C'è qualcuno per te Rose

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Non avevo idea di che ore fossero.

Mia madre era seduta accanto a me sul mio letto e mi osservava in un modo che non avrei saputo descrivere. Era un misto tra preoccupazione e confusione.

Guardai fuori dalla finestra e mi resi conto che il sole doveva essere sorto già da un pezzo. La sua luce tenue mi illuminava il viso e un po' mi infastidiva.
Sentii la mano di mia mia mamma posarsi sul mio braccio e immediatamente mi tornarono in mente gli avvenimenti della notte scorsa.

<<Hai avuto un incubo, Rose.>>

Mi guardai subito intorno in cerca dei fogli di giornale che avevo trovato ad aspettarmi sul letto prima di addormentarmi, ma mi sembrò di non vederli.

<<Dove sono gli articoli di giornale, mamma?>>
Lei mi guardò con un'aria ancora più sorpresa di poco prima.

<<Quali articoli?>>

Mi sollevai sulla schiena e mi strofinai il viso, assonnata.

<<Erano qui, sul letto, proprio accanto a me.>>
Scosse la testa.
<<Io non ho visto nessun giornale, tesoro.>>
Ero certa che anche lei li avesse visti. Cercai di concentrarmi su quanto era accaduto la notte precedente, dopo il mio ritorno dal bosco.

Avevo parlato con Desmond sotto casa. Mi ero resa conto che la suoneria del suo telefono era la stessa canzone che avevo sentito nella visione che lo Sconosciuto mi aveva fatto avere. Poi ero salita in camera mia e sul mio letto avevo trovato tutti quegli articoli di giornale che ritraevano il volto di Joey Petersen. Avevo urlato e poi avevo visto qualcuno che di spalle usciva dal cancello della nostra casa. A quel punto mia madre era entrata nella mia stanza e mi aveva trovata sul letto con tutti quegli articoli tra le mani. Ne ero certa, non mi stavo sbagliando. Poi mi ero addormentata e avevo sognato di correre nel bosco.

Come era possibile che lei non ricordasse nulla?

<<Mamma, la prima volta che sei entrata in camera mia. Ricordi? C'erano tutti quei giornali, te li ho fatti vedere... >>

Continuò a guardarmi e sembrava sempre più sconvolta. Eppure io ne ero sicura. Avevamo anche parlato un po' prima che mi addormentassi. Mi aveva detto che non dovevo preoccuparmi dei giornali perché probabilmente li aveva lasciati qualcuno dell'impresa di pulizie che aveva lavorato in casa prima del nostro arrivo.

Non poteva aver dimenticato tutto.

<<Mamma, abbiamo parlato. Mi hai detto che forse li aveva lasciati qui per errore qualcuno dell'impresa di pulizie prima che noi arrivassimo. Come fai a non ricordartelo?>>

In tutta risposta, Cecile mi appoggiò una mano sulla fronte come a voler sentire la temperatura del mio corpo.

<<Sei sicura di star bene, tesoro? Sei un po' calda. E poi che cosa hai sognato per svegliarti gridando in quel modo?>>

Scossi la testa, sconvolta. Non poteva essere vero. D'altronde ero anche certa che mia mamma non avesse motivi per mentirmi.

Si alzò dal mio letto e si allontanò dalla mia stanza.

<<Non importa, tesoro. Me lo racconterai facendo colazione. Ti aspetto di sotto.>>

Mi sorrise ed uscì.

Non appena ebbe chiuso la porta mi alzai e incominciai a cercare quei giornali. Guardai sulla scrivania, sotto il letto, dentro l'armadio. Ma nulla. Non ce n'era traccia. Controllai anche tra le lenzuola; rivoltai il materasso, spostai le tende, riaprii tutti i cassetti e poi li richiusi.

Niente di niente. I giornali erano scomparsi e mia madre sembrava non ricordare nulla di quanto ci eravamo dette soltanto poche ore prima.

Ero sconvolta.

Per qualche istante mi chiesi se non fossi io ad essere impazzita all'improvviso. Ma non poteva essere, i miei ricordi erano così perfetti, così limpidi.
Ripensai al sogno di quella notte. Non mi ricordavo la fine ma mi ricordavo la casa tra i pini, quella circondata dalla neve.

La casa della visione.

Pensai al fiume e al campo di papaveri oltre il bosco. Risentii la voce dello Sconosciuto che mi indicava quel percorso.

Con la mente tornai ancora al bosco. Non mi sembrava di avere visto nessun fiume e nessun campo di papaveri la notte precedente.
Decisi che avrei controllato, anche se qualcosa mi sussurrava nel profondo che forse la cosa giusta da fare era ascoltare le parole dello Sconosciuto. Andarmene da quel posto.
Mi sentivo confusa e spaventata in un modo che fino a quel momento non avevo mai provato.
Avrei voluto riordinare le idee, arrivare ad una conclusione, ma ogni volta era come sbattere la testa contro un muro di cemento.

Non ero mai stata una persona piena di sicurezze, ma tutti quegli eventi erano davvero fuori dal mio controllo.

Avrei voluto urlare, distruggere ogni cosa che avevo attorno. Perché quei maledetti giornali non potevano essere scomparsi così. E mia madre non poteva in nessun modo aver dimenticato ciò che io invece ricordavo così bene.

Decisi di smetterla di pensare e di andare a fare una doccia per rilassarmi qualche minuto, quando, dal piano di sotto, la sentii all'improvviso parlare con qualcuno.

Aprii la porta lentamente e rimasi in ascolto.

<<Certo, entra pure>> disse mia mamma <<Rose è di sopra, ma la chiamo subito.>>

Uscii lentamente dalla mia camera, cercando di non farmi sentire.

<<Rose>> gridò <<Scendi. C'è qualcuno per te.>>

Percorsi il corridoio senza rispondere nulla e mi nascosi dietro la colonna in legno che precedeva la scalinata.

Sporsi la testa di lato quanto bastava per vedere chi ci fosse sotto.

E lo Sconosciuto era lì, seduto al tavolo del nostro salotto, accanto a mia madre.

Anche se non poteva vedermi in nessun modo, avrei giurato che mi stesse fissando.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now