Fantasmi che ritornano

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Rimasi immobile. Controllare i miei sensi mi sembrava impossibile. Non riuscivo a fare nulla, neanche a scendere dall'auto. Eppure, le mani mi tremavano. Come delle foglie.
Lo Sconosciuto, che aveva fatto il giro del taxi, si mise di fronte a me e mi aiutò a uscire dall'automobile.

<<Rose? Che cosa c'è?>>

Allora non era in grado di leggere davvero nei miei pensieri. Non sempre, forse.

<<Non... Non lo so. Io... Ho avuto... Come.. Un presentimento terribile.>>

La voce vibrava mentre cercavo di riprendere il controllo del mio corpo.

<<Un presentimento riguardo cosa?>>

Esitai.

<<Mia madre. Cecile.>>
<<Cosa hai sentito?>>
Scossi la testa, guardai il taxi che aveva incominciato ad allontanarsi da noi.

<<Qualcosa di orribile. Ma non so spiegarlo. Come se fosse qualcosa che sta per succedere..>>

Si avvicinò a me, mi strinse la mano ed io sentii che quel tremore, improvvisamente, iniziava a diminuire.

Richiamai Cecile, senza sapere davvero che cosa dirle. Le chiesi ancora come stesse, e le dissi di stare attenta, sempre e sempre di più. Lei disse che sarebbe stata bene, e sembrò molto stupita per quella mia telefonata.

Improvvisamente provai qualcosa di forte, intenso.
Sarei voluta ritornare a Saint Claire.
Se fosse successo qualcosa a Cecile, il mondo mi sarebbe crollato addosso ancora una volta. E non riuscivo nemmeno a immaginare come avrei potuto reagire.

Ci avvicinammo alla porta di Cameron Dunn. La pioggia continuava a cadere e avevamo trovato riparo sotto la sua veranda.

Suonammo il campanello e rimanemmo in silenzio per alcuni secondi.

Quando la porta si aprì, ci ritrovammo davanti ad un uomo alto, con un fisico che un tempo, non molto tempo prima a dire il vero, doveva essere prestante.
Aveva occhi di un colore indefinibile, un misto tra grigio e verde, e capelli leggermente lunghi e brizzolati. Una barba non incolta ma comunque abbastanza lunga. Trascurata. Era un uomo di bell'aspetto, in ogni caso. Se aveva più di sessant'anni, nessuno se ne sarebbe mai accorto.

<<Vi serve qualcosa?>> ci chiese, guardandoci dall'alto verso il basso.

Fu lo Sconosciuto a rispondergli, con tono pacato ma deciso.

<<Se lei è Cameron Dunn, allora forse ci potrebbe aiutare.>>

Dunn continuò a squadrarci.

<<Non vi ho mai visti prima. Che cosa state cercando?>>

<<Lei si chiama Rose Dwight Anderson. Ha diciotto anni. Sua madre di chiamava Melissa>> disse lo Sconosciuto, mantenendo il tono calmo di qualche istante prima.

<<Melissa...>> stava per pronunciare il cognome della mia vera madre, ma Cameron Dunn lo interruppe.

<<Melissa Clarkson>> disse, in un sussurro, tagliando l'aria impregnata di pioggia a metà.

Lo guardai negli occhi, in profondità. Ebbi come l'impressione che si fossero persi improvvisamente in un tempo lontano, lontanissimo.
Un tempo sospeso da qualche parte, tra la desolazione e il vuoto.

<<Tu>> disse, guardandomi <<tu..sei la figlia di Melissa.>>

Annuii, e provai una sensazione forte, intensa dentro di me.

Nei suoi occhi, scoprii una luce forte, profonda. Come se una cicatrice che si era riaperta all'improvviso.

Fece un passo indietro, abbassò lo sguardo.

<<È trascorso così tanto tempo>> disse, in un sussurro.

<<Infatti>> risposi io, continuando a guardarlo <<è per questo che sono qui. È trascorso tanto tempo e ci sono tante cose che vorrei sapere. Forse lei può...>>

Mi interruppe, fece un altro passo indietro e ci indicò con la testa l'interno della casa.

<<Entrate>> disse, sottovoce <<ero certo che, prima o poi, questo momento sarebbe arrivato.>>

Rose e lo SconosciutoWhere stories live. Discover now