spegnersi per sempre.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora