Richiesta d'aiuto

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Sconvolta, aprii la portiera, lentamente, per paura che l'uomo potesse perdere l'equilibrio e cadere a terra.

Uscii dall'automobile e mi avvicinai il più possibile a lui.

Si reggeva in piedi a malapena ed era davvero molto pallido. Continuava a tenere una mano sul ventre, come a nascondere una ferita.

<<Signore>> dissi <<va tutto bene. Riesce a capirmi?>>
Lui fece cenno di sì con la testa, poi provò a dire qualcosa ma faceva fatica a parlare, le parole non volevano uscire.

<<Si sieda, si sieda sul sedile. Cerchi di respirare>> gli dissi, spostandomi e aiutandolo a sedersi.

Mi sedetti accanto a lui gli toccai la fronte. Era ghiacciata, così come le sue mani.

<<Che cosa le è successo?>> gli chiesi, indicando con lo sguardo la mano ferma sul suo ventre.

<<Io... Non lo so, ho sentito un dolore improvviso qui, allo stomaco. E poi.. Freddo... Così tanto freddo...>>

Cercai di pensare a cosa potesse essergli capitato, ma non mi venne in mente nulla. Sembrava debolissimo, instabile.
Andai nel panico, perché intorno a me non c'era nessuno e lo Sconosciuto e Cameron non si vedevano ancora.

<<Vado a cercare aiuto. Riesce ad aspettarmi qui?>>

Appoggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi.
Avevo paura a lasciarlo da solo. Pensavo che potesse morire da un momento all'altro.

<<Ha un telefono?>> gli chiesi ma lui scosse la testa.

<<Ok, non importa. Vado a cercare aiuto. Resti qui.>>

Stavo per uscire dalla Ford quando lui, all'improvviso, riaprì gli occhi e mi guardò intensamente.

<<No, no, per favore. Non lasciarmi solo. Non...>>

Esitai, rimasi immobile.

Il suo sguardo era profondo.

<<Devo andare a chiedere aiuto, signore. Non posso lasciarla così. Ma ci vorrà solo qualche minuto. Può resistere?>>

Lui non rispose e, improvvisamente, si sollevò con la schiena e si mise a sedere in modo normale.
Anche la sua espressione cambiò da un attimo all'altro.
Sembrava meno dolorante, meno sofferente adesso.

<<Hai pensato al lago, Rose?>> mi chiese, fissandomi in profondità negli occhi, in modo glaciale.

Il mio corpo e il mio cervello si paralizzarono contemporaneamente.
Non riuscii a dire nulla.

<<Si, Rose, il lago. Non devi avere paura del lago. Il lago è tutto per te. È casa tua, lo sai, vero?>>

Allungai la mano verso la portiera, ma lui, in un attimo, prese il mio braccio e lo strinse con forza.

<<No, no, no. Questo non si fa. Stiamo parlando, lo capisci? Quando parlo, devi ascoltare.>>

Sentii il cuore correre all'impazzata dentro di me. Non potevo controllarlo, né ero in grado di gestire tutta l'ansia che inesorabilmente sentivo crescere nel corpo.

<<Giù, Rose, giù in profondità, dove l'acqua è più scura. Nera. Si sta bene laggiù, lo sai. Ed è quello il tuo posto. È lì che devi andare. Sott'acqua. Non aver paura, starai bene. Andrà tutto bene.>>

Lo guardai, paralizzata. Il suo sguardo era gelido, lontano, distaccato.

<<Mi lasci!>> gridai, cercando di contenere il terrore che stava sconfiggendo tutti i miei sensi, e dimenandomi.
Ma la sua presa era forte, troppo forte.
Si avvicinò ancora di più a me, avevo il suo viso a meno di un centimetro dal mio.

<<Il lago. Tu devi andare al lago>> disse, alzando la voce. Sorrise, e la sua espressione mi fece tremare, letteralmente.

<Loro ti stanno aspettando, laggiù.>>
Fece una pausa, poi continuò.
<<Lui ti sta aspettando. Ed è sempre più impaziente. Sempre più arrabbiato con te. E Lui non si deve arrabbiare. Lo capisci, vero?>>

<<Lui...?>> chiesi, senza respirare più.

<<E Mitch e Cecile.. Non pensi a loro?>>

Avrei voluto svanire. Non riuscivo più a pensare, a ragionare, e mi sembrava di non essere più in grado di controllare la mia mente.

<<Se adesso vieni con me, finirà tutto. Non moriranno. Staranno bene, Rose. Non sarà colpa tua, sarai in pace.>>

C'era qualcosa che non andava più in me. Riuscivo a controllare sempre meno anche il mio corpo. E quelle ultime parole che aveva pronunciato mi diedero il colpo di grazia.

Lui aprì la portiera e scese, poi mi fece uscire dall'auto.

<<Andiamo, Rose. Il mio furgone è proprio lì.>>
Indicò un punto davanti a noi e lo vidi, nonostante prima non lo avessi notato.

Incominciai a camminare in quella direzione accanto a lui, non più padrona di me stessa. Come se fossi in trance, ipnotizzata.

Sapevo, dentro di me, che stavo andando verso la fine di tutto.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora