La mappa del mondo sommerso

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Continuavo a stringere il suo telefono tra le mie mani.

Non sapevo che cosa stessi provando, era una sensazione così strana. Mi guardai intorno, e non trovai nulla.

Quella capanna sembrava disabitata, abbandonata ma vissuta al tempo stesso.
Non c'era un letto, una sedia, nulla. Quando però appoggiai gli occhi sulle pareti attorno a me, vidi le armi. Delle lance, dei coltelli appoggiati contro il muro. Lunghi, affilati, da caccia. E poi le asce, i tomahawk. Ne presi uno tra le mani, e non lo scelsi a caso. Lo raccolsi perché sull'estremità era ancora sporco di sangue essiccato. D'improvviso rividi la scena che mi era comparsa davanti agli occhi quando ero con Cameron e con lo Sconosciuto sulla barca.

Il massacro compiuto da Desmond.

L'aveva fatto per me, ma vedere quel sangue mi fece tremare. Mi chiesi quanto fosse cambiato, rispetto al ragazzo che avevo conosciuto a Saint Claire. Cercai di provare la stessa rabbia che poteva provare lui, ma non vi riuscii.
Posai l'arma a terra, premetti tasti a caso sul cellulare. Trovai le foto e le sfogliai.
C'erano solo immagini di lui e di Joey insieme. Si abbracciavano, si baciavano. Ridevano. Sembravano felici, perfetti.

Posai il telefono e feci qualche altro passo in avanti. Mi accorsi che, in uno degli angoli della capanna, c'era un quaderno a terra, aperto.

Lo raccolsi e sfogliai le pagine. Erano tutte bianche, tranne l'ultima. C'era un disegno sopra, a matita.
Inizialmente non riuscii a capire di che cosa si trattasse, ma poi, lentamente, i miei occhi misero a fuoco quell'insieme di segni scomposti in un modo che mi sembrò terribilmente familiare.

Sembrava una sorta di mappa.

C'era quella che doveva essere la superficie del lago disegnata come una linea orizzontale. Verso metà, un segno diagonale accompagnava gli occhi di chi guardava il disegno giù, in profondità. Poi, una sorta di cilindro attraversava il foglio ancora in orizzontale. Lo guardai meglio, ma non ne avevo bisogno. Sapevo di cosa si trattava. Era il tubo che nel mio sogno avevo percorso prima di raggiungere l'area circondata da quegli uomini simili agli aztechi che, dall'alto, mi fissavano.

Era il disegno di ciò che io avevo già visto.

Infatti a un certo punto il tubo cilindrico terminava, e sulla pagina veniva riportata esattamente la zona che poi, dopo un po', sapevo avrebbe condotto alla porta dietro la quale c'erano i computer e c'era l'uomo enorme che nella mia visione ero riuscita a scorgere soltanto di spalle.

Rabbrividii.

Cercai di trovare un senso a quel disegno, a quella mappa.

La mia visione dunque era corretta. Il mondo sotto il lago era davvero così come l'avevo sognato io. Ma Desmond come poteva saperlo? L'aveva visto? Ci era già stato? Oppure quel disegno non era suo?

Se fosse stato così, allora forse anche la capanna in cui mi trovavo non era legata a lui. Ma allora perché c'era il suo telefono e c'erano le sue armi? Forse era stato rapito da qualcuno e poi portato lì.
Mi guardai intorno. Se quella fosse stata la verità, sapevo che non sarei stata al sicuro. Non lo sarei stata in nessun caso, ovviamente, ma così a maggior ragione.

Tornai ad osservare la mappa. Qualcosa mi diceva che fosse stato Desmond a disegnarla.

Sapevo che restava soltanto più una cosa da fare. Esattamente ciò che ero sicura avesse già fatto lo Sconosciuto.

Scivolare giù, dove l'acqua è più scura.

Posai il quaderno a terra e smisi di interrogarmi su cosa potesse essere successo a Desmond o al ragazzo che amavo, e presi la mia decisione.

Mi avviai verso l'uscita della capanna, consapevole del fatto che, se qualcosa fosse andato storto, anche il futuro del mondo che avevo sempre conosciuto sarebbe stato sul punto di svanire, di diventare notte, oscurità, tenebra.

Ma non avevo scelta. Ciò che provavo dentro di me era più forte di tutto il resto.

Aprii la porta con in mente soltanto più il lago e quella mappa.

Ma nello stesso istante in cui misi un piede fuori, mi bloccai, come paralizzata.

Lo Sconosciuto era immobile davanti a me. Era completamente bagnato, ed era ferito.

Sanguinava.

Appoggiò gli occhi nei miei e poi, senza dire nulla, scosse la testa.

Rose e lo SconosciutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora