Niente più lacrime

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Mancavano trenta minuti alla mezzanotte.

Trenta minuti e avrei compiuto diciannove anni.

Mentre aprivo la portiera della Ford, spinta da un istinto che, per quanto mi fossi sforzata, non sarei mai stata in grado di controllare, mi chiesi se mai sarei arrivata viva al mio compleanno.

Diciannove anni.

<<Rose!>> gridò Cameron, voltandosi nella mia direzione <<che cosa diavolo stai facendo?>>

Ma io non risposi e scesi dall'auto.
Sentii la pioggia cadere violenta su di me, bagnare il mio corpo e i miei pensieri; la mia immensa, ingestibile paura.

Non ero riuscita a capire di chi fosse l'urlo terrificante che avevo sentito, ma non riuscivo più a restare chiusa lì dentro.

C'era mio padre in quella casa. E c'era qualcuno che stava combattendo per me.

Cameron aprì la portiera e mi seguì. In mano teneva il suo fucile.

<<Rose>> mi disse, dopo avermi raggiunta <<rifletti, Rose. Non cambierai le cose entrando in quella casa. Non cambierai nulla. Ti metterai soltanto in pericolo.>>

Ma io non lo stavo più ascoltando. Continuavo a camminare veloce, sotto l'acqua che non voleva sapere di fermarsi.

<<Rose, è ciò che vogliono loro. Chiunque siano. È per questo che hanno preso tuo padre. Per far sì che tu faccia esattamente ciò che stai facendo, riesci a capirlo?>>

Mi fermai, mi voltai verso di lui, lasciai che le braccia mi scivolassero lungo il corpo.
All'improvviso, fu come se tutta la tensione che mi portavo dentro stesse scivolando via assieme all'acqua che continuava a bagnarmi.

<<Lo so, Cameron. Lo so, e forse mi va bene così. Basta. Io sono stanca. Non posso continuare a vivere in questo modo. Se mi vogliono, che mi prendano. È troppo, lo capisci? Lo capisci che non riesco più a sopportarlo?>>

Urlavo. Senza volerlo, ma urlavo. La voce usciva fuori forte, intensa. Le parole si rincorrevano a raffica. Era come se stessi esplodendo. Forse la paura si era trasformata in rassegnazione, non lo so. Ma mi sentivo, per la prima volta dopo tanto tempo, apatica. Era come se avessi raggiunto il limite massimo e poi l'avessi oltrepassato. Al di là di quel confine, c'era il nulla.

<<Rose, calmati. Rifletti. Non..>>
Allungò una mano verso di me, cercò di rassicurarmi in qualche modo, ma non funzionò. Lo allontanai con rabbia, mentre in gola si stava stringendo un nodo gigantesco. Pensavo che avrei sentito le lacrime scendere di lì a poco, e invece no.
Non piangevo più. Non era qualcosa di voluto, era semplicemente così.

<<Rose..>>
<<Lasciami andare, Cameron. Tra mezz'ora sarà il mio compleanno. Se non riuscirò a festeggiarlo, avrò comunque fatto il possibile per rivedere almeno mio padre. L'uomo che mi ha cresciuta.>>

Cameron sospirò, quindi mi guardò diritto negli occhi. Rimase per un attimo così, immobile sotto la pioggia, a un passo da me, dalla mia rabbia.

<<Lo capisco, Rose>> disse, distogliendo poi lo sguardo. Sollevò il fucile tra le mani e lo caricò. <<Diavolo, se lo capisco.>>

Mi guardò ancora una volta, poi indicò la villa.
Io annuii, e quindi incominciammo a camminare insieme in quella direzione.

Eravamo sempre più vicini, e passo dopo passo sentivo una forza incredibile farsi strada dentro di me.
Forse era l'adrenalina, forse era la tensione che stavo finalmente scaricando, forse era soltanto la voglia, il bisogno di riabbracciare Mitch e di sapere che lo Sconosciuto stesse bene. In ogni caso, era qualcosa che prima di quel momento non avevo mai provato. Era come se fossi io stessa una persona che non conoscevo.

Arrivammo davanti all'entrata, assicurandoci che davanti alla porta non ci fosse nessuno.

Non fu esattamente così.

A terra, davanti ai nostri occhi, c'erano dei corpi.
Li guardai, e ovviamente non li conoscevo. Non riuscii a capire se fossero vivi o morti, e comunque non si muovevano.

Erano tre, forse quattro. Persi il conto.

Cameron mi fece cenno con la testa di andare avanti.

Feci ancora qualche passo.

Accostai l'orecchio alla porta, ma non sentii nulla.

Provai una fitta allo stomaco, qualcosa di impossibile da descrivere. Non era paura né ansia.
Era sapere che in pochi istanti avrei preso coscienza di quello che sarebbe stato il mio futuro.

Appoggia la mano sulla maniglia e, lentamente, aprii.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora