trentaquattro

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Qualcuno sta bussando alla porta.
Perché la gente è ostinata a interrompere le mie ore di tanto amato sonno?
Per una volta che non metto la sveglia.
Dannata.
Poi ricordo: Lyla.
È passata per darmi gli appunti e per accettarsi che stessi bene.
Mi stiracchio tirando, per sbaglio, una manata a Caleb.
Ieri sera non mi ha lasciato via d'uscita quindi mi sono addormentata tra le sue braccia.
Toniche braccia... vorrei sottolineare.
Si... certo.
Si lamenta e sbuffa.
<<ieri sera non mi lasciava andare!>>
Gli parlo con voce ancora assonnata.
Bussano.
<<lo so>>
Risponde lui.
<<ero sveglio>>
Continua.
Da una parte sono felice ma dall'altra mi sento strana, è la prima volta che qualcuno tiene così tanto a me oltre alla mia famiglia, che sia chiaro.
Bussano nuovemente.
Mi tiro su dal divano e vado ad aprire. Lyla è colma di libri e fogli volanti, indossa i suoi occhiali ed è struccata.
I capelli sono disordinati e raccolti in una cipolla fatta alla rinfusa.
Solitamente è più curata e ordinata quindi mi crea uno strano effetto vederla in questo stato.
Si accorge del mio sguardo.
<<prova solo a dire una parola e giuro che ti stacco ogni singola lentiggine che hai sulla faccia>>
Le faccio segno di entrare.
<<non ho commentato>>
Preciso.
<<meglio!>>
Va diretta in camera mia.
Caleb mi guarda stupito.
Nemmeno un insulto per lui.
C'è qualcosa che non va.
<<è quel periodo?>>
Chiedo chiudendo la porta.

<<Vuoi venire a studiare?!>>
La sua domanda risponde alla mia.
La seguo in camera.
C'è davvero qualcosa di diverso.

<<cosa è successo?>>
Chiedo.

<<niente>>

<<Lyla... cosa è successo?>>

<<Ci siamo lasciati... cioè... io ho lasciato lui>>
Sta per mettersi a piangere.
Le poggio una mano sulla spalla e lei mi guarda.
Per un attimo ho rivisto Clary.

<<cosa è successo?>>
Con questa mia domanda non resiste più e scoppia in un pianto rumoroso.
In poche parole, sono andati ad una festa, lei inizialmente si sentiva male e non ci è voluta andare ma poi è stata meglio, quando è arrivata alla confraternita dove si svolgeva la festa il suo ragazzo si stava strusciando con una ragazza che, suo parere, definirla vestita era troppo.

<<è solo un idiota, non merita di vederti ridotta così, tu sei solare e ami farti notare, così sembri quasi me>>
Non so se mi sto insultando ma la vedo ridere, quindi non mi importa.
In camera entra Caleb in tutta la sua fantastica seminudità.
Indossa dei jeans e delle scarpe sportive ma sopra è del tutto nudo.
Si stropiccia gli occhi e si passa una mano tra i capelli.
<<chi è che fa tutto questo rumore?>>
Lo guardo male.
<<Caleb, se non lo hai notato sto cercando di tirarle su il morale, non peggiorare la situazione>>

<<bambinetta, almeno che non sia tu a piangere, non mi importa>>
Quel che ha detto da una parte mi fa sentire bene... dall'altra mi fa capire che è comunque il solito stronzo... ma lo amo, non ci posso fare niente.
Chiedo scusa a con il labbiale a Lyla e torno a guardare Caleb.

<<comunque, sto per andare a parlare con Veronica>>
Troia.
ma non do retta alla mia vocina interiore e mi limito ad annuire.

<<puoi insultarla se vuoi e ti si legge in faccia che lo vuoi>>

<<non sono quel genere di persona>>

<<lo so, ma mi piacerebbe vederti insultare una persona, quando dici parolacce diventi rossa in faccia>>
Sorrido perché ha notato questo particolare.
Mi si avvicina e, siccome sono seduta, si china e mi da un bacio.
Quando esce dalla stanza mi passo la lingua tra le labbra e guardo Lyla che mi squadra con sguardo assassino.
<<cosa mi sono persa?>>
Schiocco la lingua sul palato.
<<tante cose>>
Le racconto tutto in ogni minimo dettaglio, almeno si distrae.

<<Aspetta, cosa ti ha fatto in macchina?>>
Ridacchia.
<<hai capito benissimo cosa mi ha fatto!>>
Rido con le tirandole un cuscino.
Finisco di raccontare e lei si inizia a vantare del fatto che lo aveva previsto e che secondo lei stiamo bene insieme ma devo stare attenta.
Poi, passata un ora, iniziamo a studiare.

È mezzogiorno, Lyla è andata via da poco e Caleb è tornato da circa tre ore, sta studiando nella sua stanza.
Mi alzo e vado in soggiorno con lo stomaco che mi brontola.
Prendo una barretta di cioccolato e ne stacco un pezzettino per poi iniziare a sgranocchiarlo.
Ora che ci penso devo prenotare la visita dal chirurgo per farmi togliere i punti al ventre.
Lo farò, più tardi.
Mi dirigo verso la camera di Caleb e senza bussare entro.
La luce è soffusa, entra solo qualche spiraglio dalle fessure della tapparella.
Lo golgo mentre è seduto sulla sedia con gli auricolari nelle orecchie concentrato sui libri universitari.
Tra le labbra tiene un evidenziatore giallo mentre con la mano destra sottolinea il testo con uno verde.
Con il piede tamburella il ritmo della canzone che sta ascoltando, è lenta... molto lenta.
Non si è accorto di me, chiudo la porta alle mie spalle e lo guardo per qualche secondo.
Non posso non pensare che sia perfetto in questo momento, capelli disordinati compresi.
Mi avvicino a lui e sposto la sedia a rotelle su cui è seduto dalla scrivania.
Lui si gira verso di me con sguardo stranito e l'evidenziatore ancora tra le labbra.
Lo tolgo e poso le mie sulle sue chinandomi leggermente.
Lui mette una sua mano sulla mia vita come è solito fare e mi fa sedere sulle sue gambe.
Quando il bacio finisce si toglie gli auricolari.
<<hai mangiato cioccolato?>>
Mi chiede sorridendo.
Annuisco e ricambio il sorriso.
<<è mezzogiorno... ho fame>>
Mi lamento.
<<cosa ascoltavi?>>
Lui prende un auricolare e, dopo aver scostato i capelli dietro il mio orecchio, mi fa ascoltare.
Musica classica: Mozart per la precisione.
<<è così buio qui>>

<<mi aiuta a concentrarmi>>
Annuisco, siamo talmente diversi, io non riuscirei a studiare con tutto questo buio.
<<tutto bene?>>
Chiede vedendo che sono nel mio mondo.
Annuisco.
<<piuttosto... come è andata con Veronica?>>
Lui gira il volto e su esso posso vedere il segno di una manata.
<<ouch>>
Rispondo toccandogli la guancia.
Lui alza le spalle e prende la mia mano con la sua spostando dalla sua faccia.
<<che studiavi? >>
Mi poggio sulla sua spalla.

<<cosa che non puoi capire perché sei troppo piccola>>

<<ho due anni in meno di te, non sono poi tanto piccola>>
sbuffo.

<<per me lo sei>>
Ridacchia.
Gli tiro un piccolo pugno sul petto.

<<dove vuoi andare a mangiare?>>
Chiede.
Uscire?
Noi due?
Insomma, nessuno sa di... noi.

<<insieme?>>

<<no, separati>>
Dice con sarcasmo.
<<dover vuoi andare? Non posso cucinare sempre io, e per carità, tu non ti devi avvicinare ai fornelli>>
Rido.
<<KFC>>

<<KFC?>>
Annuisco... ho voglia di pollo.
<< che KFC sia>>






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