CAPITOLO 3

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Quella mattina appena mi sveglia ebbi la brillante idea di andare a fare una corsetta

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Quella mattina appena mi sveglia ebbi la brillante idea di andare a fare una corsetta. Era una cosa che non facevo spesso, ma ogni tanto mi aiutava a scaricare la tensione e quella mattina mi serviva proprio dato che tra poche ore avrei dovuto visitare non tutti, ma buona parte dei giocatori del Milan. Si cominciava a lavorare sul serio.
Prima di andare a lavoro feci una doccia post corsa e mi preparai indossando una maglietta a maniche corte, pantaloni leggeri e mi feci una coda alta. Quel giorno faceva davvero caldo, come del resto i giorni precedenti.

Appena arrivai a Milanello salutai Giorgio e raggiunsi Edoardo, che era anche lui appena arrivato.
"Buongiorno Sole, ti ho preso un caffè" disse porgendomi un piccolo bicchieri di caffè espresso.

"Grazie" dissi sorpresa.

"Ho immaginato ti servisse. Sai i giorni delle partite i giocatori non si allenano quindi alcuni tendono a prendersela molto con calma ed arrivare in ritardo" bene pensai tra me e me, così avrò il tempo di prendermela con calma.
"Nel frattempo ti consegno il fascicolo di metà dei giocatori da visitare. Se ce li dividiamo faremo più in fretta"

Presi i fascicoli e andai verso la stanza con tutte le attrezzature mediche che mi sarebbero servite in quel giorno e appena mi sedetti alla scrivania ecco che bussó il mio primo paziente. Era lui l'americano.
"Ciao" mi disse.

"Ciao" risposi io alzandomi di istinto e rimanendo pietrificata alla sua vista.

"Oh puoi andare a svestirti, c'è non svestirti completamente, puoi rimanere in pantaloncini ovviamente..." lui sembrava confuso e ad un certo punto rise. Che c'è ti faccio così tanto ridere.

Lui mi rispose in inglese dicendomi che purtroppo non ha ancora imparato molto bene l'italiano. "Tu parli inglese vero?" Mi disse sempre nella sua lingua.

"Oddio scusami. Si parlo inglese" risposi mostrando le mie doti linguistiche, che avevo imparato dopo anni di duro studio. "Stavo dicendo che puoi rimanere in pantaloncini e toglierti le scarpe" si parte bene direi. È anche questa volta Achille aveva ragione. Il calciatore tanto nominato ieri sera non parlava italiano. Doveva essere ovvio no?
Appena si tolse maglia e scarpe mi raggiunse sedendosi sulla sedia davanti alla mia, dove io stavo leggendo il suo fascicolò medico.

"Bene. Allora dovrai rispondermi a queste domande e poi procederemo con la visita" lui sorrise e fece quello che io gli ordinai. Poi lo feci alzare, lo pesai e gli misurai l'altezza.
"Peso 73kg e altezza 1,78m. Direi che questi dati rimangono invariati. Okay procediamo con i battiti cardiaci. Puoi sederti li" gli indicai il lettino li vicino alla finestra. Presi lo strumento per misurare i battiti, me lo infilai tra le orecchie e iniziai a poggiare la placca metallica a forma di campana sul suo petto. I suoi battiti iniziarono a rimbombarmi nelle orecchie e i miei occhi passavano dal suo petto ai suoi occhi. Non riuscivo a controllarmi e lui non mi stava aiutando, perché anche lui non spostava il suo sguardo dal mio viso. I miei respiri iniziarono a farsi pesanti e la temperatura della mia pelle si stava alzando. Sono pure sicura di essere diventata rossa in viso e lui se n'è sicuramente accorto, perché mi prese la mano con lo strumento e la spostò dal suo petto.

-Sunshine- Christian PuliscWhere stories live. Discover now