Un cielo coperto di stelle

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Lo Sconosciuto, senza lasciare la mia mano, entrò per primo nel tunnel, ed io lo seguii.

Non appena fummo dentro, il varco che dalla base della parete rocciosa si era aperto si richiuse, lasciandoci nell'oscurità più totale.

Chiusi gli occhi per qualche istante, poi li riaprii cercando di abituarmi al buio.

Il cunicolo era stretto, infatti non riuscivamo a camminare restando in piedi, ma eravamo obbligati a chinarci; e sembrava diventare sempre più scuro, passo dopo passo.

Lo Sconosciuto procedeva con sicurezza, ed io cercavo di controllare i pensieri impazziti che continuavano a rincorrersi in me.

<<Che posto è questo?>> gli chiesi, sfiorando con la mano libera le pareti irregolari che erano fredde, umide.

<<Lo vedrai>> mi rispose lui in un sussurro.

Camminammo ancora per qualche istante e poi il tunnel sembrò gradualmente cambiare aspetto. Meno stretto, meno cupo.

Ancora alcuni passi e ci ritrovammo di fronte a una sorta di grande cancello grigio.

Lo Sconosciuto appoggiò la sua mano sulla superficie, la tenne premuta per qualche istante e il cancello si aprì senza produrre alcun rumore.

Di fronte ai miei occhi, vidi ciò che non avrei mai pensato di trovare all'interno di una montagna.

Una enorme sala.
Immensa.

Lo Sconosciuto fece un gesto semplice con le dita della mano, come per aprire il pugno, e le luci si accesero intorno a noi.

Ci misi qualche istante a mettere a fuoco ciò che avevo davanti.

Sul fondo della sala c'era una serie sterminata di computer di tutte le dimensioni, molti dei quali non avevo mai visto prima, sia per aspetto che per grandezza.
Attaccati alle pareti vi erano invece tanti telefoni, che sembravano quelli antichi, a muro, con le rotelle. Erano diversi, nella forma, ma in un certo senso ricordavano proprio quelli. Ne avevo visto uno a casa di mia nonna, la madre di Mitch, quando ero più piccola.

Tutto era pulitissimo, profumato, ordinato. C'erano altre due porte alle estremità della sala, ma erano chiuse.

Camminammo verso il centro e poi ci fermammo.

<<Tu.. Tu vivi qui?>> gli chiesi, con lo stupore negli occhi.

Lui annuì.

<<In un certo senso>> disse, rivolgendo lo sguardo al soffitto.

<<Siediti per terra. Guarda>> mi disse, sedendosi lui stesso.

<<Che cosa..?>>
<<Lo vedrai. Ma devi essere disposta a credere, Rose.>>

Mi guardò negli occhi, prese nuovamente la mia mano nella sua.

<<Pensi di potercela fare? Dopo, la tua vita non sarà più la stessa. Non potrai mai più tornare indietro da ciò che sto per mostrarti. Mai più. Tutto quello che è stato il tuo mondo fino ad oggi, cambierà per sempre. Il modo in cui tu vedrai, sentirai, vivrai le cose intorno a te cambierà per sempre.>>

Esitai per un attimo. Pensai alla mia vita.

Io e Mitch al parco. I miei otto anni pieni di regali da scartare, corse in riva all'oceano, amore a casa. Poi l'adolescenza, la crescita. E alla fine Saint Claire.

<<Sono pronta> > gli dissi, stringendo più forte che riuscii la mia mano alla sua.

<<Se dopo cambierai idea su di me, io lo capirò, Rose. Se dopo avrai paura di me, lo capirò. E se non mi vorrai vedere mai più, se vorrai fuggire lontano, se vorrai piangere, capirò anche quello.
Voglio solo che tu sappia, prima di vedere ciò che sto per mostrarti, che se non mi sono aperto con te per tutto questo tempo è stato soltanto per cercare di farti vivere una vita normale il più a lungo possibile. Non perché non mi fidassi di te o.. O perché non ritenessi importante dirti tutto, darti tutto..>>

I suoi occhi brillavano e la sua voce roca, bellissima, tremava, insieme al mio cuore.

<<Tu sei stata la cosa più bella che mi sia mai capitata, ed io avrei voluto fare in modo che tu potessi vivere la tua vita come una qualunque ragazza di diciannove anni dovrebbe fare. Oggi mi rendo conto che non è così, e che per quanto io possa sforzarmi, non sarà mai così per te.>>

Non avevo idea di ciò di cui stesse parlando, ma l'amore che sentivo dentro di me sembrava volare oltre i confini di spazio e tempo; al di là di ogni ragione logica o illogica, più forte di tutto ciò che mi stava crollando addosso. Lui, a prescindere da ciò che avrei scoperto di lì a poco, aveva fatto per me tutto quello che io avrei mai potuto desiderare da un ragazzo: mi aveva amata.
Prima di lui, nessuno si era spinto così oltre per me.
Sapevo che, amandomi, mi aveva insegnato ad amare.

Mi avvicinai di più a lui, fino a toccare il suo corpo con il mio.

<<Non ti devi giustificare di nulla>> gli dissi, in un sussurro.
<<So che qualunque cosa tu abbia fatto o non fatto, detto o non detto, è stato per me. Lo so, e ci credo. E anche io ti amo. Più di tutto il resto. E ti amerò comunque, a prescindere da ciò che succederà nei prossimi minuti. È così, e sarà così sempre.>>

Lo Sconosciuto mi strinse a sé, e seduti su quel pavimento ci baciammo, ancora una volta, tendendo le nostre mani e le nostre dita unite, incrociate. Scambiandoci il nostro calore.

<<Va bene>> disse infine, <<sdraiati. Guarda lassù, sopra di te.>>

Stupita, lo feci, e lui fece lo stesso.

Improvvisamente, tutto intorno a noi divenne blu intenso, e tante piccole luci, in alto, sembrarono illuminare quella nuova oscurità.

Come se quella sala piena di computer in cui ci tenevamo per mano fosse diventata in un attimo un cielo coperto di stelle.

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now