Le ultime parole di Melissa Clarkson

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Non sapevo che cosa pensare.

Immobile, paralizzata su quel divano, in quel salotto buio, mi domandavo che cosa significasse ciò che Cameron Dunn aveva appena affermato.

Mia madre, la mia vera madre, aveva parlato, prima di morire, di un lago.

Guardai lo Sconosciuto e anche nei suoi occhi riconobbi stupore. Qualcosa che di rado si manifestava in lui.

<<Un lago?>> chiesi.
<<Sì, un lago. Non ho idea di ciò che volesse dire. Ci ho riflettuto a lungo. Tante volte, durante tutti questi anni, ho rivissuto quel momento, dentro di me. Ma niente. Nessuna risposta. Nulla che potesse essere utile a decifrare le ultime parole di tua madre.>>

Sospirai, esitai, scossi la testa.

<<Sono andata a vivere con mia madre adottiva in un piccolo paese al confine tra Canada e Stati Uniti. Si chiama Saint Claire. Lo conosce?>>

Dunn trasse un respiro profondo, poi mi guardò con occhi confusi.
<<Saint Claire hai detto? Io.. Il nome mi è familiare.>>
<<Forse per via dei giornali. Sono accaduti alcuni fatti terribili laggiù, signor Dunn. Delle ragazze sono scomparse, e poi sono morte. Per quel che ne so, in questo momento un'altra ragazza risulta scomparsa. Sono tornata a vivere in Carolina, dal mio padre adottivo, perché mia madre pensava che restare lì non sarebbe poi stato sicuro per me.>>

Cameron annuì, come se adesso riuscisse a mettere tutto a fuoco dentro di sé.

<<Ma la cosa più strana, e adesso posso dire più inquietante, è che le sparizioni di cui le sto parlando sono avvenute tutte nei pressi di un grande lago.>>

Mi fermai, rimasi in silenzio. Era un po' come se mi stessi rendendo davvero conto solo in quel momento di quanto tutta quella situazione fosse terrificante.

<<E c'è dell'altro>> aggiunsi << tutte le ragazze che hanno avuto qualcosa a che fare con quel lago somigliavano a me. Tutte, comprese quelle che sono morte.>>

Cameron Dunn sospirò, si strofinò gli occhi. Guardai la lunga cicatrice che attraversava la sua mano, e mi chiesi come potesse essersela procurata.

<<Santo cielo, Rose. Santo cielo. Io.. Non...>> si fermò, come se avesse perso le parole.

<<Non sa cosa potrebbe significare?>>

<<No, non ne ho idea. Ma non ti ho ancora raccontato tutto.>>

Si fermò, si alzò, si avvicinò alla finestra aperta, con la tapparella abbassata. Potevamo sentire il rumore della pioggia che continuava a cadere intorno a noi, fuori da quella piccola villa.

<<Qualche ora dopo la morte di tua madre, ricevetti una telefonata. Qualcuno aveva trovato due cadaveri in un vicolo di Charleston. Io e un paio di agenti ci recammo sul posto. Si trattava di due uomini sulla trentina, bianchi. I loro corpi non presentano ferite di alcun tipo, e l'autopsia che fu fatta in seguito non rivelò nessuna traccia di condizione anormale circa la loro morte. Se ne erano andati entrambi nello stesso momento, senza una causa evidente o particolare.>>

Rabbrividii, pensai a Joey e a Susan. Cameron Dunn parlava di due uomini, però. Ero sempre più confusa, eppure mi sembrava che tra ciò che mi stava raccontando lui e ciò che avevo vissuto io i punti in comune fossero molti.

<<Nella tasca di uno dei due uomini ritrovammo diverse fotografie di tua madre, Rose. Mentre nella tasca interna della giacca dell'altro fu rinvenuta la pistola che l'aveva uccisa.>>

Smise di parlare, mentre il mio cuore smise di battere. Per un attimo lungo, eterno.
Guardai Dunn negli occhi e cercai di trattenere le lacrime. Avevo paura ed ero triste al tempo stesso. Guardai lo Sconosciuto, e lui si avvicinò un po' di più a me e mi strinse a sé.

<<Avevamo trovato gli assassini di tua madre, Rose. Ma il modo in cui erano morti non aveva alcuna spiegazione logica. Indagai a lungo su quella storia. Nessuno dei due aveva mai avuto problemi di salute. Parlai con alcuni ragazzi del posto, e scoprii che uno di loro, quello che aveva chiamato la Polizia, aveva assistito alla scena. Mi raccontò che i due uomini stavano parlando tranquillamente tra di loro, in quella strada di periferia. Poi, all'improvviso, senza urlare, senza dire assolutamente nulla, entrambi si erano accasciati a terra. Nello stesso identico momento.>>

Dunn si accese la terza sigaretta, poi prese delle pillole da una boccetta e le mandò giù senza bere nulla.
Ero sconvolta.

<<Avevano una foto di tua madre.
La stavano cercando, Rose.
Quando ti ho vista, poco fa, fuori dalla porta della mia casa, mi sono reso conto di una cosa.>>

Si interruppe, guardò a fondo prima me e poi lo Sconosciuto.

<<Ho capito che il passato non dimentica, mai. Ero certo che questa storia sarebbe tornata a farmi visita. E ciò che tu mi stai dicendo, circa il lago e la morte di quelle due ragazze... Lasciami indovinare. Se ne sono andate anche loro come i due uomini che hanno ucciso tua madre, vero?>>

Sospirai, sentii la pelle del mio corpo che era diventata fredda di colpo, le mani che faticavano a muoversi, le dita che non si chiudevano più. Era come se fossi bloccata.

<<Sì, le ragazze che sono scomparse al lago sono poi morte esattamente come sono morti gli assassini di mia madre. Ed io ero presente. Sono morte insieme, senza nessuna spiegazione.>>

<<Tua madre... Lei sapeva qualcosa su quel lago. E quegli uomini la cercavano per ucciderla o... >>

Si fermò, mi guardò diritto negli occhi. Poi, come se avesse trovato inaspettatamente delle risposte, si alzò in piedi di scatto.

<<Tua madre aveva detto qualcosa riguardo il lago e anche qualcosa riguardo te. Aveva pronunciato, prima di morire, più volte il tuo nome, e più volte aveva fatto riferimento proprio a quel dannato lago. Tu avevi solo un anno, Rose. Perché parlare di te e del lago proprio in punto di morte? Perché le doveva essere sembrato così importante? Quegli uomini avevano delle foto di lei addosso, e quindi la cercavano, ma tu... Tu sei stata ritrovata in una camera d'albergo. Lo ricordo bene. E Nate... Il tuo vero padre... Lo incontrai poco dopo l'omicidio di tua madre. Lui mi disse di stare attento, di non proseguire con le indagini. Lo disse con tanta convinzione che per un certo periodo pensai addirittura che fosse colpevole di qualcosa anche lui. Poi, in un secondo momento, mi resi conto che l'aveva fatto per proteggermi.>>

Guardai Cameron negli occhi, ed erano lucidi. Come se tutte le sensazioni che si portava dentro, tutte le emozioni che a lungo aveva trattenuto in sé, ora stessero uscendo fuori, libere, senza freni.

<<Nate ti ha portata in quella camera d'albergo perché sapeva che eri tu ad essere in pericolo, Rose! E quegli uomini cercavano tua madre soltanto per arrivare a te! Ecco perché lei, prima di morire, ha pronunciato così tante volte il tuo nome! Ed ecco perché tu non ti trovavi in casa. Eri in quella stanza d'albergo perché Nate, in qualche modo, sapeva che eri in pericolo.>>

Ancora una volta, rabbrividii. Una valanga di sensazioni negative mi immerse, e mi sembrò, all'improvviso, di non essere più in grado di respirare.

Cameron sollevò la testa. Lentamente, spostò gli occhi da me allo Sconosciuto, poi fissò la porta di casa, quindi di nuovo me.

<<Nate sapeva che eri in pericolo>> ripeté sottovoce, <<Nate sapeva che eri in pericolo..>> poi il suo sguardo si fece all'improvviso cupo, gelido.

<<Nate sa che sei in pericolo>> disse infine, scandendo lentamente ogni singola parola.

Smise di guardarmi e, di colpo, tornò a fissare la porta di casa.

<<Non siamo soli>> sussurrò, rimanendo immobile.

Quando mi resi conto di ciò che stava succedendo, ormai era già troppo tardi.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now