Nate, mio padre

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Avevo i suoi stessi occhi.

Fu quella la prima cosa che notai quando i nostri sguardi si incrociarono.

Non me ne ero resa conto quando l'avevo visto per la prima volta al parco. Forse perché era notte, o forse perché avevo troppa paura per Alex. Ma adesso, nella luce della mia stanza, riuscii a guardarlo con più attenzione.

Non avevo idea di quanti anni potesse avere. Era alto, molto alto. Un fisico imponente. Faceva paura, in un certo senso.

Guardai lo Sconosciuto, e lo stupore che avevo visto prima sul suo volto adesso era aumentato.

Nate, senza dire nulla, incominciò a camminare verso di me.

Non sapevo che cosa fare, che cosa pensare. Ma ormai era troppo vicino perché avessi il tempo di decifrare le mie emozioni.

<<Ciao, Rose>> mi disse, guardandomi negli occhi.
La sua voce era incredibilmente profonda.

Non risposi nulla, rimasi immobile davanti a lui.

Allungò una mano verso il mio viso, mi accarezzò una guancia. Le sue dita erano così fredde.

Tremai. Come una foglia appena caduta da un albero.

<<Lo so, Rose. So che sai tutto di me. So che non sai che cosa dire, adesso. Ma non ha importanza. Vederti così, come sto facendo in questo momento, è già molto più di quanto avrei mai potuto sperare.>>

Respirai, ma non avrei voluto. Avrei voluto essere invisibile, poter svanire nel nulla.
Scomparire da quella stanza.

Guardò Mitch, alle mie spalle.

<<Nate>> disse lui, in un sussurro.

<<Non abbiamo molto tempo. Con me qui, la villa sarà circondata in pochi minuti.>>

Mi voltai ancora verso Nate.

<<È tutto ciò che hai da dire?>> dissi, con la rabbia che esplodeva in me come una granata.

Nate sembrò esitare per qualche secondo.

<<Rose... Vorrei avere tempo. Vorrei avere più tempo per parlare con te. Per stringerti. Come un padre dovrebbe fare con la propria figlia. Vorrei, davvero. Ma purtroppo non ce l'ho.>>

I suoi occhi, incollati ai miei, erano così forti che riuscirono a placare il fuoco che sentivo ardere in me.
Fu una sensazione così strana.
L'idea di essere improvvisamente a casa, nel suo sguardo. L'impressione, che durò solo un istante, di aver trovato, in quel preciso momento, il mio posto nel mondo.

<<Chi diavolo sei tu, Nate?>>

Mitch lo guardò. Lo Sconosciuto lo guardò. Ma lui non rispose nulla.

<<Saranno qui a momenti. Dobbiamo fare in fretta. Dobbiamo lasciare questa casa. Adesso.>>

Non riuscivo a capire perché fosse così certo che degli altri uomini sarebbero arrivati nella nostra casa, ma per qualche ragione mi fidavo ciecamente di lui. Non era qualcosa che potessi scegliere. Era come se, improvvisamente, io fossi diventata istinto puro. Con lui lì, davanti a me, io, in silenzio, ero diventata i miei sensi. Era come se da dentro fossi certa di quali fossero le risposte giuste. Di quale fosse la cosa giusta da fare nei prossimi minuti.

Scappare.

<<Andiamo>> disse Nate, indicando allo Sconosciuto e a Mitch la porta.

Oltrepassarono i cadaveri dei nostri inseguitori e il corpo di Cameron, quindi uscirono.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now