Le vittime

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La porta si aprì ed io, improvvisamente, mi ritrovai di fronte alla casa in cui avevo vissuto per così tanti anni.

Ma c'era qualcosa di diverso.

Silenzio. Un silenzio che prima non avevo mai sentito. O forse sì, negli ultimi tempi di vita insieme di Mitch e Cecile. Quando le cose già avevano incominciato a non funzionare più.

Guardai di fronte a me e a terra riuscii a scorgere degli altri corpi. Ancora persone che non conoscevo.
Cameron mi appoggiò una mano su di una spalla e fece qualche passo in avanti.

Di Mitch e dello Sconosciuto per il momento non c'era traccia, anche se ricordavo dal video che avevo visto che lui era tenuto legato nella mia camera, quindi avrei dovuto attraversare il resto della casa prima di giungere a destinazione.
Così feci.
Cameron continuava a camminare qualche passo davanti a me, stringendo il fucile tra le mani.
Averlo vicino mi tranquillizzava in qualche modo.

Altre due persone distese a terra.
Avevano gli occhi chiusi, ma respiravano ancora.
Lo Sconosciuto non le aveva uccise, dunque.

Mancava poco alla mia camera da letto, quando all'improvviso sentimmo dei rumori e delle grida, poi dei colpi di pistola. E provenivano proprio da lì.

Cameron incominciò a correre, io lo seguii.

Raggiungemmo la porta della stanza, che era chiusa.

Altri colpi di pistola, altre grida. Ma non era la voce di mio padre. Nemmeno quella dello Sconosciuto.

Ancora rumore, come di lotta. Qualcosa che si frantumava. Il mio specchio, probabilmente. E poi altre grida, disperate.

Cameron, in un gesto rapido ma prudente, facendomi segno di restare dietro la parete, aprì la porta, nascondendosi in parte lui stesso ma lasciando libera la visuale di ciò che era davanti a noi.

Ebbi paura a guardare, perché sapevo che lì dentro avrei trovato mio padre.

Ma presi un respiro profondo, e mi feci coraggio. Puntai gli occhi al centro della stanza, in direzione del mio letto.
Mitch non era più lì.

Sentii il cuore sobbalzare dentro di me, facendomi perdere ogni rimasuglio di controllo.

Mi mossi più velocemente con lo sguardo e in una frazione di secondo trovai lo Sconosciuto. Era circondato da altri uomini, tanti, troppi per riuscire a contarli. Altri erano stesi a terra, ma quelli che lo circondavano sembravano non dargli tregua, anche se lui si muoveva con estrema velocità, e schivava tutti i loro colpi.

Poi, in una frazione di secondo, come in un lampo, lo vidi.
Mitch era seduto su una sedia, legato, ma riuscivo a scorgerlo solo di schiena.
Era immobile e la testa era poggiata in avanti, verso il basso.

Non potevo vedere nulla di più.

Le mani mi tremavano e il cuore batteva all'impazzata.

Poi, per un istante solo, lo Sconosciuto incrociò gli occhi nei miei, e ritrovai in lui un'espressione incredibile di paura, preoccupazione, inquietudine.

Qualcuno, alle sue spalle, stava per colpirlo con un coltello. Guardai per un attimo il suo aggressore negli occhi. Aveva lo sguardo perso, vuoto, terrificante. Grigio, lontano. Come quello di qualcuno che non aveva più un'anima, dentro.

Avrei voluto fare qualcosa per salvarlo, ma non ne ebbi il tempo.

L'uomo alle spalle dello Sconosciuto fece partire con violenza una coltellata verso di lui, verso il suo collo.

L'attimo dopo, la mano di Cameron si posò rapida sulla mia testa, facendomi abbassare, e da sopra di me sentii partire un colpo fortissimo di fucile.
Il proiettile attraversò la stanza e si piantò nel braccio dell'aggressore, facendolo barcollare e poi cadere. Nello stesso istante, lo Sconosciuto, rapido come non l'avevo mai visto prima, si abbassò ed evitò sia la coltellata che gli avrebbe trafitto il collo, sia il proiettile sparato da Cameron.

I nostri occhi si trovarono ancora una volta.

<<Stai giù, Rose! Resta qui, immobile!>>

Era la voce di Cameron. Con la spalla dietro la parete, come a proteggersi dalla minaccia che incombeva da dentro la mia camera, aveva incominciato a puntare il fucile verso tutti gli uomini che erano rimasti di fronte a lui, che erano ancora tanti.

Feci come mi disse, mi nascosi dietro il muro e mi abbassai.

Riuscii a vederlo mentre sparava e caricava, sparava e caricava. I boati mi facevano tremare le orecchie, e mi sembrò, a un certo punto, di non essere più in grado di sentire alcun rumore.

Lo guardai ancora mentre, instancabile, continuava a sparare.
Sporsi gli occhi all'interno, e vidi i corpi che, uno dopo l'altro, cadevano intorno allo Sconosciuto, facendogli guadagnare tempo e spazio preziosi.
Cameron aveva una mira incredibile.
Ancora uno sparo, poi guardò davanti a sé ed imprecò.

Aveva finto le munizioni.

Lasciò cadere il fucile e tirò fuori dalla cintura una piccola pistola.

La puntò verso gli uomini che erano rimasti all'interno, ma non ci fu più bisogno che facesse nulla.
Lo Sconosciuto, a mani nude, li aveva neutralizzati tutti e tre.

Per un attimo cadde il silenzio intorno a noi.

Mi guardai intorno.

Guardai Cameron, quindi lo Sconosciuto, quindi tutti quei corpi a terra.
Infine, poggiai gli occhi sulla sedia alla quale era legato mio padre, temendo il peggio.

Avevo una sensazione terribile addosso.
Un'angoscia impossibile da gestire, da addomesticare.

Mi alzai, pronta a correre verso quella sedia, ma poi accadde tutto in un lampo.
Il tempo di vedere lo sguardo dello Sconosciuto farsi nero, riempirsi di paura, fissando un punto alle nostre spalle, oltre Cameron.

Poi, ancora, sentii la sua voce tagliare l'aria a metà, in un grido terribile.

<<Cameron! Stai giù, Cameron!>>

Mi voltai, ed ebbi soltanto il tempo di vedere la lama di un coltello che attraversava, silenziosa, la schiena di Cameron.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora